Altro che "ultimi fuochi" Fitzgerald è sempre acceso

Una nuova traduzione del celebre romanzo contro Hollywood, un racconto inedito appena pubblicato sul "New Yorker", un altro film in arrivo su "Il grande Gatsby"...

Altro che "ultimi fuochi" Fitzgerald è sempre acceso

Che cos'è il cinema? C'è uno scrittore, Francis Scott Fitzgerald, che ha cercato di raccontarlo. E c'è Hollywood, che ha cercato di raccontare Fitzgerald. Oggi che Jay Gatsby fa indossare i suoi cardigan e vivere i suoi celeberrimi party a Leonardo Di Caprio nel film diretto da Baz Luhrmann e atteso negli Usa per il giorno di Natale - e forse da noi al Festival di Venezia - è anche il momento del revival di Fitzgerald in libreria. Se minimumfax ci si è dedicata da tempo e ci ha fatto addirittura una collana, partita lo scorso anno proprio con Il Grande Gatsby e corredata da uscite-chicca come la graphic novel Superzelda di Tiziana Lo Porto e Daniele Marotta, disegnata utilizzando l'iconografia dell'epoca e le foto di famiglia di casa Fitzgerald, Mattioli 1885 sperimenta un'operazione a metà tra letteratura e collezionismo: ripubblica infatti Il grande Gatsby (pagg. 250, euro 15,90) con la copertina originale, realizzata per l'editore Scribner nel 1929, e divenuta dopo quasi un secolo una delle più famose cover di tutti i tempi. Si tratta di un dipinto che venne commissionato a un autore allora poco noto, Francis Cugat, quando il romanzo non era ancora stato terminato. Fitzgerald si innamorò dell'opera a tal punto che dichiarò di aver «scritto la copertina dentro il romanzo». Sugli occhi e la bocca presenti nel quadro sono state tentate innumerevoli interpretazioni, tanto che la caccia al passaggio del romanzo che li dovrebbe rappresentare è ancora aperta.
Che cos'è il cinema? Era il 1936 quando proprio Fitzgerald lo avrebbe trovato ancora, forse, un sogno. Veniva da due fallimenti precedenti con Hollywood, dovuti all'alcool e all'incompatibilità con i ritmi lavorativi degli studios, era assente da tempo dalla scena letteraria ed erano lontani i tempi in cui veniva preceduto dall'etichetta di «miglior scrittore americano». Tanto che proprio nel 1936 il New Yorker si permise di rifiutare uno dei suoi racconti Thank You For the Light con la seguente motivazione: «Non l'opera migliore dell'autore, ma come le sigarette che intende celebrare, è troppo breve e tirata, e un ottimo pretesto per prendersi cinque minuti di pausa dal lavoro». La testata rimedia oggi, proprio a ridosso dell'atteso boom Di Caprio-Gastby, pubblicando l'inedito anche sul sito: protagonista è Mrs. Hanson, una commessa viaggiatrice di biancheria intima il cui ultimo piacere dell'esistenza è rimasto il fumo e che desidera godersi una sigaretta in pace senza subire ostracismi.
Che cos'è il cinema? C'è una scena, una tra milioni di scene, che riesce a spiegarlo. Se provate a digitare «Scena del nichelino», la trovate su Youtube. In azione ci sono due mostri sacri come Robert De Niro e Donald Pleasence. Dietro la macchina da presa c'è Elia Kazan. Alla sceneggiatura Harold Pinter. E al soggetto Francis Scott Fitzgerald. Un parterre de roi per creare quattro minuti indimenticabili e perfetti, contenuti in un film altrettanto indimenticabile e perfetto: Gli ultimi fuochi, in originale The Last Tycoon, datato 1976. Il film vedeva nel cast anche Robert Mitchum, Tony Curtis, Jeanne Moreau, Jack Nicholson, Ray Milland, Anjelica Houston, Dana Andrews, John Carradine, per citarne alcuni. Tutta Hollywood, direte. E in effetti quel film «è» la Hollywood degli anni della Grande Depressione, osservata dall'interno dei suoi stessi visceri. Fitzgerald sceneggiatore assorbì gli umori delle major, i caratteri dei produttori miliardari che dispoticamente le reggevano e le fragilità di attori e sceneggiatori e li restituì in un romanzo forse meno noto del Grande Gatsby e di Tenera è la notte, ma altrettanto indimenticabile e perfetto, che uscì in Italia nel 1959 come Gli ultimi fuochi e ripubblicato in questi giorni in una nuova traduzione fedele all'edizione critica con il titolo L'amore dell'ultimo milionario (Alet, traduzione di Maria Baiocchi e Anna Tagliavini, pagg. 256, euro 14).
Protagonista della storia è il magnate Monroe Stahr, personaggio di muscolare passione e inesauribili energie, che ancora crede sia possibile conciliare la purezza con l'efficacia. La manipolazione dei sogni che farà fare a Hollywood infiniti salti di fortune nei decenni a venire era per Fitzgerald insostenibile a livello ideale, ma d'un fascino senza pari per il suo animo di narratore. Per lo scrittore, nel 1937, la California e il vantaggioso contratto firmato con la MGM erano l'ultima spiaggia. Ma nel 1939 la Metro non gli rinnovò il contratto e si vide costretto a sudare come free-lance per pagare la clinica in cui era ricoverata Zelda e il costoso college di Scottie. È con questo animo che inizia a scrivere L'amore dell'ultimo milionario, originariamente intitolato solo Stahr. Un animo torturato dalla necessità, ma anche dal timore che proprio le immagini soffocassero le parole, e dunque la scrittura. Eppure toccò proprio a questo scrittore spiegare che cos'è il cinema: «Niente mosse violente, dialoghi scadenti o smorfie esagerate.

C'era solo una battuta da quattro soldi, e uno scrittore come lei potrebbe fare di meglio. Però lo ha trovato avvincente». È la «scena del nichelino»: potete leggerla o guardarla. E scoprire qual è la differenza tra le due cose.

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