La ricerca della felicità è un percorso a cui tutti noi esseri umani aspiriamo. A volte ci dimentichiamo che possiamo esserlo, dando la colpa alla vita, al lavoro o agli altri. Spesso rimaniamo dove siamo, convinti che la responsabilità che la famiglia o i legami ci “impongono” sono il giusto prezzo da pagare per restare immobili dove siamo. Magari nel posto fisso che non amiamo, facendo le cose che non ci rendono sereni. Ma quello che pensiamo sono la maggior parte delle volte bugie che ci raccontiamo. Ognuno di noi ha sperimentato almeno una volta nella vita la sensazione di felicità e sa riconoscerla, e la buona notizia è che può ottenerla in ogni momento. Questa è la certezza di Gianluca Gotto, scrittore e nomade digitale, che ha lasciato tutto decidendo di girare per il mondo. Quello che ci racconta nella nostra intervista, per l’uscita del suo ultimo libro La Pura Vida (Mondadori) è un’insegnamento che infonde coraggio e dà la forza di decidere di rivoluzionare la nostra vita. Tra l’esperienza del buddismo e il viaggio in Costa Rica, considerato il Paese più felice del mondo, racconta che non serve andare dall’altra parte del mondo per cambiare, lo si può fare anche il nostro piccolo angolo di mondo, raggiungendo la felicità che ognuno di noi merita.
Il suo ultimo libro “La pura vida” è a mio parere una prosecuzione ideale di un viaggio alla ricerca della felicità assoluta cominciato con il suo primo “Le coordinate della felicità”.
“È proprio un percorso che sto facendo tramite i miei libri. Il primo è un racconto autobiografico su come mi sono costruito il mio stile di vita, la mia felicità esteriore e come sono diventato un nomade digitale. Poi quando è’ arrivata pandemia e vivevo un periodo un po’ difficile a livello personale, ho deciso di scrivere il mio libro buddista 'Succede sempre qualcosa di meraviglioso', raccontando tutti quegli insegnamenti che mi hanno aiutato a non ricercare la felicità esteriore che è spesso temporanea e dettata da fattori esterni, ma quella interiore. L’ho scritto proprio in quel periodo perché ho pensato che quello che è servito a me in passato, anche proprio a livello mentale, poteva servire alle persone per vivere meglio nel momento di costrizione della pandemia. Successivamente poi, mi sono posto una domanda: le persone sono magari riuscite a sopravvivere alla chiusura e a tutto quello che ha comportato il Covid. Ce l’hanno fatta ottenendo una vittoria importante, ma magari si sono dimenticate cosa vuol dire vivere veramente felici. Quindi ho deciso di scrivere questo libro 'La pura Vida' che è frutto della mia esperienza in Costa Rica, in uno dei Paesi più Felici del mondo. Racchiude i sei pilastri della ‘pura vida’ che è la loro filosofia di una vita semplice e felice”.
Che differenza ha trovato tra le pratiche buddiste quelle della pura vida?
“Avevo trovato tanto conforto nel buddismo, ma poi mi sono reso conto che mancava qualcosa, per poterla rendere una filosofia di vita universale per tutti. Avevo notato che soprattutto chi praticava senza costanza, poteva sviluppare una sorta di apatia. La grande differenza l'ho vista in questo. In Costa Rica la felicità è una questione basata molto sulla comunità, ovvero sul rapporto che tu hai con gli altri. Si potrebbe dire, a questo punto, che tutto il concetto buddista di creare il benessere interiore che non dipende dagli altri non è valido, ma non è così. È una questione di come tu ti approcci agli altri, di come ti poni nei confronti di chi ti è vicino. Della gentilezza e dell'amore che ci metti. È una cosa che mi è servita molto perché andando ad unire questi due aspetti, ovvero il buddismo e la pura vida, si riesca ad avere una filosofia di vita veramente completa, che ci aiuta a mantenere ordine dentro, ma anche ad avere rapporti sani, importanti e intensi, con le persone che abbiamo intorno”.
