C'è qualcosa che rimane per sempre nel cuore di un paracadutista italiano, ed è l'onore di cingersi il capo con il basco color amaranto fregiato da ali e gladio sormontate dal paracadute spiegato.
Luglio 1967. Al termine di una vasta esercitazione militare denominata "Aquila Rossa" - alla quale prende parte la Brigata Paracadutisti Folgore - il Generale Alberto Li Gobbi, eroe di guerra e comandate di quelli che neanche Winston Churchill ebbe remore a definire "leoni", sfila per la prima volta dalla costituzione della "grande unità" con il basco color amaranto. Un privilegio, anzi, un premio, concesso dall'allora presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, in accordo con il Capo di Stato Maggiore Gen. Guido Vedevato, che rivolgendosi al comandante della Folgore gli aveva confessato: "I tuoi paracadutisti meritano un premio". Il premio era quello di non passare mai più inosservati, quali truppa d'élite del nostro Esercito, che ha portato a termine un durissimo addestramento per potersi fregiare della propria "specialità". Prima di allora infatti, i paracadutisti che entravano a fare parte della divisione aviotrasportata creata nel 1941 e già ricopertasi di gloria nella battaglia di El Alamein, combattuta nel '42, indossavano il basco grigio-verde. Colore che oggi è stato riportato di auge dal Nono Reggimento d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin” dato il loro forte legame con quelli che furono invece "gli Arditi" Grande guerra, senza tuttavia perdere il loro forte legame con la Folgore.
Strano a dirsi, ma il basco amaranto deriva dalla tradizione di quello che fu il primo grande nemico: poiché erano proprio i paracadutisti britannici, i celebri "Diavoli Rossi" della 1ª Divisione Aviotrasportata comandata dal Maggior Generale Frederick Browning, a indossare quel colore di basco per primi. Tra l'altro su espresso consiglio della moglie del loro comandate, la scrittrice di romanzi Daphne du Maurier. È così che quel copricapo di antico uso militare, che venne impiegato per la prima volta nella storia dagli Chasseurs Alpins francesi del XIX secolo, passato poi alla storia come segno distintivo delle milizie Requeté, ossia i sostenitori di Carlo di Borbone durante le Guerre Carliste - i cosiddetti boinas rojas (baschi rossi, ndr) - , divenne simbolo dei soldati che scendevano dal cielo sulle ali dei loro paracadute di seta bianca che diventavano, almeno a quei tempi, abiti da sposa.
Quando i ragazzi della Folgore s'immolavano a Bir El Gobi, non portavano l'amaranto sulla nuca provata dal sole che infuoca il deserto libico. E non lo portavano nemmeno i ragazzi della "Nembo", quando l'anno successivo si divisero per combattere chi ancora a fianco dei tedeschi, chi a fianco degli Alleati -" ... e per rincalzo il cuore". Sempre. Lo portavano però i loro avversari - i figli d'Albione -; sia in Tunisia, che in Sicilia, che in Puglia, quando appena un giorno dopo la firma dell'armistizio, presero con un colpo di mano il porto di Taranto.
Quando la Folgore venne ricostituita come brigata nel 1963, assieme alla "Nembo" e ai carabinieri paracadutisti della "Tuscania", il basco era ancora grigio-verde. Ma i paracadutisti inglesi, che si fregiavano ancora la spalla con la patch amaranto con Pegaso celeste, erano oramai alleati fidati nella guerra fredda. Fu questione di anni prima che tutti potessero indossare fieramente lo stesso berretto: dello stesso colore del fiore di una pianta che secondo la mitologia greca portava "la protezione e la benevolenza delle dee" e che secondo quella romana aveva il potere di tenere lontana "l'invidia e la sventura".
Invidia bonaria forse, ma sempre accesa, per gli uomini che da quasi ottant'anni scendono "Come folgore dal cielo", e ci rendono sempre fieri, quando sfilando il 2 giugno, gridano forte e all'unisono il nome che li ha consegnati cari alla storia e celebri nel mondo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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