Princip, l'assassino "fortunato" che scatenò la Grande guerra

Ecco chi era Gavrilo Princip, il rivoluzionario che aprì il fuoco e scatenò la Prima Guerra mondiale

L'attentato di Sarajevo nella prima pagina de "La Domenica del Corriere
L'attentato di Sarajevo nella prima pagina de "La Domenica del Corriere

Per gentile concessione dell'editore pubblichiamo uno stralcio di "Una mattina a Sarajevo. 28 giugno 1914" (Leg) di David James Smith. L'autore sarà ospite del Festival "èStoria" di Gorizia. L'edizione «Trincee» si tiene da oggi al 25 ed è dedicata al centenario della Grande guerra. David James Smith incontrerà il pubblico domenica alle 16 (tenda Erodoto).

Il viaggio mistico di Gavrilo Princip finì il 5 giugno 1914 quando, dopo un avventuroso tragitto di 300 chilometri attraverso montagne e valichi fangosi, giunse a Sarajevo con il suo pesante carico di fucili e bombe che, a fatica e con il fondamentale aiuto di altre persone, era riuscito a portare di contrabbando da Belgrado. Era sfinito, senza un soldo, e come molti giovani assassini esaltati prima e dopo di lui, non aveva idee chiare e precise e non pensava nemmeno a come avrebbe potuto nascondere se stesso e le sue intenzioni nelle tre settimane successive. Fra poco si sarebbe steso sul letto, le armi nascoste in una valigia a due scomparti sotto il materasso: avrebbe dormito e sognato le imprese eroiche che lo aspettavano e immaginando d'essere un assassino politico, nel sogno si sarebbe visto intento a lottare contro i soldati e i poliziotti. In questo c'era una notevole preveggenza.
Il 28 giugno il suo sogno si sarebbe avverato. Egli si sarebbe trovato confuso nella rada folla all'angolo di una strada e avrebbe sparato due colpi contro i passeggeri, riccamente vestiti, della vettura aperta che percorreva in parata il lungo-fiume al centro di Sarajevo. Sarebbero morti l'erede al trono imperiale austriaco, l'arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia, sarebbe scoppiata una guerra mondiale e Gavrilo sarebbe diventato l'assassino più famoso della storia, ma questo non significa che Princip fosse ben addestrato e nemmeno che avesse in mente un piano preciso.

Non aveva ancora vent'anni e per molti versi era un giovane semplice ed ingenuo che a quanto pare non si preoccupava di nascondere le proprie tracce per evitare le inevitabili indagini della polizia. Forse, viceversa, ci aveva pensato, ma aveva ritenuto superflua ogni precauzione, visto che intendeva uccidersi in ogni caso, nella speranza di diventare un martire della Serbia, un assassino suicida.
Arrivato a Sarajevo, Gavrilo si recò subito dall'amico Danilo Ilic' che viveva con la madre, una lavandaia di nome Stoja, al numero 3 di via Oprkanj (Operkani) in una casa lunga e stretta con il tetto sporgente e la porta che si affacciava sulla stradina tortuosa, al limitare della città.

Gavrilo raccontò di aver deciso di sistemarsi là perché era una strada secondaria e perché Ilic' era un ragazzo quieto che non dava nell'occhio. Deve aver aiutato la sua scelta il fatto che non era stato necessario prendere accordi per pagare un affitto alla madre di Ilic', tanto più che aveva dovuto chiedere all'amico Ilic' un prestito di 50 corone per comperarsi da mangiare.
Dopo l'eccidio, la polizia non avrebbe avuto difficoltà a rintracciare Gavrilo poiché, arrivato a Sarajevo, si era presentato alla polizia (come per legge dovevano fare tutti i forestieri in visita) e aveva dichiarato di essere alloggiato all'indirizzo di Ilic': atto di insondabile avventatezza se pensiamo che Ilic' non solo era amico di lunga data di Gavrilo, ma era anche il principale organizzatore dell'attentato e fino all'ultimo continuò a darsi da fare per reclutare altri uomini per la sua squadra di assassini. Una precauzione, tuttavia, la presero: i due giovani si assicurarono di chiudere bene la porta della stanza affinché Stoja, che ci teneva ad avere la casa in ordine, non entrasse e facendo le pulizie trovasse la borsa piena d'armi.
Al mattino del 28 giugno Ilic' e Princip sarebbero usciti per incontrare i loro compagni di cospirazione e per prendere ciascuno il proprio posto lungo la strada. Poco dopo la valigia, ormai vuota, sarebbe stata fotografata dalla polizia lì, in quella stanza. Allo stesso modo sarebbe stata fotografata la casa, immortalata all'interno e all'esterno per essere ricordata dai posteri, ma poi dimenticata insieme a tanti altri particolari di quella giornata e agli avvenimenti che la precedettero, cento anni fa.

Nell'autunno del 2006 il ricercatore Alex Todorovic' ed io incontrammo qualche difficoltà a localizzare e raggiungere la casa, nonostante si trovasse in posizione relativamente centrale. Individuata la strada sarebbe stato pressoché impossibile non riconoscere la casa, dal momento che era ancora identica a quella che si vede nelle fotografie in bianco e nero nell'archivio della polizia dell'epoca. L'unica differenza era la presenza, dall'altra parte della strada, di uno dei piccoli alberghi più eleganti dell'odierna Sarajevo.

Ci ritrovammo in quella via quasi per caso, come si addice al fatto che quasi tutto ciò che avvenne a Sarajevo il giorno dell'eccidio, nel 1914, fu frutto del caso e del fato: non solo la straordinaria serie di coincidenze che portò l'arciduca e sua moglie davanti a Gavrilo come due piccioni – metafora che in altra occasione un cacciatore accanito come l'arciduca avrebbe apprezzato – ma anche le strane evoluzioni della congiura, organizzata in modo approssimativo, e le vite che essa sfiorò o distrusse nel corso di quella giornata.

Gavrilo, per esempio, era stato portato a casa di Ilic' molti anni prima quando, ancora bambino, fu alloggiato lì per caso da suo fratello Jovo, un giovane e rispettabile commerciante, che cercava un posto sicuro e decoroso in cui Gavrilo potesse abitare mentre completava i suoi studi nella capitale della Bosnia, lontano dall'ambiente rurale dei genitori contadini.

Nel tentativo di dare il meglio al fratellino Gavrilo, Jovo senza volerlo l'aveva messo sulla strada della sua rovina, sistemandolo nella casa di un fervente rivoluzionario, Danilo Ilic', il cui fanatismo e la cui raccolta di letteratura socialista russa avrebbero colpito subito e profondamente la fantasia di Gavrilo. Non era certo nelle intenzioni di Jovo fare di suo fratello un cieco assassino. Allo stesso modo non era nelle intenzioni di Gavrilo scatenare una guerra mondiale.

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