Il Vesuvio è insieme al Mediterraneo parte inscindibile della storia del Golfo di Napoli e delle sue città e campagne. La lava e il mare non hanno semplicemente modellato il territorio, ma anche la cultura e la mentalità dei popoli che vivono alle sue pendici.
La lava infuocata incontra il mare e diventa roccia, terra fertile. Non a caso la mitologia classica aveva trasformato questi due elementi naturali, mari e vulcani, in divinità. Come tutti gli dei dell'antichità che si rispettano il Vesuvio poteva anche arrabbiarsi ed esplodere distruggendo quel mondo fertile da lui creato. Ma da quella distruzione che spingeva il fuoco a incontrare nuovamente il mare, nasceva sempre nuova fertilità.
È triste pensare che il fuoco che arde sul Vesuvio in questi giorni e che ha distrutto il Parco Nazionale istituito nel 1999, non è divampato per mano degli dei, ma piuttosto degli inferi. Appiccato da criminali che divorano, impunemente e da anni, il patrimonio comune per piccoli e indicibili biechi interessi. Persone che vivono nella più totale ignoranza che per quattro soldi distruggono il futuro di generazioni.
La gente del Golfo piange in questi giorni per le ferite di un territorio fertile aggredito in continuazione da piromani, sversamenti abusivi di rifiuti in terra e di liquami in mare.
Pochi criminali hanno sfigurato gli antichi dei pagani, li hanno cosparsi di rifiuti e benzina per poi dargli fuoco. Eppure questa terra non esisterebbe senza il Vesuvio e il Mediterraneo. Loro saranno ancora qui quando non ci saremo più.
Queste terre erano già fertili e splendide quando sorsero qui i primi insediamenti.
Già nell'antichità alcuni studiosi avevano intuito che il Vesuvio fosse un vulcano. Strabone, 61 anni prima della devastante esplosione che distrusse Pompei ed Ercolano, aveva scritto nella sua Geografia d'Italia che il Vesuvio era un vulcano in fase di quiescenza. Secondo il geografo e storico era proprio per questo che il terreno era fertile.
Non tutti però avevano ben chiara la sua pericolosità, tanto che alle sue pendici sorsero Pompei, Ercolano, Oplontis e Stabia.
Molti lo descrivevano come un monte fertile sulla cui sommità, "fra un grande cerchio di dirupi quasi perpendicolari c'era uno spazio piatto sufficiente ad accampare un'armata".
Si racconta che durante la terza guerra servile, nel 73 D.C. Spartaco e gli altri schiavi, si rifugiarono proprio nell'antico cratere del Monte Somma.
Il Vesuvio divenne famoso per l'eruzione del 79 D.C che fu la più grande in epoca storica. L'eruzione distrusse tutte le città alle sue pendici, le cui rovine incominciarono a essere riportate alla luce a partire dal XVIII secolo. La riscoperta di Pompei, Ercolano, Stabia e Oplontis, cambiò la cultura dell'epoca e affascinano ancora milioni di turisti ogni anno.
Nei secoli il vulcano ha eruttato più volte senza mai raggiungere la potenza distruttrice del 79.
L'ultima eruzione avvenne tra il 16 e il 29 marzo 1944 e distrusse Massa e San Sebastiano, cosparse di ceneri Ottaviano e parte del Meridione. Il cataclisma naturale venne ripreso dai cinegiornali dell'esercito angloamericano che all'epoca occupava Napoli. Con questa eruzione il cratere subì un'alterazione radicale ed è entrato in una fase di quiescenza. Proprio per questo, secondo alcuni vulcanologi, la prossima eruzione potrebbe essere esplosiva.
Uno dei grandi problemi mai risolti è la vasta popolazione che vive nnella cosiddetta area rossa, quella considerata di massima pericolosità in caso di eruzione.
Da anni si parla di come affrontare un'eventuale eruzione esplosiva, ma non è ben chiaro se gli abitanti saranno davvero preparati in caso di un eruzione violenta.
Intanto mentre le pendici del Vesuvio bruciano bisognerebbe
incominciare a chiederci com'è possibile che ogni anno permettiamo questo scempio. I piromani e i loro fuochi sono da anni una costante delle nostre estati. Non brucia solo il bosco, ma anche la nostra coscienza e la nostra civiltà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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