Amori, affetti, vizi, arte, lavoro: Sgarbi come non lo vedrete mai

5 città diverse e solo 24 ore a disposizione per seguire Sgarbi in una sua giornata tipica. Tra un selfie e una "capra" vi raccontiamo il critico dietro le quinte

Amori, affetti, vizi, arte, lavoro: Sgarbi come non lo vedrete mai

Vittorio Sgarbi non ha bisogno di presentazioni, tutti lo conoscono e tutti hanno qualcosa da dire sul suo conto, nel bene o nel male. Di certo non lascia indifferenti. Nessuno, però, conosce lo Sgarbi privato, quando è con i suoi cari, con le sue donne (il plurale è d’obbligo in questo caso) o con i suoi assistenti. Ebbene, era questo Sgarbi che m’interessava conoscere.

Il tutto ha inizio con una chiamata: “Buongiorno sono Giulia Bonaudi del Giornale…”, non ho avuto tempo di proseguire che la risposta è arrivata fulminea: “Mi richiami tra 10 minuti!”. Telefono attaccato in faccia. Il primo tentativo di approcciarlo non iniziava nel migliore dei modi, quindi. Dopo numerosi tentativi riesco ad avere un appuntamento: Comune di Padova, ore 11:30. Una volta sul posto, aspetto il suo arrivo. Lo vedo salire le scale, con una marea di giornalisti al seguito, mi lancio e gli ricordo chi sono. Lui si ferma, sorride e mi dice “Sei quella del Giornale! Perché non hai ripreso l’ingresso, rincoglionita?”, ancora tramortita dall’insulto abbozzo una mezza risata. Accendo la telecamera, il documentario può iniziare. Sgarbi interviene nella Sala Consiliare e presenta “Babele”, la manifestazione letteraria di cui sarà il direttore artistico, su invito del sindaco Bitonci. Conclusa la conferenza, inizia il dopo-conferenza, non meno impegnativo della conferenza. Viene braccato da fan muniti di smartphone, “giornalisti scassaminchia”, politici e spasimanti pronte a tutto. Con grande pazienza, dedica a tutti una dichiarazione, un autografo, un abbraccio. (Guarda il video)

Erano già le 14:30 e iniziavo ad avere fame ma il mio stomaco ha dovuto attendere perché non c’era tempo da perdere, prossima tappa: Ro Ferrarese, casa Sgarbi. All’ingresso della villa vedo una targa con scritto “Farmacia Sgarbi” e inizio a chiedermi chi fosse il farmacista in famiglia… Nel cortile c’erano almeno quattro macchine parcheggiate, alcune dei suoi assistenti, altre di invitati. Mi accorgo che non è mai da solo: infatti con lui c’era un esperto d’arte romano, a cui mostra con tanto di spiegazione ogni sua opera d’arte. Più che una casa pare un museo talmente è ricca di quadri, sculture, cimeli di ogni tipo. Una volta finito il tour, si siede nel soggiorno. Insieme al padre, Giuseppe, e alla sorella, Elisabetta, guardano un filmato girato dal padre. Sgarbi guarda attento, è orgoglioso del genitore. Giuseppe, nonostante i 94 anni, è lucido e in forma. Ci parla di Vittorio e racconta di quando, da giovane, divorava i libri. Gli chiedo se sia sempre stato così frenetico e “vivace”, Giuseppe annuisce e di queste sue caratteristiche assicura di non avere alcuna responsabilità, “È nato così, non l’ho indotto a nulla”, dice. Sgarbi figlio ricorda, però, che è grazie a lui se ha iniziato a leggere, grazie alla sua collezione di best sellers e di classici.

La breve pausa dura poco, bisogna andare a Ferrara alle 18 per presentare il libro scritto dal padre, “Non chiedere cosa sarà il futuro”. “Una raccolta di memorie di una vita vissuta sull’argine del Po”, così lo descrive Giuseppe. La presentazione si tiene alla libreria Libraccio, in piazza Trento e Trieste, e Vittorio interviene ancora una volta: con l’oratoria torrentizia che lo contraddistingue parla dei ricordi di infanzia, e della madre senza la quale non sarebbe l’uomo forte che è oggi: “Quando da piccolo facevo a pugni, mia madre, diversamente dalle altre, mi diceva di picchiare più forte”. Si direbbe, quindi, che il carattere burrascoso lo deve a lei, mamma Rina. “Una presenza che non c’è più ma è ancora presente”, dice Sgarbi dell’amata madre. Anche questa volta, alla fine dell’incontro, ad attenderlo ci sono i suoi fan. Sgarbi si rivolge a me e mi ricorda che la prossima tappa è Marmirolo, in provincia di Mantova. Prima di mettermi in viaggio trangugio un panino e delle patatine del McDonald’s: era da stamattina che non mangiavo. Sgarbi, invece, non l’ho ancora visto mangiare, a parte un mezzo grissino.

Arrivo a Marmirolo in ritardo. Entro, tutta trafelata, nel teatro e Sgarbi è già sul palco. Si esibisce nel suo spettacolo teatrale sul Caravaggio. L’esibizione dura quasi due ore. Io sono ormai stremata ma lui resiste. Come da copione, alla fine dell’esibizione, c’è una folla di persone che lo aspettano: chiedono un selfie, un autografo e come sempre, Sgarbi si mette in posa, firma con una dedica personalizzata, non dice mai di no. Dopo averlo seguito in tutti i suoi incontri mi rendo conto che Sgarbi piace proprio a tutti: signore anziane, uomini di mezza età, donne giovani. Ognuno di loro lo guarda con occhi diversi, sia chiaro, ma sempre con la stessa ammirazione. È mezzanotte e solo adesso Sgarbi inizia a mostrare i segni della stanchezza. Ma come dice lui stesso, “Mai fermarsi!” e ci spostiamo ancora una volta. Il suo autista, Guido, mi dice che si va all’Ambasciata, un ristorante che Sgarbi frequenta spesso. Ci rimettiamo in moto e tempo mezz’ora arriviamo a Quistello, dove ha sede la famosa Ambasciata. Ormai è mezzanotte e mezza e nel ristorante ci siamo solo noi. Sgarbi scambia qualche battuta con Romano E Francesco, i proprietari del locale, poi gironzola nella cucina e infine si siede a tavola. Mi ritorna in mente il motto di prima, “Mai fermarsi” e mi rendo conto che Sgarbi lo segue alla lettera. Il cibo è squisito e così pure l’ambiente. Tra me e me penso sia una bella ricompensa dopo una giornata simile e finalmente spengo la telecamera.Il mio viaggio si conclude qui e glielo faccio presente.

Lui mi dà della pigra e dice che così mi perdo un’occasione d’oro: la tappa successiva sarebbe stata Viareggio, dove hanno realizzato un carro in suo onore. Gli do ragione, sarebbe stato fantastico riprenderlo ma il letto mi chiama. Lo saluto e lui riparte. Senza sosta.

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