È il cortocircuito del caffè. Quello che, secondo i sostenitori del No al taglio dei parlamentari, sarebbe l'unico risparmio annuale per ogni cittadino italiano se passasse la sforbiciata di deputati e senatori fortemente voluta dai grillini. Ed è lo stesso, misero, caffè all'anno che avremmo risparmiato grazie alla riforma Renzi-Boschi del 2016 secondo il M5s di quattro anni fa. Lo slogan è efficace, senza dubbio. Porta la questione dell'assetto del Parlamento direttamente nel quotidiano, al bancone del bar. Senza filtro. E pazienza se ora i Cinque Stelle prendono in giro il comitato per il No per l'abuso del parallelismo con l'espresso in tazzina. Siamo nelle battute più calde della campagna elettorale sul referendum costituzionale renziano. I pentastellati sono in prima linea. Ma per il No a una riforma che, tra le altre cose, avrebbe ridotto il numero dei parlamentari. Segnatamente attraverso un restringimento del Senato. Da 315 a 100 membri pescati tra i consiglieri regionali e i sindaci. Il tutto con l'obiettivo di superare il bicameralismo perfetto.
A posteriori, con tutte le differenze tra i due casi e tra le due leggi, colpisce l'aggressività con cui gli stellati picchiavano proprio sulla riduzione degli eletti. Mutuando lessico e argomenti dagli avversari di oggi.
Sentite un Danilo Toninelli dell'epoca, 17 ottobre 2016: «Votiamo No per difendere la sovranità popolare dei cittadini, perché li dimezzano? Per che cosa, per 90 centesimi, Renzi sta cercando di truffare i cittadini italiani per un caffè, i veri risparmi per un dimezzamento della democrazia sono una tazza di caffè». Segue Luigi Di Maio: «Vi stiamo dicendo che questa riforma, che è spacciata all'estero come in Italia come il provvedimento che deve cambiare la qualità della classe politica, il numero di poltrone, che dovrebbe ridurre i costi, in realtà è proprio il paravento dietro il quale la classe politica, intesa come i vecchi partiti, sta nascondendo tutti i suoi mali endemici e li sta proteggendo».
Anche Di Maio tira in ballo la storia del caffè e spiega che per risparmiare gli oltre 50 milioni di euro all'anno previsti dalla riforma di Renzi (numeri molto vicini alla cifra netta risparmiata con il taglio degli eletti proposto oggi) sarebbe bastata una votazione, per quanto riguarda la Camera, nell'ufficio di presidenza di Montecitorio «semplicemente riducendo i rimborsi spese dei parlamentari e riducendo il parco delle auto blu».
Nessun accenno a un taglio orizzontale degli eletti, come quello che sarà votato domenica e lunedì. Anzi, la battaglia storica dei grillini è stata sempre sulla riduzione degli stipendi dei parlamentari, almeno fino al 2018.
Con il programma elettorale del M5s per le politiche del 2013 che parlava solo di «riduzione a due mandati per i parlamentari», «eliminazione di ogni privilegio particolare per i parlamentari» e «stipendio parlamentare allineato alla media degli stipendi nazionali». Il 12 ottobre del 2016 pure Beppe Grillo sul Blog ricorreva al paragone con il caffè.
«Conti alla mano il risparmio che si ottiene con questa riforma di cui si parla tutti i giorni mentre si ignorano i problemi di chi non arriva a fine mese è di un caffè a testa per ogni italiano».
Proprio la stessa bevanda evocata da Massimo Villone,
presidente del Comitato per il No al taglio, in un'intervista a Repubblica del 24 agosto scorso: «Questo è un taglio che per un caffè all'anno toglie la parola ai cittadini». Sembra di sentire il Toninelli di quattro anni fa.
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