Virus, triplicata la mortalità per infarto e i medici avvertono: "Così più decessi della pandemia"

Lo studio del centro cardiologico Monzino conferma la diminuzione delle procedure salvavita, perché le persone per di contrarre il Covid-19 non vanno in ospedale o arrivano in condizioni già critiche. Numeri preoccupanti anche in altri Paesi

Virus, triplicata la mortalità per infarto e i medici avvertono: "Così più decessi della pandemia"

Dall'inizio dell'epidemia causata dal nuovo coronavirus, in Italia, è quasi triplicata la mortalità per infarto acuto e sono diminuite del 40% le procedure salvavita di cardiologia interventistica. Il motivo? Molte persone cercano di evitare gli ospedali per paura di infettarsi e se questa tendenza dovesse continuare si potrebbero contare più morti per infarto rispetto a quelli direttamente associati al Covid-19. A dimostrarlo sono le stime e le previsioni di uno studio basato sull'esperienza clinica del Centro cardiologico Monzino di Milano, che avrebbe confermato anche analoghi dati internazionali.

I ritardi fatali

Giancarlo Marenzi, responsabile dell'Unità di Terapia intensiva cardiologica, ha evidenziato come dall'inizio dell'epidemia i pazienti arrivino in ospedale "in condizioni sempre più gravi" e "spesso già con complicanze aritmiche o funzionali, che rendono molto meno efficaci le terapie che da molti anni hanno dimostrato di essere salvavita nell'infarto, come l'angioplastica coronarica primaria". E come spiegato dal medico, il motivo di tanto ritardo risulta molto chiaro in tutti i Paesi maggiormente colpiti dalla pandemia: "Il virus, che non sembra avere un ruolo primario nell'infarto, spinge la gente a rimandare l'accesso all'ospedale per paura del contagio. Purtroppo, però, questo ritardo è deleterio e spesso fatale, perché impedisce trattamenti tempestivi e nell'infarto il fattore tempo è cruciale".

L'appello del Monzino

"Il Monzino, insieme ad altri ospedali e società scientifiche italiane e internazionali, dopo aver osservato il calo degli accessi al pronto soccorso, ha già lanciato, settimane fa, un appello a non rimandare le cure", ha spiegato Marenzi. Che ha poi aggiunto: "Ora i dati di mortalità legati a questo calo ci danno ragione e ci sollecitano a ripetere con più forza: per evitare il virus non dobbiamo rischiare di morire di infarto".

Il caso spagnolo

Come riferito in una nota del Monzino, gli autori hanno citato i risultati di un recente studio che ha analizzato l'attività di 81 terapie intensive cardiologiche in Spagna nella settimana dal 24 febbraio al 1° marzo, confrontandola con quella dello stesso periodo dell'anno precedente. La loro attività si è ridotta significativamente a causa di un calo importante dei ricoveri per infarto e la conseguente riduzione del 40% delle procedure di angioplastica coronarica primaria. E una riduzione analoga viene riportata anche dagli studi che provengono dagli Stati Uniti e confermata in un'inchiesta pubblicata da Angioplasty.org, comunità internazionale dei cardiologi in rete.

I dati allarmanti

Ai dati relativi ai Paesi stranieri, si associano quelli che indicano anche un aumento delle morti per arresto cardiaco, una condizione nella maggior parte dei casi dovuta a un infarto non trattato. Per esempio, a New York, dal 30 marzo al 5 aprile 2020 sono state registrate 1.990 chiamate d'urgenza per arresto cardiaco, un numero quattro volte più alto rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente e, soprattutto, associato a un tasso di mortalità otto volte superiore.

"Proteggiamo i pazienti"

"La paura di recarsi in ospedale è un problema mondiale che permane anche se i centri altamente specializzati o monospecialistici, come il Monzino, si sono da subito organizzati per proteggere i pazienti dall'infezione Covid", ha spiegato Antonio Bartorelli, responsabile della cardiologia interventistica del centro milanese, il quale ha poi spiegato come loro, in quanto "hub cardiologico", cioè una struttura di riferimento per pazienti non coronavirus, abbiano creato percorse e aree separate, definite "Covid-free": "Siamo riusciti a contenere al minimo il contagio fra pazienti, mantenendo il massimo standard di cura".

"Attenzione ai sintomi cardiaci"

Nel cercare una spiegazione al motivo per il quale i pazienti non raggiungono le strutture adatte, il medico ha detto: "Probabilmente non sono pienamente consapevoli di quanto è stato fatto per proteggerli e continuano a essere intimoriti dalla pressione esercitata dal virus sul sistema ospedaliero nel suo insieme".

E ha concluso: "Invece dovrebbe diffondersi la consapevolezza che i centri cardiologici d'eccellenza sono riusciti a mantenere gli standard delle cure salvavita per l'infarto, nonostante il Covid, ed è fondamentale che anche la gente mantenga comportamenti corretti, ma continui a fare attenzione ai sintomi e ad accedere senza esitazione e paura all'ospedale, per farsi curare in tempo".

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