"Sono venuto qui a leggere – dice Marco Prato - ho chiesto dei romanzi francesi e mi sono stupito del fatto che li avessero anche qui". Il Messaggero racconta la vita in carcere dei due killer di Luca Varani. Con Prato, nella stanza, ci sono altre quattro persone. E così Prato prova a fare qualcosa: "Voglio rendermi utile, adesso – dice Prato, che mentre parla non si alza mai dalla sedia – Chiedo sempre di fare dei lavori in questo carcere. Mi sono anche offerto di pulire per terra". I detenuti gli hanno chiesto "perché sei qui?". E lui ha risposto senza indugiare: "Per l'omicidio di Luca Varani".
Tra una chicchiera e l'altra, fuma: "Mi serve per attutire i pensieri, ma non la coscienza". Poi inizia a piangere. Il tempo, però, è finito, le guardie penitenziarie fanno segno di andare. Foffo invece, è al primo piano, nella settima sezione, cella 14. Qui c'è la prima accoglienza, è qui che si trovano i detenuti arrivati da pochi giorni. Non quelli ritenuti a “rischio” e più bisognosi di tutele, come Prato. "Non sto male qui – esordisce, rispondendo al ragazzo che, poco prima, aveva incontrato Prato – Mi trattano tutti bene, non ho nessun problema". "Non ho freddo.
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