E’ una storia vera che parte da Cuba, passa da Chernobyl, arriva a Como e raggiungerà Hollywood.
E’ la storia di un professore di letteratura russa all’università dell’Avana a cui nel 1989 il governo impone di lasciare le aule accademiche per darsi da fare come traduttore nel locale ospedale, pieno dei bambini di Chernobyl e dei loro familiari, ospitati sull’isola per essere curati.
Dopo il disastro nucleare, dall’Urss arrivano nel Paese di Fidel Castro circa venticinquemila ragazzini, in larga parte affetti da cancro, deformazioni, problemi muscolari e dermatologici e soprattutto con alti livelli di stress postraumatico. Ma i pazienti parlano russo e i sanitari spagnolo: non riescono a comunicare.
Vengono reclutati i traduttori. Affrontare il dolore e la morte è arduo, figuriamoci quello dei bambini. Nei suoi nuovi panni il docente entra in depressione: il periodo per lui è talmente difficile da mettere a dura prova anche il rapporto con la moglie e il figlio.
Intanto fuori dai nosocomi il mondo cambia, si sgretola l’Unione Sovietica, Cuba entra nel “Periodo speciale” e in una grave crisi economica.
I registi Rodrigo e Sebastian Barriuso, giovani fratelli cubani, ne hanno tratto un film, “Un traductor”, che ha già partecipato a numerosi festival del cinema e sta raccogliendo grande apprezzamento.
L'opera è in concorso alla XXIII edizione del Tertio millenio Film Fest che si sta svolgendo in questi giorni a Roma: la cerimonia di premiazione della rassegna, nata su impulso di Papa Giovanni Paolo II nel 1997, si svolgerà stasera alle 21. Ma presto la pellicola arriverà a Hollywood. Il Paese caraibico ha infatti scelto “Un traductor” come proprio candidato agli Oscar come miglior film straniero.
I due registi, al debutto con un lungometraggio, hanno raccontato una storia che forse pochi conoscono. Ma hanno raccontato anche la loro storia. Perché quel professore di russo, sullo schermo chiamato Malin e interpretato dall’attore brasiliano Rodrigo Santoro, in realtà si chiama Manuel ed è loro padre.
Manuel Barriuso ha lasciato Cuba nel 2001: ha abbandonato il
mare, ma ha trovato il lago, quello di Como. Oggi è docente di spagnolo all’Università dell’Insubria, come spiega lui stesso ai colleghi di Varesenews che l’hanno intervistato.
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