Il New York Times ha pubblicato una lunga inchiesta su Harvey Weinstein, produttore cinematografico americano co-fondatore di Miramax, dalla quale sono emersi dettagli raccapriccianti su diversi casi di accuse di molestie sessuali ai danni di sue dipendenti, attrici e modelle.
In 30 anni, il noto produttore cinematografico avrebbe promesso lavoro in cambio di sesso. A tirare fuori il caso che sta facendo indignare tutto il mondo è stato il New York Times, anche se le voci su questa attività scandalosa circolavano già da tempo. E mentre le accuse nei suoi confronti aumentavano, Weinstein collezionava premi e successi con film come "Sesso Bugie e Videotape", "Pulp Fiction". Ma non solo. Se da una parte veniva accusato di molestie sessuali ai danni delle sue dipendenti, dall'altra si presentava come difensore delle donne e mostrava nei campus documentari contro la violenza sul gentil sesso.
Insomma, in questi 30 anni Harvey Weinstein ha cercato di nascondere il suo lato oscuro sostenendo la libertà, difendendo le donne (poi abusandone), tifando per il Partito democratico americano, offrendo uno stage a Malia Obama, partecipando a una marcia in favore dei diritti della donna a Park City. Ma la realtà è che era tutta una farsa.
Ad esempio, nel 2014 Weinstein invitò la nuova impiegata Emily Nestor nello stesso albergo e le fece l’offerta: se avesse accettato di fare sesso, l’avrebbe aiutata nella carriera. L’anno dopo, il produttore chiese un massaggio all’assistente mentre era nudo. La sua ex assistente, Lauren O'Connor, ha quindi confessato al New York Times che il suo capo le chiedeva di organizzare casting con le aspiranti attrici dopo che avevano avuto appuntamenti privati con lui in albergo. Lei aveva così sospettato di essere usata per facilitare "relazioni con donne vulnerabili che speravano di ottenere lavoro".
Insomma, decine di impiegati erano al corrente del suo comportamento, ma in pochi avevano il coraggio di affrontarlo. Ma Weinstein era pure furbo. Nei contratti di lavoro, infatti, per tutelarsi, specificava che non si poteva criticare i capi e ledere la reputazione dell’azienda. Così ha trascorso 30 anni, tra molestie, accuse, cause minacciate e intentate, patteggiamenti (otto secondo il New York Time).
E dopo che il giornale statunitense ha alzato tutto questo polverone, Harvey Weinstein ha pure provato a difendersi. "Riconosco - dice - che il modo in cui mi sono comportato con colleghe in passato ha provocato molto dolore e per questo mi scuso sinceramente…Il mio viaggio sarà adesso di imparare a conoscermi e sgominare i miei demoni". Dopo le scuse, però, sono arrivati anche gli attacchi al giornale. Uno dei suoi avvocati, infatti, ha dichiarato all'Hollywood Reporter che il suo cliente intende comunque fare causa al New York Times, per le falsità riportate nell'articolo.
"Mi prendo la responsabilità delle mie azioni ma il giornale non è stato onesto con me - dice -. Mi ha mentito. Il nostro accordo era che ci avrebbe detto quali persone avrebbe incluso nella storia, affinché noi potessimo rispondere in modo appropriato. Aveva così paura di essere battuto sul tempo dal 'New York Magazine' che è andato avanti per la sua strada e pubblicato un’inchiesta avventata. Ci ha messo sei mesi a fare ricerche per l’articolo e a noi ha dato solo 24 ore per rispondere".
Dopo questo scandalo a livello internazionale, la carriera di
Weinstein è sicuramente finita. Netflix continuerà a comprare i suoi show? Micheal Moore e altri registi liberali vorranno legarsi ancora al suo nome? Attualmente il suo marchio e il suo nome sono completamente infangati.
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