Virus, pronto il primo test italiano per la patente d'immunità

L'esame, che avrà un costo inferiore a 5 euro l'uno, potrebbe essere disponibile tra due settimane e servirà a stabilire gli individui con anticorpi neutralizzanti e chi, invece, ancora non è immune al Covid-19

Virus, pronto il primo test italiano per la patente d'immunità

In Italia sarà disponibile tra due settimane e ciascun test avrà un costo inferiore a 5 euro. Il primo esame del sangue per verificare chi ha sviluppato gli anticorpi al coronavirus, interamente elaborato, sperimentato e prodotto in Italia, dovrebbe essere pronto a giorni. E, come riportato dal Corriere della Sera, dopo sei settimane di studi condotti al Policlinico San Matteo di Pavia, l'azienda di diagnostica DiaSorin lancerà l'esame.

Che cos'è

Il test sierologico è stato costruito in vitro nei laboratori della multinazionale a Saluggia, in provincia di Vercelli, da un gruppo di 50 ricercatori. Una volta arrivata la certificazione Ce, attesa in due settimane, potranno partire i test sulla popolazione. In Italia potranno essere verificati circa 500mila campioni al giorno e per ogni risultato è previsto un processo di un'ora. Un traguardo finalmente importante, visto che i primi kit, come quelli asiatici, presentavano qualche criticità.

Come funziona l'esame

Il test si articola come un normale prelievo ematico: i pochi microlitri di sangue del paziente sono poi inseriti in un macchinario apposito, in grado di metterli a contatto con la proteina sintetica costruita nei laboratori dell'azienda di diagnostica, utilizzando un "pezzo" di Sars-CoV-2. A quel punto, il sistema automatizzato verifica il legame fra la proteina e l'anticorpo neutralizzante (ovvero lo stesso che impedisce alla particella virale di replicarsi nella cellula umana) e lo evidenzia attraverso un segnale luminoso.

La "patente" di immunità

Il test sierologico italiano serve a individuare chi, dopo aver contratto il nuovo coronavirus ed essere considerato guarito perché i due tamponi prelevati a distanza di qualche giorno risultano negativi, ha sviluppato gli anticorpi che consentiranno alla persona di non ammalarsi ancora, certificando la "patente di immunità" di cui tanti scienziati e studiosi parlano per superare (o convivere) con l'epidemia.

Gli anticorpi neutralizzanti

Il prototipo è stato testato nel laboratorio di virologia del San Matteo di Pavia, utilizzando campioni di sangue (anonimi) di 150 pazienti ricoverati nelle varie fasi della malattia: terapia intensiva, reparto di malattie infettive, dimessi e guariti. La sperimentazione in vitro ha consentito di individuare la quantità di anticorpi prodotti dall'organismo e, soprattutto, quelli che saranno utili a proteggerlo in futuro, cioè i neutralizzanti.

Studiare i guariti

E, come riportato dal quotidiano, per sapere quanti degli attuali guariti in Italia (circa 22mila persone) hanno sviluppato la"patente" di immunità è necessario ricorrere al test sierologico. Almeno secondo quanto emerso dai risultati delle sperimentazioni eseguite nel laboratorio di virologia di Pavia guidato da Fausto Baldanti, che ritiene si possa sapere soltanto con quel tipo di esame, valutato estremamente affidabile e utilizzabile per lo studio epidemiologico di un'intera popolazione, visto che può essere effettuato in tutti i punti prelievo di ogni struttura ospedaliera. E per sapere quanto può durare l'immunità, è necessario sottoporsi al test a distanza di mesi o di anni.

Lo screening sugli "altri"

Dopo aver analizzato i malati di Covid-19, la fase due dello screening riguarderà quei milioni di cittadini che hanno contratto il nuovo virus ma non sono mai stati sottoposti al tampone, perché con sintomi ritenuti troppo lievi o addirittura asintomatici. In questi soggetti, il test dovrebbe rilevare la quantità totale di anticorpi, che vengono prodotti in valori diversi fra i 7 e i 14 giorni dopo aver contratto l'infezione. Se sono presenti gli anticorpi "killer", le persone possono essere considerate immuni, ma non viene esclusa la loro potenziale infettività (che può essere accertata solo ed esclusivamente con i tamponi nasali).

La questione tamponi

Quest'ultima strategia, però, non risulterebbe applicabile sui grandi numeri per carenza mondiale di reagenti. La soluzione che, realisticamente, appare oggi la più praticabile, potrebbe essere quella di evitare il secondo tampone finale in quei soggetti in cui era già stata riscontrata una negatività nel primo, contestualmente a un'alta presenza di anticorpi neutralizzanti. In questo caso, si tratta infatti di persone che stanno bene, ma alle quali sarebbe consigliabile stare in casa per circa una settimana. Se questi soggetti, invece, dovessero essere reimmessi nei propri circuiti lavorativi, sarà necessario garantire l'obbligo inderogabile della mascherina e del distanziamento sociale.

I test cinesi (e i loro limiti)

Il risultato italiano delle ultime ore risulta particolarmente importante perché, dal 1° aprile, la National Medical Products Administration (Nmpa), cioè la massima autorità del farmaco in Cina, in una nota ufficiale, aveva detto che i test rapidi sierologici, quelli in cui basta una goccia di sangue ottenuta pungendo un dito con un risultato in 15 minuti, non avrebbero ancora ottenuto una certificazione di validità e sicurezza nel Paese. Il che significa che i tanti dispositivi arrivati sul mercato finora (incluso quello italiano) non sarebbero tutti in grado di indicare chi è entrato in contatto con l'infezione da Covid-19, a causa della loro bassa sensibilità.

Le richieste nel mondo

Intanto, come riportato dal quotidiano, in Italia, il sistema di screening automatizzato di DiaSorin dovrebbe essere sottomesso, a breve, alla Food and Drug Administration per l'approvazione negli Stati Uniti, tramite una procedura semplificata, che si verifica nelle situazioni d'emergenza. In queste ore, è in discussione un accordo con il governo del Belgio per tre milioni di test, perché lì è già stato definito il protocollo da utilizzare, mentre la richiesta in Germania e America è per circa 10 milioni di esami.

Le linee guida per Paese

Sui test sierologici, per ora, non ci sarebbero ancora delle linee guida universali, anche perché ogni Stato segue le proprie. In Italia, per ora, è probabile che la precedenza per questo tipo di esame venga data al personale sanitario.

Poi toccherebbe allo screening di massa, poiché nella fase due dell'epidemia, cioè quella di una (seppur lenta) ripresa delle attività socali e produttive, potrebbe esserci un basso numero di persone immuni e protette (cioè in possesso degli anticorpi giusti, quelli neutralizzanti) e diverse persone esposte all'infezione respiratoria.

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