Vaticano, ora si scatena la "guerra" al vertice dei sacri palazzi

Lo scandalo del palazzo di Londra dimostra come la battaglia per la trasparenza in Vaticano non sia finita. Ratzinger e Bergoglio costretti a confrontarsi con le stesse problematiche, pur partendo da visioni diverse

Vaticano, ora si scatena la "guerra" al vertice dei sacri palazzi

Il nuovo scandalo legato al Vaticano, prescindendo dagli aspetti inchiestistici e giudiziari, pone delle questioni d'opportunità: il pontificato di Papa Francesco è iniziato con una domanda centrata sulla reale necessità che la Chiesa cattolica fosse dotata di una "banca".

Il quadro che è emerso in queste ore racconta almeno di un coinvolgimento della Santa Sede con ambienti economico-finanziari. Come se la gestione degli affari economici, considerate le logiche odierne, non potesse che passare per strade battute anche al di fuori del contesto ecclesiastico. Fatti più umani che altro, insomma. Quasi ad ammettere che l'economia ha le sue logiche. E così anche l'acquisto di un palazzo di lusso, che in prospettiva può diventare fruttifero, assume rilevanza strategica tra i sacri palazzi. Il fatto in sé sembra non corrispondere in pieno - usiamo un eufemismo - con la visione di Chiesa promossa dal pontefice argentino, che è per il bagno d'umiltà nelle realtà meno fortunate, le cosiddette "periferie economico-esistenziali". Siamo alla contesa campale tra la Chiesa dei barrios e quella vicina all'alta finanza? Qualcuno la racconta così. Ma forse è più complicato.

Durante il regno di Joseph Ratzinger, è stata combattuta un'epica battaglia per la trasparenza. Questo è certo. La continuità tra Benedetto XVI e Francesco, in questo campo, è riconosciuta dai più. L'ultimo capitolo riguarda il nuovo codice adottato dalla Santa Sede per gli appalti e per i contratti: il cosiddetto "fronte conservatore" ha notato come quel provvedimento poggi sulle idee del cardinale George Pell, ex prefetto della Segreteria per l'Economia che nel frattempo è stato assolto in Australia dalle accuse inerenti alla pedofilia. In Vaticano esisterebbe un tappo, che non ha consentito prima al teologo tedesco e poi al pastore argentino di vincere definitivamente sul piano della trasparenza. In prossimità dell'approvazione del nuovo codice sugli appalti, i ratzingeriani hanno quasi esultato, magari perché quella disposizione normativa racconta in maniera indiretta della bontà delle loro idee sul da farsi.

Ratzinger è noto ai corridoi abitati dai retroscenisti per il suo mancato interventismo in materia di gestione del potere. Una sorta di laissez faire, che a volte viene criticato, anche a distanza di anni, dagli stessi ratzingeriani. Papa Francesco è meno incline al lasciar correre. Questa è una sensazione che emerge spesso. Poi il pontefice argentino viene spesso chiamato in causa dagli oppositori per la scelta dei collaboratori, ma questa è un'altra storia. La vicenda del palazzo londinese del Vaticano, comunque sia, riporta in auge un'interpretazione che erà già valsa per gli anni di Bendetto XVI: c'è un Papa che cerca di scardinare un sistema, e persiste un sistema che non vuole essere scardinato. Gianluigi Nuzzi, che sostiene spesso questa narrazione, ha scritto oggi su La Stampa che "l’emersione nell’inchiesta di figure come monsignor Alberto Perlasca indicano ancora la profondità di questa inchiesta che va a colpire nel cuore del piccolo Stato figure non note al grande pubblico ma di elevato potere". Trattasi del citato "tappo"?

Quando l'inchiesta sul palazzo di Londra è balzata agli onori delle cronache, il cardinale Pietro Parolin ha parlato ai media di "operazione opaca". Anche il segretario di Stato è impegnato nella battaglia per la trasparenza. Il fatto che alcuni funzionari e consacrati interni ad un dicastero della Santa Sede siano stati sospesi segnala, pur dovendo aspettare le eventuali evidenze delle indagini, come i vertici siano impegnati a controllare quel che accade al di sotto del loro livello di residenza. Nella linea narrativa esposta poc'anzi, si arriva a parlare di una vera e propria "guerra" tra le altissime sfere ecclesiastiche e qualche gradino al di sotto.

Di sicuro c'è che Papa Francesco avrebbe intenzione non solo di rifondare le logiche curiali ma anche il concetto stesso di economia. Ad Assisi, nell'ormai trascorso mese di marzo, si sarebbe dovuto svolgere "The Economy of Francis", un evento che si terrà ad ottobre e che per i conservatori potrebbe sconvolgere la dottrina sociale, alimentando una visione pauperistica e mettendo in discussione lo spirito individuale. Ratzinger era per la cosiddetta "finanza etica". Bergoglio preferisce la critica tout court alla globalizzazione e la ricostruzione di un mondo fondato sull'ecologia.

Due visioni diverse, ma che sul piano concreto di quello che accade in Vaticano sembrano declinarsi in maniera simile, con la necessità di doversi confrontare con scandali che fuoriescono dalla linea per la trasparenza che ha accomunato quantomeno questi due successori di Pietro.

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