Yara, la sentenza d'appello: ergastolo per Bossetti

Dopo 15 ore di camera di consiglio, la Corte d'Assise d'appello del tribunale di Brescia conferma la condanna all'ergastolo

Yara, la sentenza d'appello: ergastolo per Bossetti

La Corte d'Assise d'appello del Tribunale di Brescia, presieduta da Enrico Fischetti, ha confermato la condanna all'ergastolo, comminata in primo grado a Massimo Bossetti per l'omicidio di Yara Gambirasio. La sentenza è stata letta dopo 15 ore di Camera di Consiglio. Bossetti impassibile al momento della lettura del verdetto da parte del presidente. Il muratore di Mapello prima di lasciare l'aula, scortato dalla polizia penitenziaria, ha avuto solo il tempo di salutare la mamma Ester Arzuffi, che era in lacrime.

I giudici si erano riuniti alle 9:30 e la decisione è arrivata a mezzanotte e mezza. Che i tempi sarebbero stati lunghi lo aveva in qualche modo preannunciato il presidente Enrico Fischetti - "Non abbiamo limiti", aveva detto prima di ritirarsi per decidere - ma l'attesa ha superato ogni previsione: i giudici di primo grado avevano impiegato dieci ore per decidere il fine pena mai. Un'attesa che consuma i nervi dell'imputato, le parti - difesa e parte civile - preferiscono non fare pronostici. Erano quattro le opzioni per i giudici: conferma della sentenza, riforma parziale del primo grado - l'accusa chiede l'ergastolo con isolamento diurno per sei mesi -, assoluzione oppure perizia sul Dna, la traccia mista trovata su slip e leggings della 13enne attribuita a Ignoto 1 poi identificato in Bossetti. L'imputato è accusato di omicidio della 13enne di Brembate di Sopra, scomparsa il 26 novembre 2010. Un delitto aggravato dalla crudeltà e dalla minorata età della vittima.

Un'indagine record con più di 25mila profili genetici nelle mani di polizia scientifica e Ris, oltre 118mila utenze di cui sono stati acquisiti i tabulati, che porta a Bossetti dopo quasi quattro anni di ricerca. A incastrarlo il Dna che lega vittima e imputato. "Io non confesserò mai un delitto che non ho fatto" dice nelle dichiarazioni spontanee in aula, ricordando che Yara "poteva essere mia figlia, la figlia di tutti noi. Neppure un animale avrebbe usato così tanta crudeltà". È Bossetti "il sadico" che ha colpito la 13enne, l'ha accoltellata alla schiena, al collo e ai polsi e l'ha lasciata agonizzante nel campo di Chignolo d'Isola dove è stata trovata tre mesi dopo per l'accusa. E' lui che "attratto dalle ragazzine" avrebbe tentato un "approccio sessuale" sfociato nel sangue, per il pg Marco Martani. "La violenza non fa per me, non è la mia indole, non sono un assassino, ficcatevelo in testa una volta per tutte. Sono innocente, è il più grave errore giudiziario di questo secolo", sottolinea Bossetti prima della decisione. "Vi imploro, vi supplico concedetemi la superperizia" sul Dna così "posso dimostrare con assoluta certezza la mia estraneità. Non posso essere condannato con un Dna anomalo, strampalato, dubbioso". Quella traccia "non può essere mia, c'è un errore", dice ai giurati. E la traccia scientifica trovata sui leggins e gli slip della vittima la prova "granitica" - a dire dei giudici di primo grado - contro il muratore di Mapello.

Il resto fa da corollario: il furgone davanti alla palestra di Brembate, le fibre sulla vittima compatibili con la tappezzeria del suo Iveco; le sferette metalliche sul corpo di Yara che rimandano al mondo dell'edilizia, l'assenza di alibi e le ricerche hot sulle 13enni trovate sul pc dell'imputato.

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