Laurent-Perrier è una delle grandi maison dello Champagne, per blasone, storia, eleganza e dimensioni. E dobbiamo essere fieri del fatto che punti forte sull’Italia, dove una decina di anni fa ha aperto una sede, unica nel nostro Paese di una casa che produca esclusivamente Champagne. L’amministratore delegato di Laurent-Perrier Italia, Stefano Della Casa, ha riunito alla Langosteria Bistrot a Milano un po’ di giornalisti del settore per raccontare le ultime novità della maison e per stringere il rapporto tra queste nobili bollicine e il nostro Paese e l’occasione è stata propizia per assaggiare alcune delle cuvée più rappresentative dell’azienda.
Laurent-Perrier nacque nel 1812 a Tours-sur-Marne dove André-Michel Pierlot, imbottigliatore e bottaio, decise di diventare produttore in un’area che si trovava al centro delle tre grandi regioni dello Champagne, la Montagne de Reims, la Vallée de la Marne e la Côte des Blancs. Pierlot lasciò tutto al figlio Alphonse e costui, privo di eredi, fece lo stesso con il suo chef de cave Eugène Laurent. E siccome la storia dello Champagne è spesso una faccenda di donne e di vedove, quando egli morì fu la moglie Mathilde-Émilie Perrier a prendere in mano la situazione. Era nato il marchio attuale.
Oggi Laurent-Perrier è guidata dalla famiglia de Nonancourt, che ha negli ultimi decenni proseguito nella spinta innovativa che ha sempre caratterizzato la maison, imponendo e perfezionando uno stile fatto di eleganza, misura e costanza qualitativa. I volti aziendali sono in questa fase storica quelli di Lucie Pereyre de Nonancourt e dello chef de Cave Michel Fauconnet.
Come detto il pranzo milanese è stata l’occasione per riassaggiare tre delle più interessanti cuvée LP. La prima è stata l’Héritage, assemblaggio di alcune vendemmie di 40 dei migliori Cru di Pinot Noir (45 per cento) e Chardonnay (55) da soli vini di riserva. Un vino notevolissimo, dal perlage fine e persistente ma non troppo invadente, dal naso piacevolmente agrumato e di frutta chiara che poi lascia spazio a note di pasticceria e di tostatura, e dalla bocca nitida, pulita, equilibrata. Perfetto per essere abbinato a piatti sapidi e opulenti ma, come tutti i grandi vini, anche a essere goduto da solo.
Il secondo assaggio è stato dedicato al Brut Millesimé 2015, che è un vino che nasce raro perché la maison ha scelto di produrlo solo nelle annate che garantiscano le espressioni migliori. In questo caso si tratta di un 50 per cento di Chardonnay della Côte des Blancs e 50 per cento di Pinot Noir della Montagne de Reims che dopo l’assemblaggio hanno riposato per sette anni sui lieviti. Il colore è giallo paglierino brillante, il perlage fine e persistente, il naso conduce a note agrumate, di limone candito, di erbe aromatiche, la bocca è complessa e piena e incoraggia ad abbinamenti con crostacei e frutti di mare ma anche a piatti di rustica complessità.
Infine il terzo assaggio, il più impressionante. Parlo del Grand Siècle, un vero inno all’arte dell’assemblaggio. Si tratta infatti dell’unione di tre annate (in questo caso 2004, 2006 e 2007, quest’ultima per il 60 per cento) con una prevalenza di Chardonnay e un saldo di Pinot Noir da un massimo di 11 Grand Crus e un invecchiamento di 10 anni per le bottiglie normali che si allunga ulteriormente per le magnum. È uno Champagne potente, grandioso che però parla con toni mai urlati, come di chi ha argomenti forti che parlano da soli. Io ho assaggiato l’Itération n.24 in magnum che fa quattordici anni sui lieviti e che mostra toni agrumati che poi lasciano spazio a note tostate e di nocciola.
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