La favola di Biancaneve potrebbe nascondere messaggi relativi agli effetti del consumo di cocaina: la tesi è abbastanza assurda, ma qualcuno sembra comunque disposto a sostenerla.
Come ogni anno, Il Natale ci consente di assistere di nuovo a grandi classici della cinematografia. Tra quelli dedicati ai più piccoli, la Rai ha scelto pure la trasposizione della celebre fiaba dei fratelli Grimm. Sul web, nelle ore successive alla messa in onda, anche se in realtà non siamo dinanzi a una grossa novità, è rispuntata un'antica teoria: i nomi dei sette nani rappresenterebbero in tutto e per tutto quello che accade a un essere umano in seguito al consumo della sostanza stupefacente citata.
Cucciolo, il più tenero degli amici di Biancaneve, simboleggerebbe in realtà uno stadio avanzato di "fattanza". Il medesimo discorso finisce per interessare chi, come Mammolo, sembra regredito a una fase precedente all'adolescenza. Dotto, cioè il nano più saggio tra i sette piccoli minatori, soffrirebbe di una sorta di delirio d'onnipotenza, mentre il nano che porta il nome del dio greco del vento, cioè Eolo, sarebbe solito starnutire proprio come un dipendente dalla cocaina. Gongolo? Un nano troppo felice per non costituire, a sua volta, una possibile metafora sintomatologica.
Chiudono il cerchio Brontolo e Pisolo: la scontrosità tipica di un astinente e la sonnolenza post dose.
Siamo, ovviamente, nel campo delle ipotesi, ma pure i nomi inglesi dei co-protagonisti di Biancaneve, come ha notato Il Messaggero, lascia supporre che il tutto non sia completamente privo di fondamento. Bisognerebbe chiederlo agli autori. Cosa che il trascorrere del tempo ha reso impossibile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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