Facendo una provocazione, è semplice cercare la felicità avendo il mare davanti. Spesso le persone sono obbligate a lavorare magari in spazi angusti o con altra gente con cui non si creano dinamiche non positive.
“Ci sono tante persone - io ero una di quelle - che vogliono vedere grandi cambiamenti nel mondo. Avere intorno persone più gentili ed empatiche. Vedere l’ambiente meno inquinato, senza guerre, ma poi non fanno nulla per portare cambiamenti positivi nel loro mondo interiore o anche nel loro piccolo angolo di mondo, come la casa o l’ufficio. Bisogna partire da un cambiamento che riguarda noi come esseri umani. Se vuoi vedere negli altri qualcosa, inizia tu a dare quel qualcosa. Il primo passaggio è non pensare tanto a quello che gli altri fanno intorno a te. Sei tu che decidi che una persona con le sue parole o i suoi comportamenti può ferirti. Se riesci ad alzare inizialmente una barriera con il mondo intorno a te, e a concentrarti sul tuo mondo interiore, tenendolo pulito e ordinato, agendo con amore e facendo scelte positive, in automatico il mondo intorno a te rifletterà questo stato. Se sei impaurito trasmetti la paura a chi è intorno e le persone diventano nervose e tendono ad essere aggressive nei tuoi confronti, perché percepiscono la tua paura. Quando invece ti poni con amore nei confronti degli altri, non ti vedono come una minaccia, e avranno un atteggiamento molto più aperto e dolce. Noi abbiamo sempre il controllo del modo in cui ci comportiamo, mentre invece non lo abbiamo di quello che succede nel mondo. Non possiamo decidere di fermare una guerra, ma possiamo decidere di fermare i nostri conflitti interiori. Possiamo scegliere di non essere noi in guerra con il mondo intero”.
Il concetto di “pura vida” è quello di una vita semplice, che sembra un po’ spogliata dalle cose materiale. È corretto dire che sono i beni materiali che ci possiedono e non il contrario?
“Se si inizia a dire che il mondo materiale è causa di sofferenza e che una persona non dovrebbe dare più importanza ai soldi e agli oggetti, anche semplicemente alle sue ambizioni o al successo, si finisce per assumere una visione giudicante. Preferisco portare il discorso in un altro senso. Nella vita ci sono cose essenziali e cose superflue. Tanto il buddismo che la pura vida, sono filosofie che dicono di concentrarsi su ciò che è essenziale per te. Se per te lo è avere un telefono di ultima generazione, o un’auto di lusso, perché questo ti dà una felicità reale, che non dipende dal giudizio degli altri, ma che nasce da dentro di te, fai benissimo a inseguire queste cose. L'importante è che non finisci per dare più importanza al superfluo che all'essenziale. Purtroppo la maggior parte delle persone al giorno d'oggi, vive in uno stato quasi confusionale a livello mentale, nel quale ricerca costantemente cose che sono assolutamente superflue, dimenticandosi di cosa conta davvero nella vita. Per il buddismo conta essere in pace dentro. Per il popolo della Costa Rica e per tanti popoli latino americani, in base alla filosofia della pura vida, è avere dei rapporti sani con se stessi ma anche con il mondo intorno. Hanno un rispetto incredibile per la natura per il posto dove vivono, per la terra, il mare, gli animali. Avere un rapporto del genere con ciò che li circonda e quindi anche avere dei rapporti familiari d’amore e di amicizia che siano molto solidi e curati, per loro è essenziale. Tutto il resto, quello che invece per noi è così importante come la casa il cellulare e l'auto, per loro è molto relativo. Gli oggetti sono freddi, mentre invece i rapporti con le persone sono passionali. Questa è la grande differenza”.
