È giallo sul'incontro in carcere tra Bossetti e un finto perito

La notizia era circolata questa mattina, ma è stata smentita dal ministero di Giustizia dopo "opportune verifiche": a detta di Bossetti, l'uomo sarebbe entrato nel carcere dando l'identità di Cesare Marini, il quale avrebbe poi denunciato l'accaduto

È giallo sul'incontro in carcere tra Bossetti e un finto perito

Si sarebbe presentato in carcere spacciandosi per un'altra persona e sarebbe riuscito a incontrare Massimo Bossetti, il muratore di Mapello, detenuto al carcere di Bollate e condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio. Così un uomo si sarebbe identificato nel penitenziario milanese dicendo di chiamarsi Cesare Marini, consulente informatico della procura di Brescia, e avrebbe avuto un colloquio con il detenuto.

Ma il ministero della Giustizia avrebbe negato il fatto: nessun incontro, nessun colloquio fra il detenuto Massimo Bossetti e una persona, a detta dello stesso Bossetti, si sarebbe qualificata come perito informatico del tribunale di Brescia. Il ministero ha spiegato che, dopo "opportune verifiche e accurati controlli" effettuati all'interno del carcere di Bollate, nel periodo in cui si sarebbe svolta la vicenda, risulta "priva di fondamento" la notizia del colloquio riportata.

La notizia era circolata in queste ore ed era stata riportata dal Giornale di Brescia, che spiegava che a fare emergere il fatto sarebbe stato il vero Cesare Marini, il quale avrebbe presentato una denuncia contro ignoti per l'accaduto. Secondo quanto riportato da Today, lo sconosciuto, che si sarebbe qualificato con l'identità di Marini, avrebbe proposto al muratore una nuova linea difensiva con possibili nuovi sviluppi per quanto riguarda le analisi del dna. Subito dopo la denuncia del vero Cesare Marini è stata aperta un'inciesta per capire come uno sconosciuto possa aver avuto accesso in un penitenziario come quello di Bollate, dando ssemplicemente un falso nome.

Bossetti è stato trasferito dla carcere di Bergamo al penitenziario milanese nel maggio di quest'anno. È stato destinato al reparto dei condannati considerati a riscio per la tipologia di reati commessi (come accade con i reati di pedofilia e di stupro).

La decisione del trasferimento era stata presa su istanza dei suoi avvocati, che avevano ciesto di fargli lasciare la struttura bergamasca a causa dell'assenza di programmi di lavoro per detenuti, che invece animano il carcere di Bollate.

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