Il peccato è il negozio o la bottega e sembrano non avere perdono. È una storia vecchia, quando c'è da puntare l'indice in qualche modo si torna sempre lì, come una malattia, come una maledizione, come un'abitudine. Gli evasori sono sempre loro, il piccolo commerciante o l'artigiano che ti lavora in nero, con la passione del contante e lo scontrino titubante. È questa schiatta che non si arrende a imputridire i conti pubblici. È una vecchia litania. Il negoziante e il bottegaio hanno a che fare con i soldi, li toccano, non ce li hanno in banca come finanzieri e imprenditori. E chi tocca i soldi, per una certa morale, è sempre un po' impuro. Era già così ai tempi dei mercanti medievali. I predicatori sentenziavano in latino: mercator ergo peccator. Un sentimento che non è mai cambiato più di tanto. I commercianti non sono mai di moda. Nessuno scrive romanzi su di loro. Non vanno in paradiso. E non sono neppure santi. C'è chi evade, chi è malmostoso, chi fa il furbo, chi è troppo gretto. Lo scrive Il Foglio, lo sussurra La Stampa, ci si abbevera Il Domani, lo certificano Post e Huffington Post, ci fa festa Repubblica. La tesi è semplice: i grandi eludono, i piccoli sgraffignano. Il corollario è che sono peggio delle multinazionali.
Questo modo di ragionare nasconde molto di più. Non ha solo a che fare con il fisco. La realtà è che il commerciante e l'artigiano sono anomalie culturali, sociali e politiche. Non ci dovrebbe più essere posto per loro in un mercato globale, dove il consumatore è piatto, codificato, profilato, catalogato. Non appartiene. È lo stesso a New York, a Tokyo o a Roma. È il consumatore per venditori che non hanno strada, non hanno quartiere, non puzzano di realtà. I negozi sono rimasugli della storia e chi ci fatica dentro si ostina a non omologarsi. È un ribelle. Il negoziante non è abbastanza europeista. È considerato, anche a torto, un conservatore. Non va in piazza. Non vede di buon occhio il reddito di cittadinanza. Non ama cancellare le parole. Non vota come si dovrebbe votare. È quella gente che Giorgia Meloni vede come vittime di un «pizzo di Stato». È il popolo delle libertà. È chi si è lasciato incantare da Berlusconi o da Salvini. È questa allora la vera colpa. Il marchio da evasore è soprattutto un peccato elettorale.
I lavoratori autonomi non sono chiaramente così facilmente classificabili. Si portano nelle vene uno spirito anarchico, ma la cultura e la politica li raccontano con una maschera. Sono stereotipi.
È per questo che si fatica a vedere quello che sta accadendo. I negozi chiudono, uno dopo l'altro. Chi ne prenderà il posto? Chi ha i capitali facili. Quando avrete ucciso tutti i veri commercianti al loro posto ci saranno soltanto le mafie.
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