Il luogo è San Daniele del Friuli, una località tra la pianura e la montagna. Tra le Aloe Carniche e l’Adriatico, a 252 metri sul livello del mare, terra di brezze controllate e di poca umidità. Condizioni ideali per l’asciugatura e l’affinamento del Prosciutto di San Daniele, uno dei più delicati e gustosi prodotti del salumificio Italia. Un prodotto che ha allietato le giornate dei cardinali impegnati nel concilio di Trento nel 1547 e che fu tra i bottini di guerra più ambiti dai soldati dell’esercito napoleonico quando si trovarono a passare da queste parti.
Prima di tutto la materia prima. Il Prosciutto di San Daniele dop è realizzato a partire di cosce di suini nati e allevati in dieci regioni del Centro-Nord Italia, naturalmente il Friuli-Venezia Giulia e poi Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo. Le razze sono Large White, Landrace e Duroc italiane e gli animali sono alimentati con una dieta controllata a base di siero di latte e cereali nobili. Le cosce devono pesare almeno 12-5 chili e al massimo 17,5, con un rapporto tra grasso e magro che deve essere costante: nella parte esterna della coscia fresca rifilata lo strato di grasso non deve essere più sottile di un centimetro e mezzo. L’unico altro ingrediente è il sale marino proveniente dall’Italia centromeridionale.
La lavorazione è tramandata da secoli attraverso le famiglie e le generazioni e segue delle fasi secondo una successione molto rigida, messa in atto da mano sapienti. Dopo la selezione, il controllo di qualità che consente l’applicazione preliminare del marchio dop e la rifilatura, le cosce vengono conservate a una temperatura di zero gradi per 24 ore per rendere la carne soda. Poi uno dei momenti fatidici: la salagione, che deve essere accurata. Le cosce ricoperte dell’oro bianco restano sdraiate a riposo per un numero di giorni corrispondente al proprio peso: 14 kg = 14 giorni, per dire. La temperatura è sempre sullo zero o appena oltre. Poi, dopo la pulitura dal sale residuo, ecco la pressatura, all’uopo di dare alla carne la consistenza corretta. È questo il momento in cui la coscia assume per la prima volta la forma a chitarra così caratteristica.
Ma non è finita, naturalmente. Dopo un riposo di quattro mesi in un ambiente dedicato, che consente la progressiva disidratazione, c’è il lavaggio con getti d’acqua, il rinvenimento delle carni a temperature medie per una settimana e infine il prosciutto trova casa per un po’. Trasloca nel salone di stagionatura in condizioni di temperatura e umidità naturali (quelli magici di San Daniele, appunto). La stagionatura va avanti almeno fino al tredicesimo mese dall’inizio della lavorazione. Una volta terminata questa che è la fase più lunga, siamo quasi alla fine.
Resta da procedere alla sugnatura, ovvero la copertura della parte del prosciutto non coperta da cotenna di un impasto di grasso suino e farina di cereali, che garantisce morbidezza e conservazione. Infine c’è la puntatura, una sorta di test che consiste nell’inserimento nella carne di un affilato osso di cavallo: così si provano profumi e aromi. E infine c’è la marchiatura con il simbolo del consorzio, che raccoglie ventotto produttori del territorio. È nato un prosciutto San Daniele, riconosciuto dop dall’Ue fin dal 1996.
Il Prosciutto San Daniele dop ha un colore uniforme rosso, con striature di grasso bianco candito. Il profumo è intenso e il gusto delicato e tendente al dolce con un retrogusto marcato. È morbido, e se tagliato sottile, piacevolmente vaporoso. Si presta all’abbinamento con i vini bianchi friulani o coi rossi delicati come lo Schioppettino.
È anche un prodotto molto sano, equilibrato e biodisponibile, ricco di proteine nobili facilmente digeribili, di grassi monoinsaturi (quelli più buoni) e di minerali come fosforo, zinco, potassio, tutti in forma organica e quindi bene assimilabili. Le calorie per una porzione di 59 grammi sono 136.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.