Fourghetti diventa milanese (per fortuna)

Il locale dell’imprenditrice meneghina Silvia Belluzzi lascia il capoluogo emiliano e si trasferisce sul Naviglio Pavese, in via Ascanio Sforza. In cucina c’è il romagnolo Giuseppe Gasperoni, che già conquistò la stella all’Osteria del Povero Diavolo a Torriana. Tre menu di uguale formato e uguale prezzo (Terra, Mare e Vegetariano) e piatti colorati, saporiti e molto centrati. Se ne parlerà molto

Fourghetti diventa milanese (per fortuna)
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È una strana storia di insegna migrante quella di Fourghetti, spostatasi di recente da Bologna a Milano per la gioia della sua «inventrice», l’imprenditrice meneghina Silvia Belluzzi, che così è tornata felicemente a casa. Fourghetti è aperto da pochi giorni al numero 77 di via Ascanio Sforza, sul Naviglio Pavese, finalmente libero dall’ombra ingombrante di Bruno Barbieri, che ne è stato consulente «distratto» per poco tempo, prima del Covid, ma che ha contrassegnato il destino mediatico dell’insegna, che ora merita di essere scoperta e valutata per il suo valore intrinseco e non per una fase di sovraesposizione ormai archiviata. In cucina ora c’è un cuoco poco televisivo ma molto concentrato sul progetto, il romagnolo Giuseppe Gasperoni, che a soli 30 anni riuscì a conquistare una difficile stella di provincia all’Osteria del Povero Diavolo a Torriana e che qui continua a proporre, in un contesto metropolitano, una cucina vigorosa, colorata, coraggiosa, con «un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro», come ama dire lui citando una canzone dell’emiliano Pierangelo Bertoli.

Il format di Fourghetti è agile e preciso, si svincola con intelligenza dai due poli “ideologici” che dominano la scena gastronomica milanese attuale: da un lato la pesantezza della liturgia fine dining e dall’altro la spettacolarizzazione disimpegnata. No, qui si fa buona cucina restando nel recinto di un palinsesto chiaro e lineare. In carta ci sono tre menu di uguale taglia (quattro piatti più un predessert uguale per tutti, Anice mela e zenzero) e di uguale prezzo (75 righe, corretto per una simile cucina a Milano), dedicati alla terra, al male e al vegetale, ma chi vuole può anche scegliere due piatti dal menu a 50 euro o tre a 65. Io ho girovagato tra il Terra e il Mare: dal primo una Crepinette, una polpettina di carré di agnello avvolta da carne di maiale con due salse di cavolo e di aringa affumicata e cavolo nero fritto e croccante. Sapore pieno e godibile. Poi i notevolissimi Cappelletti di coniglio alla brace di Moncucco saltato con Parmigiano Reggiano 24 e burro noisette e un finto parmigiano di salvia. Uno di quei piatti che vorresti non finisse mai. Quindi la Costata di manzo con cipollotto al barbecue e ciliegie in carpione che donano la giusta dose di acidità. Dal Mare ecco invece per iniziare un Calamaro scottato con miele e senape in grani e salsa alla zucca; e il dolce, il Latte cotto con prugne e zenzero.

Gli altri piatti del menu Mare che non ho provato sono Orzotto cozze e curry e Pescato del giorno, cavolfiore e agrumi. Il menu Vegetariano è al momento composto da Cavolo e fagioli, Cannelloni, patate e funghi, Friggitelli cacio e ova e Ricotta montata e frutti rossi.

Bello il locale, moderno ed elegante, tutto giocato sui toni scuri, ricco di opere d’arte. Impiattatura essenziale.

I coperti sono 38 coperti, disseminati in diverse salette. Carta dei vini corretta, ancora da implementare ma ci sarà tempo, servizio puntuale, con Silvia che fa da sorridente padrona di casa. Un posto di cui si parlerà molto. Per fortuna.

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