"Volevo abortire ma ora rivoglio mio figlio"

Fatima, nome di fantasia di una donna africana che nel 2005 è arrivata in Italia, è rimasta incinta nel centro d'accoglienza di Lampedusa ma ha deciso di tenere suo figlio. Ora lui è stato adottato e lei lotta per rivederlo

"Volevo abortire ma ora rivoglio mio figlio"

"Ero in Italia da poco, ero sola e ho preso qualsiasi tipo di pillola per evitare che mio figlio nascesse”. Fatima, la chiameremo così, è una donna africana che nel 2005 è rimasta incinta dopo aver intrapreso un viaggio della speranza che l'ha portata in Italia assieme ad altre duemila persone ammassate su un barcone.

Il viaggio della speranza

“Morire in mare o in Libia non fa differenza. Lì se ti prendono ti rimandano da dove sei venuta e se ci riprovi ti mettono in galera”, chiarisce subito. “Mio padre è etiope, mia madre eritrea e perciò i loro genitori li hanno costretti a lasciarsi. Mia madre è tornata in Eritrea mentre io sono rimasta in Etiopia". Ci racconta commossa di essere stata costretta a fuggire da una società che la ghettizzava e da un padre violento. Una volta arrivata in Italia finisce nel centro d’accoglienza di Lampedusa dove ha una breve relazione con un suo connazionale. Presto scopre di aspettare un bambino ma il padre non vuole saperne di riconoscere il piccolo e così fa di tutto per liberarsene. "Non volevo quel bambino, ho iniziato a prendere pillole a caso per abortire". Ma la vita di suo figlio si aggrappa dentro di lei. Resiste. "Ero quasi al terzo mese e così ho deciso di andare in ospedale per interrompere la gravidanza chirurgicamente", ci confessa.

Fatima rimane incinta ma non può più vedere suo figlio

È qui che Fatima incontra degli assistenti sociali che cercano di dissuaderla dalla sua decisione, promettendole che, anche se non avesse voluto tenere il bambino con lei, qualcuno si sarebbe occupato del piccolo una volta venuto alla luce. "Così mi hanno convinta a partorire e quando ho visto per la prima volta mio figlio mi sono subito legata a lui". Si affeziona così tanto da non volerlo più lasciare a quella donna che ogni giorno lo tiene con sé per qualche ora, fino ad ottenerne, nel giro di poco tempo, l'affidamento. “Lei non poteva avere figli ed era intenzionata ad adottarlo", ci racconta fra le lacrime. "Quando l'ho capito era troppo tardi: non avevo neppure i documenti e il giudice mi diede tempo sei mesi per cercare un lavoro in regola ed una casa in affitto. Ce l’ho messa tutta, ma non ce l’ho fatta”, ammette amareggiata.

Dal tribunale, tuttavia, le concedono di vedere saltuariamente il bambino. Ma la madre adottiva dopo qualche anno si trasferisce lontano ed alza un muro tra Fatima e suo figlio: “Se n’è andata da Roma non appena il bimbo ha iniziato a chiederle il motivo per cui non potevo più vivere insieme a lui”, dice. Fatima, però, non ha mai smesso di cercare il suo piccolo. “Se chiamo la madre adottiva col mio numero non mi risponde e quando riesco a parlarle mi dice che il bambino è andato a correre, oppure a cavallo, o a giocare a calcio", spiega con aria rassegnata.

“L’ultima volta che ho visto mio figlio è stato nel 2012. Ora non riesco più nemmeno a parlargli per telefono anche perché lui dice che non vuole più vedermi”, rivela la donna. "L'importante è che lui stia bene”, ci confida. Se lui è felice allora la sua felicità è anche la mia", dice cercando di convincere anche sé stessa delle sue parole.

“Ho visto che amava quella signora, forse anche più di me, e per questo mi sono detta: ‘Quando sarà grande capirà la verità e deciderà lui se venirmi a cercare’, per il momento lo lascio in pace". Oggi, però, non ha più dubbi: "Se tornassi indietro, terrei mio figlio con me".

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