Quando ha scelto questo percorso di vita era molto giovane. Mettendosi nei panni di una persona adulta con una vita già strutturata è possibile cambiare? Perché spesso è proprio l’età e il tempo che ci spaventa…
“Quella del tempo che passa e che non torna più, è una paura comune a molte persone. Per stare meglio bisognerebbe partire da una diversa visione del tempo. Le persone tendono a guardare indietro e a calcolare tutti gli anni che sono passati, spesso giudicandoli in maniera eccessivamente severa. Quante volte sentiamo dire: ‘Ho buttato venti anni anni della mia vita perché stavo con la persona sbagliata’ o cose simili. Non esiste il tempo buttato. Il tempo è tempo, e sopratutto quello che è successo non si può cambiare. Dal mio punto di vista non poteva essere diverso. Se è andata così significa che il tuo destino era questo. Ma la buona notizia è che quando smettiamo di fare calcoli su quanto ci rimane davanti, e cominciamo a vivere nel presente, qui e ora, mettiamo in campo un antidoto a tante forme di sofferenza mentale. Quando noi ci rendiamo conto che abbiamo questo momento ed è tutto ciò che ci serve, quello può diventare il momento della nostra rinascita e di un grande cambiamento. L'attimo in cui decidiamo di dire basta a quello che abbiamo fatto fino ad ora, e ritroviamo la capacità e la sensazione di poter cambiare le cose. Quindi io dico questo, se una persona ha la possibilità di stravolgere completamente la propria vita ed è quello che desidera, io la incito a farlo. Una persona che non può lasciare tutto e trasferirsi dall'altra parte del mondo, ha comunque tantissime cose che può fare per migliorare la sua quotidianità. Può partire dalle abitudini. Spesso sono quelle che costruiscono una vita pessima o una buona vita. Ad esempio l'ora cui ci si alzi al mattino, cosa si mangia, lo stile di vita, i pensieri e le relazioni che ha con gli altri. Riportiamo tutto a ciò di cui abbiamo il controllo, come dicevo sopra. Se a 20 anni puoi partire ed andare in Australia, come ho fatto io, e diventare un nomade digitale ben venga. Se hai un'altra età, un'altra situazione un'altra condizione o hai dei blocchi, fai proprio una lista su carta di tutte le cose che puoi controllare e sistemare per vivere meglio, e parti da lì. Qualunque sia la tua condizione c'è sempre qualcosa che è sotto il tuo controllo”.
Scrive che la felicità è un sentimento universale da allenare. Cosa significa?
“Tutti noi siamo stati felici almeno una volta nella vita, e conosciamo questo sentimento. In questo senso la felicità è universale. Se io pronuncio questa parola, tutti capiscono cosa si prova. Discorso diverso è però come prendere questo sentimento e adattarlo alla forma della propria vita e della propria condizione, qui e ora. Perché per me la felicità è quel sentimento che magari scaturisce dal viaggiare. Per un'altra persona nasce dal momento che apre la porta di casa e i suoi cani arrivano scodinzolando. Quindi la cosa bella della felicità e che pur essendo qualcosa di così unanimamente universale, ha una forma diversa per ognuno di noi, ed è lì che dobbiamo allenarla. Non bisogna ambire al sentimento bisogna cercare di costruire la scala per raggiungerlo. E la cosa che trovo più bella della felicità, come dico nel mio primo libro, è che ognuno ha le sue coordinate. Ognuno di noi ha una sua forma per raggiungerla e deve seguire la strada propria. A volte questa non c’è nemmeno e bisogna costruirsela da zero, però questo viaggio è secondo me già felicità, ed è questo che intendo per allenarla”.
Nel libro dice che la vera paura non è quella della morte ma quella di vivere...
