L'hummus e il fallimento green

L'hummus e il fallimento green
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Il diavolo si nasconde nei dettagli e, in molti casi, in quelli racchiusi nella credenza. O nel frigorifero. Dalla Gran Bretagna - via Daily Telegraph - arriva una storia assolutamente minima che però al suo interno racchiude alcune massime universali sulle follie ultra ecologiste dei nostri tempi: la grande rivolta dell’hummus. Da alcune catene di grandi magazzini anglosassoni - in ossequio al fondamentalismo green - è stato rimosso il tappo che sigillava (e soprattutto permetteva di richiudere) la salsa di ceci nata in Medioriente. Tenete ancora a bada il chissenefrega e aspettate a mettervi a ridere, perché in questa storiella di gastronomia quotidiana si nasconde un inquietante paradosso. Il solido tappo viene sostituito con una sottilissima e impalpabile pellicola usa e getta. Ovviamente modernissima, ecologicissima e ambientalmente correttissima. Una trovata a prova di ingegneri e di raffinatissimi legislatori, ma - ahinoi - non a prova di massaie. Sicché, in poco tempo, tra i frigo dei surgelati e gli scaffali dei detersivi, per poi rimbalzare in rete e sui giornali, Oltremanica nasce la «rivolta dell’humus». Perché, senza il vecchio e sostanzioso coperchio di plastica, la speranza di vita della salsa si abbrevia drasticamente. Ed ecco che sul fondo di quella confezione, come se fosse quello di una tazzina di caffè, possiamo leggere i paradossi di un futuro sbilenco, dove pensando di non inquinare si agevolano gli sprechi alimentari (i quali a loro volta agevolano l’inquinamento) e dove con una mano si fa pubblicamente bene al pianeta e con l’altra lo si danneggia. Ma poco importa.

Quello che importa è l’ideologia, l’ostensione di politiche verdi anche quando verdi non sono e, non da ultimo, complicare inutilmente la vita dei consumatori e dei cittadini. Non vi sembra anche questa una forma di inquinamento?

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