Il "consiglio" di Dylan Dog: un diario della quarantena

Masiero (Bonelli editore): "Fate come lui, serve per elaborare i lutti e l'angoscia della solitudine"

Il "consiglio" di Dylan Dog: un diario della quarantena

Il nuoi Ottanta l'antieroe dalla giacca nera e dalle Clarks beige ha raccolto le ansie di una generazione che non aveva trovato ancora una direzione. Un personaggio senza certezze, pieno di paure e di idiosincrasie sta ricominciando a vivere una seconda vita. Ripartire. È questo il messaggio che Dylan Dog regala ai suoi lettori. A quelli che hanno avuto la pazienza di seguirlo e a quelli che per mille motivi si sono allontanati. E a quelli che oggi possono approfittare dello stop forzato per ricominciare. Perché lui? Lo spiega al Giornale Michele Masiero, direttore editoriale della Sergio Bonelli Editore: «Ripartire come ha fatto Dylan Dog, come persone che hanno voglia di ricostruire». L'indagatore dell'incubo è ha da poco superato i 400 numeri. Ed è un secondo inizio. Perché uno alla volta torneranno tutti i primi personaggi che hanno fatto la storia dell'investigatore londinese: Anna Never, Xarabas, l'ispettore Bloch con un ruolo diverso. «È un nuovo inizio che è quello che speriamo per tutti». Si torna alle atmosfere degli anni Ottanta e Novanta. Come nel numero 77, l'albo dal titolo quasi profetico L'ultimo uomo sulla Terra, in cui Dylan Dog sopravvive a una pandemia di influenza
L'angoscia della morte e la solitudine sono sempre state le sue compagne di strada, alle quali «Dylan Dog ha risposto con altrettante armi: la speranza e l'ironia. Il lavoro di Tiziano Sclavi è sempre stato quello di descrivere le ansie di una generazione, portando all'estremo le suggestioni che ci ha regalato la letteratura. E ha fatto centro. Una delle paure che covava era appunto la solitudine, da qui l'avventura dell'albo del 1993», liberamente ispirato dal romanzo apocalittico del 1954 di Richard Matheson Io sono leggenda. I mostri della società odierna si chiamano solitudine, menefreghismo, individualismo, un valore come quello dell'amicizia confinato su un'app del cellulare. «Le paure e le angosce di 30 anni fa sono cambiate, non certo sparite», spiega. E poi c'è la Morte. «Il confronto con la Morte è un tema delicato, soprattutto adesso. È una paura che è in noi e che non vogliamo mai affrontare. Certo sottolinea Masiero, non senza tradire un po' di emozione non c'è una regola universale, ognuno di noi la fronteggia secondo le proprie sensibilità». E allora perché il messaggio di Dylan Dog si adatta perfettamente al momento che stiamo vivendo? «Perché Dylan ha sempre cercato, nell'elaborazione del lutto che ci colpisce all'improvviso e che ci lascia senza difesa, la speranza di coinvolgere l'umanità». Come se ogni singola morte appartenesse a tutti».
Leggere aiuta a capire, come insegna il personaggio di Matheson. Ma anche la scrittura può essere salvifica: «Una delle cose che Dylan Dog ci ha insegnato è quella di tenere un diario». Alla fine di ogni avventura mettere giù le proprie emozioni è un modo non indolore per liberarsi del dolore ma soprattutto è un modo «per vincere questa idea di solitudine». E così «l'espediente narrativo che ci serve per far parlare Dylan Dog con se stesso può servire per riportare a galla il piacere della scrittura», oggi confinato nel recinto freddo e ristretto dei social network.
Intanto, da domani alle 10 sul sito della casa editrice i lettori troveranno un fumetto in formato pdf scaricabile gratuitamente.

Si parte Tex poi toccherà allo stesso Dylan Dog poi Zagor, Mister No, Nathan Never, Martin Mystère, Julia, il commissario Ricciardi. E chissà che Tiziano Sclavi non stia già lavorando a una sceneggiatura a tema Coronavirus...

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