Dal cilindro di Silvan esce la storia della magia

L'Egitto, Virgilio, il Cinquecento e Gabrielli, che voleva stregare D'Annunzio ma ne fu stregato...

Dal cilindro di Silvan esce la storia della magia

«Posso prendere un'oliva?» mi domanda Silvan, di cui sono diventato amico per la prima volta ospite a casa mia, era novembre dell'anno scorso. «E certo, le ho messe apposta» non faccio in tempo a rispondere e vedo l'oliva sparire dalle sue dita e riapparire nell'altra mano.

In quell'occasione Silvan, che per me ormai è Aldo, mi regalò un suo libro introvabile, una storia della magia dall'antichità ai giorni nostri che lessi in una notte insonne e mi portò a chiamare subito Elisabetta Sgarbi alle cinque del mattino per dirle di ripubblicarlo, e lei non se l'è fatto ripetere due volte, mentre Silvan ha detto che avrebbe voluto lavorarci ancora. Ecco quindi che esce in questi giorni La nuova arte magica per La Nave di Teseo, una nuova versione aggiornata, riscritta, frutto di anni di ricerche, con prefazione di Vittorio Sgarbi.

È un libro magico perché è come Silvan di persona: stupefacente, elegante e documentato quanto può essere un saggio dello storico più erudito, ma mai noioso, quando lo inizi non riesci a staccartene, è ipnotico perché Silvan riesce a essere teatrale anche quando scrive e racconta millenni di magia, e cioè di trucchi con cui gli uomini hanno stupito altri uomini. Simon Mago, Cagliostro, Alberto Francese, Filippo Giuliani, Robert-Houdin e le sue Soirées Fantastiques, Houdini, Pinetti e cento altri, fino a David Copperfield o Dynamo, per il quale impazziscono i giovani.

Si parte lontanissimi, dal più antico documento conosciuto sull'arte magica, il papiro scoperto nel 1839 dall'inglese Miss Westcart (che elenca eventi favolosi che si sono svolti in Egitto dal 2778 al 2423 a.C.), ma ricordatevi che Silvan non è solo stato eletto per due volte a Hollywood il più grande mago del mondo, è un illusionista illuminista, non per altro è un membro del CICAP e ha contribuito a svelare numerosi inganni. E dunque la magia è illusionismo, prestidigitazione, il trucco che c'è ma non si vede (e non si deve sapere, altrimenti fine della magia, ma qui, in sede storica, può essere scienziato, e qualcosa ve la dice).

Il miracolo di Mosè dell'apertura del Mar Rosso? Non solo leggenda, probabilmente, anche perché ci sono dei punti, nei pressi di Suez, dove violenti venti ancora oggi spingono le acque in modo da far apparire il fondo, ci si può camminare. Così come la manna dal cielo non è altro che la secrezione di una pianta, la Tamarix gallica, come provato da due botanici di Gerusalemme che hanno compiuto una spedizione in Sinai.

Macchinari che permettono a divinità di scendere dal cielo nei templi pagani, o Virgilio che pare (ma non è certo) riuscisse con un trucco a far fruttificare le piante tre volte all'anno, guadagnando tanto da potersi permettere una villa fortificata nei pressi di Roma circondata da dodici uomini di metallo, una specie di antesignani dei robot. Spesso la rappresentazione di un'illusione non era solo ai fini di divertimento, ma un modo per esercitare un potere. Ancora oggi assistiamo all'esibizione di fachiri che camminano sui carboni ardenti senza bruciarsi, trucco antichissimo, come già racconta Origene, uno dei più grandi eruditi del cristianesimo, «i loro piedi sono immunizzati al calore poiché essi se li sono prima spalmati con colla di pesce e grasso di salamandra».

Questa storia della magia non è solo rose e fiori e incantati stupori, perché dal Medioevo in poi era facile finire sul rogo accusati di stregoneria. Lo stesso Petrarca, ci ricorda Silvan, definì i giochi di prestigio come «passatempi per pazzi stregati». Innocenzo VII nel 1484 emanò la bolla Summis desiderantes che fu un potente incentivo alle stragi per stregoneria. Tanto che spesso i maghi erano costretti a svelare i propri trucchi per dimostrare che non fossero opera del demonio.

Nel Rinascimento rinasce anche la magia, l'invenzione della stampa moltiplica preziosi libretti, ma con la Controriforma la vita dei prestidigitatori e illusionisti continua a non essere facile. Attraversando il Seicento, il Settecento e l'Ottocento, tra incredibili aneddoti storici, si arriva ammaliati fino al secolo scorso, per esempio a Cesare Gabrielli, che iniziò la sua carriera nel 1911, celebre ipnotizzatore che divenne famoso per la frase «A me gli occhi!». Giolitti lo mandò a Fiume perché addormentasse D'Annunzio, ma Gabrielli appoggiò la causa del Vate, il quale a sua volta lo definì «Artefice magico».

Manca, in questa straordinaria storia dell'arte magica, un lungo capitolo dedicato al più grande mago del mondo, proprio a lui, a Silvan, a Aldo Savoldello, perché ne è l'autore, e forse perché per raccontarlo servirebbero dieci libri.

Ma forse Silvan non ha bisogno di essere raccontato, come dice lui «io non faccio il mago, io sono il mago».

A proposito, durante la cena di cui vi parlavo, non è sparita solo l'oliva, ma un po' di tutto. Ma grazie a quella cena è di nuovo apparso questo meraviglioso libro. Sim Sala Bim.

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