"È qualcosa che trovo molto attuale. Tralasciando questi ultimi due anni di pandemia prendiamo questo attuale periodo di guerra. Ogni secondo della tua vita che tu impieghi ad aver paura della morte, in realtà stai sviluppando la paura di uno scenario futuro che ti fa pensare che potresti morire per quel motivo. Ogni volta che dedichi le energie a questo, le stai togliendo alla possibilità di vivere nel presente e di fare effettivamente qualcosa di concreto per stare meglio. Quindi la vera paura per me non è quella di morire, ed è una cosa che si capisce quando magari si è sul letto di morte, come avviene un po' al protagonista del mio libro. Quando capisci che sta per finire e ti rendi conto che per tutta la tua vita hai avuto paura di quell'attimo. Ma quello è appunto solo l’attimo in cui finisce la tua vita terrena. In compenso ci sono stati miliardi di momenti in cui potevi fare qualcosa di concreto per migliorare la tua vita, e invece ti sei preoccupato della tua morte. Quando si fa questo switch mentale, secondo me cambia la tua vita. Decidi di vivere meno nei tuoi pensieri, nel tuo monologo interiore, e di vivere di più nel mondo esteriore. Che poi è una cosa che io ho notato proprio nel popolo della Costa Rica, che non rimugina tanto, non pensa molto ma si preoccupa semplicemente di vivere una buona vita”.
Nel suo libro La Pura Vida, c’è una teoria molto interessante, quella del paradosso dello yogurt, di cui parla il protagonista del suo libro...
“È quello per cui nella vita adulta, si dà la massima priorità a tutto quello che ha una scadenza ben definita. Come esseri umani tendiamo a non voler mai andare in ritardo nel pagamento di una multa, delle bollette, della rata del mutuo. Capita a tante persone di passare un'intera esistenza a non far mai scadere lo yogurt in frigo, ma a far scadere tutti i propri sogni, i progetti e le proprie ambizioni. Io per cercare di non dimenticare mai quali sono le cose davvero importanti per me, ho iniziato a dare anche una scadenza ai miei sogni, alla felicità e al mio tempo. L’ho fatto con una lista di cose da fare, che ho scritto quando avevo 19 anni. 30 cose da fare, prima di compiere 30 anni. Mi è servita moltissimo per non perdere mai di vista chi era Gianluca quando era giovane, quando era un sognatore, quando desiderava di essere felice, e l'ho portata all'interno della storia di questo ragazzo Alessio, che per l'appunto riscopre una vecchia lista di cose da fare che aveva scritto quando era molto giovane, e decide di provare a realizzarle tutte. Questo è un ottimo modo di tornare a vivere e a superare la paura della morte”.
Se guarda indietro pensa di essere stato un coraggioso a fare la scelta di diventare un nomade digitale?
“Il coraggio è qualcosa su cui faccio sempre un po' fatica a parlare, perché se ci pensiamo bene che cosa è? E' qualcosa di estremamente soggettivo. A volte ci sono persone che sono coraggiose a partire, a mollare tutto, ma a volte ci vuole molto più coraggio a restare e ad affrontare alcuni problemi. Personalmente penso che il coraggio si misura nella capacità di andare controcorrente. Quando sai che la scelta più facile è quella contraria alla tua felicità. Io ritengo di esserlo stato nel mio piccolo, ogni qualvolta che ho preso delle decisioni che mi portavano lontano dalla confort zone, lontano da quello che era sicuro e che mi costringevano a rischiare, ma erano più coerenti con le mie coordinate della felicità. Questo c'è stato in vari momenti della vita, ad iniziare quando ho lasciato l'Italia per trasferirmi in Australia, senza alcuna conoscenza, esperienza, senza soldi. E poi anche più avanti. Mi avevano ad esempio offerto un lavoro a Malta molto ben remunerato e con moltissimi benefit. Questo però non mi avrebbe permesso di continuare a fare quello che amo e ho deciso di prendere la decisione più difficile, quella di rinunciare sperando che questa avrebbe pagato nel tempo. E così è stato”.
Quindi, per concludere, secondo lei per essere felici bisogna avere il coraggio di cambiare?
“Il cambiamento e il percorso verso una buona vita sono estremamente soggettivi.
Ed è bellissimo questo, perché ognuno di noi può partire in qualsiasi momento della propria vita a cambiare le cose. Il cambiamento inizia da dentro si sviluppa nel piccolo mondo intorno a noi, e poi magari diventa qualcosa di molto grande e rivoluzionario. Però è importante ricordare che cambiare è alla portata di tutti”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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