Quel fascista di Gramsci (o forse no)

La storia di Mario, il fratello dimenticato del fondatore del Partito comunista italiano. E il giallo sulla sua fine: morì davvero mussoliano?

Quel fascista di Gramsci (o forse no)

Esiste un'altra storia sulla famiglia Gramsci. Una storia che pochi ricordano, ma che val la pena di raccontare. Anche perché, a distanza di settant'anni, sono ancora molti i punti avvolti nel mistero. Per farlo, dobbiamo partire dal 24 novembre del 1979, quando Giuseppe Niccolai, un fascista all'antica, scrive sul Secolo d'Italia: "Lo sapevate? Antonio Gramsci, il santone del Pci, ha avuto un fratello. Si chiamava Mario, è stato federale del Fascio a Varese, subito dopo la marcia su Roma. Valoroso combattente in Abissinia e in Africa Settentrionale (...) Muore mussoliniano convinto. Il Pci ha provveduto a farne sparire lettere, scritti e persino il ricordo. Lo ricordiamo noi. E faranno bene le Federazioni del Msi a ricordarlo ai buoni italiani. E ai cialtroni versipelle del nostro Paese".

A oltre trent'anni dalla sua morte, le vicende di Mario Gramsci emergevano dall'ombra. Ma solo per un attimo. Quasi nessuno si è preso la briga di verificare la sua storia e i suoi rapporti con il fratello Antonio. Ci ha pensato, Massimo Lunardelli, autore di Gramsci il fascista (Tralerighe), che ne ha ripercorso la storia. Mario è l'opposto di Antonio. Il primo è esuberante ed estroverso, il secondo è solo e pensoso. Teresina, la sorella, racconterà di lui: "È stato sempre l'allegria di casa. Tutto il contrario di Nino, per carattere. Come Nino era posato, lui era irrequieto, chiassoso, incline a bizzarrie comiche. Nino parlava poco, Mario solo cucendogli la bocca si riusciva a farlo stare zitto. A tanti spariva di casa il gatto, ed era stato lui, poi si sapeva, a farselo arrostire da un fornaio. Ricordo che una volta mamma lo aveva rinchiuso in casa. Per essere sicura che non se ne uscisse, gli aveva tolto e nascosto le scarpe. Mario, deciso a svignarsela ugualmente, s' era tinto i piedi con lucido nero da scarpe".

Gramsci il fascista - Libro

Viene mandato in seminario, ma presto si comprende che quella proprio non è la sua strada: "Voglio sposarmi, io l’idea di farmi prete non ce l’ho. Piuttosto mandateci Nino (Antonio, nda) in seminario. Lui alle ragazze non ci pensa e il prete può farlo", si lamenta il più piccolo dei Gramsci.

Mario è un sognatore, come scriverà Antonio in una lettera alla madre: è "sempre portato a vedere guadagni favolosi e a fare castelli in aria per ogni piccola cosa". Spinto dal desiderio di avventura si arruola nell'esercito e partecipa alla Prima guerra mondiale. Il suo libretto militare - e Lunardelli ne cita parecchi - parla chiaro: "In tutte le circostanze di servizio il Gramsci si mostrò edotto dei suoi doveri, dimostrando zelo, buona volontà e disciplina e slancio non comune per l'affezione che ha della carriera militare". E ancora: "Il tenente Gramsci è un buon ufficiale, che si distingue sopra gli altri per attività, per capacità professionale e per elevato sentimento del dovere".

Finisce la Prima guerra mondiale e Mario, come tanti veterani, rimane affascinato dal Fascismo. Ma solo per un attimo. Quando scoppia la Seconda guerra mondiale si arruola volontario. Viene fatto prigioniero l'11 dicembre del 1940 e poi trasferito in Australia, dove arriverà quasi un anno dopo, il 15 ottobre del 1941.

"È un monarchico convinto e perciò è stato trasferito al comparto monarchico. Quando il campo è stato diviso in base alle ideologie politche, egli ha dichiarato profonda fedeltà al suo Re". E, molto probabilmente, è così che spirò Mario Gramsci.

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