Dino Campana, cento anni di «Canti Orfici»

Da domani a sabato a Parigi, fra la Sorbona e l'Istituto Italiano di Cultura, una quindicina di studiosi francesi e italiani celebrano i cento anni dalla pubblicazione dei Canti Orfici , l'unico libro edito di Dino Campana.

A Firenze, nel dicembre 1913, Campana aveva affidato al giudizio di due prestigiose personalità della nuova letteratura, Ardengo Soffici e Giovanni Papini, un manoscritto che sperava di stampare confortato dal loro avallo. Di lì a qualche mese, il poeta (talmente povero da dover compiere a piedi il viaggio dalla natia Marradi a Firenze) lo reclamò indietro. Tutto inutile; il manoscritto non saltò più fuori. Ma nel 1971 eccolo riaffiorare, a Poggio a Caiano, in mezzo alle carte di Soffici (morto nel '64). Disperato e furioso, nella primavera del '14 Campana aveva provato, anche con le minacce, a riottenere il suo; poi, in agosto, da una tipografia di Marradi uscì un libro dal titolo Canti Orfici : autore Dino Campana. La salute mentale del poeta, fragile fin dall'adolescenza, era prossima al tracollo. Una sequenza di episodî drammatici (compresa la rovente relazione d'amore con Sibilla Aleramo) ne scandisce l'inevitabile precipitare nella follia, che nel 1918 gli causa l'internamento nel manicomio di Castel Pulci. Dino morirà il 1° marzo '32.

Altri componimenti in versi e in prosa, apparsi in varie riviste fra il 1914 e il '17, avrebbero potuto formare una seconda raccolta o un'appendice alla prima. La quale rimase invece senza séguito, salvo una ristampa nel '28 presso Vallecchi. I giovani poeti - Gatto, Luzi e altri - che lessero Campana dopo il '28 ne subirono la seduzione traumatica; li conquistava il senso febbrile, misterioso e iniziatico che spira nei Canti Orfici : dal poema in prosa d'apertura, La Notte , all'epilogo ( Genova ), attraverso tappe molteplici, dal diario lirico di un percorso dantesco e francescano ( La Verna ) alle inebrianti, stregate impressioni del Nuovo Mondo ( Pampa ), che Campana vide nel 1908. Del manoscritto riemerso nel '71 - e intitolato Il più lungo giorno - fu verificata sùbito la coincidenza solo parziale con i Canti Orfici .

La revisione apportò comunque una maggior compattezza al libro dello sventurato Campana, alla cui opera si attribuisce ormai concordemente un valore esemplare nel quadro del nostro primo '900, così denso e dinamico anche in alcuni suoi coetanei, basti pensare a Saba e a Rebora, a Sbarbaro e ad Ungaretti.

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