Si è conclusa a lieto fine la vicenda di una mamma di Varese a cui il Fisco aveva chiesto la restituzione degli incentivi per l'acquisto iniziale della casa in cui la 36enne aveva subito violenze e abusi sessuali da parte dell'ex compagno. Nei giorni scorsi, il caso aveva sollevato un'ondata di indignazione dal momento che la vittima era stata costretta a vendere l'appartamento per provvedere al mantenimento del figlioletto. Due giorni fa, l'Agenzia delle Entrante ha fatto un passo indietro annullando la procedura di riscossione del credito. Ma proviamo a riavvolgere il nastro della storia e procedere con ordine.
La storia
Tutto comincia qualche anno fa, quando la giovane decide di metter su famiglia con il compagno. Aproffittando degli incentivi statali, la coppia acquista un appartamento nel Varesotto. Ma l'idillio coniugale dura ben poco. Nel giro di qualche mese, la 36enne viene risucchiata in un tunnel senza via d'uscita: botte, violenze e abusi sessuali diventano la routine tra le mura domestiche. L'uomo, arrestato e poi ricoverato in una clinica per pazienti psichiatrici, decide di farla finita. A quel punto la vittima, che intanto ha datato alla luce un bambino, decide di mettere in vendita la "casa degli orrori". Come ben spiega Nicola Pinna sulle pagine de Il Messaggero "nessuno avrebbe avuto nulla da obiettare se non fosse che l'appartamento era stato acquistato con le agevolazioni fiscali". E per il Fisco non poteva essere rivenduto prima dei 5 anni. Ad ogni modo, la legge che sancisce il divieto prevede anche delle eccezioni per "contingenze gravi". Ma i funzionari dell'Agenzia delle Entrate non hanno voluto sentir ragioni avviando subito la procedura per la riscossione degli incentivi. Ma non è tutto.
La sentenza choc
C'è una pagina ancora più amara in questa storia. È quella scritta dai giudici del tribunale di Varese - tra i quali anche una donna - in riferimento alle violenze subite dalla 36enne. "contingenze gravi - scrivono i magistrati - assolutamente fuori da ogni possibile previsione ed inevitabile". Eppure dagli atti dell'inchiesta avviata dai carabinieri, e da un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Busto Arsizio nei confronti dell'ex compagno della vittima, si evince chiaramente che "la donna - scriveva il giudice - era considerata dall'uomo la sua schiava sessuale, era costretta a subire rapporti sessuali anche nei mesi di gravidanza, veniva presa a calci e costretta a dormire sul divano se non soddisfaceva i suoi desideri sessuali". Tutto chiaro, tranne che per i funzionari del Fisco.
L'annullamento della procedura
Gli avvocati Filippo Caruso e Giorgio Prandelli, difensori della 36enne, hanno presentato ricorso. Due giorni fa, senza alcun preavviso, l'Agenzia delle Entrate ha comunicato l'annullamento della procedura via mail: "Questo ufficio dispone l'annullamento totale degli atti. - recita il testo del messaggio - Gli avvisi di liquidazione sono privi di effetti e le somme richieste non dovute". Ma chissà come sarebbe finita, invece, se questa vicenda non fosse stata rilanciata dai giornali.
"Questo drammatico episodio - concludono gli avvocati Caruso e Prandelli - mette ulteriormente in luce la necessità della riforma della giustizia tributaria". Resta per una domanda irrisolta: a chi toccherà farsi carico delle spese legali adesso?
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