
Ha un grande coraggio, Alberto Quadrio, classe 1990 da Gattinara, paese nebbiolista tra Novara e Biella. Indizio uno: qualche anno fa rinunciò al progetto di guidare il ristorante newyorkese del grande Yannick Alléno per scegliere la cucina di Cucine Nervi, il progetto piemontese di ristorazione della cantina Conterno. Indizio due: un paio di anni fa fece scalpore il suo arrivo al 10_11 del Portrait di Milano: progettò un piatto che fece scalpore e tuttora è molto imitato, l’apparentemente banale Pasta in bianco, poi visto che il progetto fine dining che gli era stato promesso non partiva prese e se ne andò. Indizio tre: ha preso la guida del ristorante principale dell’Albereta, il resort creato nel 1993 da Vittorio Moretti, uno dei grandi personaggi che hanno inventato la Franciacorta, un luogo che è stato il reame di Gualtiero Marchesi nell’autunno della sua creatività. Aveva tre stelle quando trasferì la sua insegna da Bonvesin de la Riva a Erbusco, poi scese a due e continuò a dispensare la sua grandezza, poi a un certo punto, nel 2008, decise di criticare il sistema Michelin, rifiutando le stelle e da allora venne citato nella “rossa” solo come ristorante d’albergo.
Conoscendo bene quanto permalosi sanno essere gli ispettori francesi e quanto lunga possa essere la loro memoria chi cucina qui deve faticare il doppio per ambire al “macaron”. Penso che Alberto Quadrio questo lo sappia benissimo e moltiplicherà i suoi sforzi. Ma penso anche che sia disposto a fregarsene. La sua cucina, lo dico dopo averla testata, è consapevole, precisa, divertente, territoriale senza eccessi e L’Aurum (così si chiama il ristorante) è una delle tavole migliori di una provincia, quella di Brescia, nella quale da Dina a Gussago a Lido 84 a Gardone Riviera, da Miramonti l’Altro a Concesio a Villa Feltrinelli a Gargnano, da Casa Leali a Puegnago a al Gambero di Calvisano, non mancano certo eccellenze.
Il curriculum di Quadrio è bello lungo per la sua età ancora giovane, e comprende esperienze con lo stesso Marchesi, con Pietro Leemann, con Matteo Torretta, con Alain Ducasse, e poi al Capri Palace, all’Hishinuma e al Narisawa di Tokyo, e nei mitologici Disfrutar a Barcellona e Geranium a Copenaghen. Quin gode della mentorship di Enrico Bartolini, primatista di stelle, che vigila sulla sua crescita da lontano. E del resto il patròn Vittorio Moretti è di per sé una garanzia: prima di eleggere qualcuno a chef della sua magnifica locanda deve essere straconvinto sia dell’aspetto professionale sia da quello umano, escludendo a priori personaggi accondiscendenti, lecchini, yesmen e chi non abbia orizzonti vasti.
Il ristorante si trova in un ambiente moderno e raffinato, in cui dominano le ampie finestre che si affacciano sul lago d’Iseo. Tre i menu: il Momento, composto da otto piatti secondo natura e stagione (180 euro), il Connessioni (cinque piatti a 160 euro) il Dialogo (quattro piatti a 140). Chi ha fretta o poca fame può scegliere due o tre piatti a sua scelta dai menu a 120 e 150 euro. Io ho fatto il Connessioni con qualche special a discrezione dello chef. Sono partito da un pugno di amuse bouche (Barbabietola more e finocchietto, Zucca amaretto e vino rosso, il notevole Uovo e uova, con fagiolo con l’occhio, caviale e sedano, il Carpaccio di coregone, con una base di macadamia e ciliegi). Poi un Omaggio a Marchesi, con una variazione di un suo piatto storico, un sedano rapa lavorato in modo di ricordare il lardo e accompagnato da gelato di pinoli, pepe rosa e tartufo nero. Quindi Zucca e spezie, una zucca spaghetti di origine giapponese, che ricorda i capelli d’angelo e Quadrio lavora come fosse una pasta capelli d’angelo e per questo, come in un gioco infantile, riproduce anche un formaggino Mio di mandorla, con tanto di stagnola edibile. Bravo.
Tra i piatti migliori della serata l’Ostrica rosa del Delta del Po, con salsa di ostrica, royale di funghi del momento, ostrica cotta alla brace, lamelle di fungo cardoncello, erbe e spolverata di lampone. Più “ruffiano”, come lo definisce lo stesso chef, il Risotto Franciacorta con salsa allo zafferano, costina di maiale nero del monte Orfano, gremolada lavorata a freddo con del broccolo al posto del prezzemolo il broccolo. Quindi un Tortello di coscia di anatra con un jus di arancia bruciata estratto da una bellissima pressa. Ancora: lo storione con una salsa di mandorle, Franciacorta, caviale e spugnole cotta in una vescica di maiale (nel Bresciano hanno una vera passionaccia per questa idea…) con caviale, erbe e nocciola. Poi un inno alla Pecora gigante bergamasca, nel piatto in forma di costoletta, di spalla, di arrosticino e con rapa rossa, cipolla, cavolo nero, erbe varie.
Siamo ai dolci ed entra in campo la siracusana Camilla Guarneri, francamente irresistibile nel ramo simpatia: propone come interludio una Sinfonia di agrumi con mousse di yogurt con all’interno lenticchie e marron glacé e sopra un sorbetto di mandarino, pompelmo giallo e rosa, tapioca e vermouth, salsa di mandarino e dattero. Un dessert senza alcun zucchero aggiunto, di rara eleganza. Poi il più sostanzioso Soufflé allo zafferano con sorbetto di pere al vino rosso e gel di vino rosso, pere speziate e un finto grappolino di uva con ribes, uvetta al whisky, ricotta e pere. Infine qualche dolcino di saluto. Servizio efficiente, di altissimo standard. Aperto a cena il lunedì, il martedì, il venerdì e il sabato e a pranzo solo la domenica.
Gli altri ristoranti dell’Albereta sono il Leone Felice, più informale, specializzato nei vegetali dell’orto e nella carne del manzo allevato nella tenuta maremmana dell’azienda, la pizzeria d’autore La Filiale firmata dal grande Franco Pepe, il ristorante healthy specializzato nella dieta Chenot, l’all day bar Stanza 54 e, a poca distanza, il carnivorissimo Quintale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.