Il teorico del “pensiero debole” si è spento oggi all'ospedale di Rivoli dove era ricoverato da alcuni giorni. Gianteresio Vattimo, detto Gianni, uno dei più grandi filosofi italiani moderni, ha trascorso un’intera vita impegnandosi in politica e alimentando il dibattito all’interno del mondo della sinistra.
L'infanzia e gli studi di Gianni Vattimo
“Io sono un proletario, c’è poco da friggere. Poi sarò anche un intellettuale, ma prima di tutto provengo dai bassifondi, non nasco bene, sono uno che viene dal nulla”, raccontava nell’autobiografia Non essere Dio il filosofo nato a Torino nel ’36 in una famiglia umile. Sua madre faceva la sarta, mentre suo padre era un poliziotto calabrese emigrato al Nord che morì prima dello scoppio della guerra. “Sono nato in casa, in via Germanasca 10, Borgo San Paolo. Case popolari. Case di gente che faticava da mattina a sera. Che faceva fatica a tirare avanti. E mi hanno chiamato Gianteresio per non far torto a nessuno dei due nonni: nonno Giovanni, nonna Teresa”, ha ricordato Gianni Vattimo nella sua autobiografia.
Nel ’59 Vattimo si laurea in filosofia all’Università di Torino, dove è allievo del pensatore cattolico Luigi Pareyson e collega di corso di Umberto Eco. Successivamente consegue la specializzazione all'Università di Heidelberg e, poi, lavora in Rai a decine di programmi culturali ed è fortemente impegnato politicamente. “Sono cresciuto nell’Azione cattolica. Ho fatto la campagna elettorale del 1953 per la Dc, accompagnavo le vecchiette ai seggi”, ha rivelato Vattimo che nel 1969 ricevette da Pareyson la cattedra di Estetica a Torino “nonostante la dolorosa scoperta dell’omosessualità dell’allievo prediletto”.
Il suo rapporto tra l'omosessualità e la fede cattolica
E, infatti, il suo essere omosessuale entrava in conflitto con la sua forte fede nel cattolicesimo: “La mia adolescenza è stata una lotta contro i mostri. Il mio direttore spirituale, monsignor Caramello, mi faceva recitare il rosario in ginocchio. Quando andavo a cercare ragazzi al Valentino, ero flagellato dalla mortificazione. Ebbi l’ulcera per anni”, ha confessato il filosofo. Ma non solo. Vattimo viene mandato prima dallo psichiatra e poi dalla psicanalista e, infine, viene presentato a una ragazza della “Torino bene”, Gianna Recchia che era sul punto di sposare. “Volevo diventare normale. – dirà - Ma suo padre non acconsentì alle nozze. Poi Julio, un ballerino peruviano, mi insegnò a conciliare sessualità e sentimento. Però, l’ulcera mi passò solo quando m’innamorai di Gianpiero Cavaglia. Il nostro è stato come un matrimonio”.
La sua omosessualità diventa di dominio pubblico nel 1975 quando i Radicali lo candidano, a sua insaputa, “in quota gay”. “Lo lessi sul giornale e mi sentii sprofondare. Ho temuto di essere etichettato come omosessuale e non come filosofo, invece, dopo poco, fui votato anche preside di facoltà. Si vede che i colleghi non volevano mostrarsi conformisti”, dichiarerà Vattimo che, nella sua vita, ha avuto due grandi storie d’amore: Gianpiero Cavaglia, morto di Aids, e Sergio Mamino, deceduto a causa del cancro. “Ho un’interiorità segnata dalla vedovanza e ho la paura di diventare cinico: avendo sofferto tanto, rischi di essere duro verso gli altri”, confesserà il filosofo torinese in una delle sue ultime interviste.
Il pensiero debole
Nel 1983 pubblica il libro “Il pensiero debole” dove teorizza una contrapposizione alle teorie di Aristotele o Cartesio, sostenitori di un pensiero forte.“Secondo me queste proposizioni forti sono socialmente pericolose, basta pensare a tutte le obiezioni di Popper a Platone. E in più non corrispondono all’attualità del pensiero. Da un lato il pensiero forte è legato a posizioni autoritarie. Dall’altro la filosofia del Novecento – con Nietzsche, Heidegger, Gadamer, forse anche Habermas – si basa sull’idea che la verità è questione di interpretazioni. È così, anche se pensi al Wittgenstein non del Tractatus ma quello dei giochi linguistici. L’idea da cui parte il pensiero debole è che la verità di una proposizione si mostra solo dentro un sistema, un linguaggio, le regole di un gioco, un paradigma”. Detto in altri termini il pensiero debole“era l’idea di un pensiero capace di articolarsi nella mezza luce. Era l’emancipazione attraverso l’inflazione: se hai un televisore solo, quello che dice ti sembra la religione, se ne hai venti, sei più libero. I problemi di cui soffriamo sono legati alla dogmatizzazione”. Secondo Vattimo “l’emancipazione umana non può che concepirsi come progressiva riduzione della violenza naturale. Per questo il Pensiero debole è adeguato ai nostri tempi, in cui l’unica cosa che possiamo fare è tentare di ridurre la violenza”. Nel corso della sua carriera accademica insegna come visiting professor negli Stati Uniti e tiene seminari in tutto il mondo. Ottiene, inoltre tre lauree honoris causa dalle università di La Plata, Palermo, Madrid e dalla Universidad Nacional Mayor de San Marcos di Lima.
Vattimo e la politica: gli anni da eurodeputato
Dopo aver militato nei Radicali, si candida alle Europee con i Ds e nel ’99 diventa eurodeputato ma ben presto entra in collisione col partito.“Sono stato tra i primi ad affermare che Massimo D’Alema era un personaggio politicamente da rottamare per le scelte sbagliate che aveva fatto, dalla Bicamerale alla mancata legge sul conflitto d’interesse. E ho pagato per questa posizione, perché il partito non ha più voluto ricandidarmi nel 2004 al Parlamento europeo”, dirà Vattimo che, poi, tenterà di tornare a Bruxelles candidandosi con i Comunisti italiani ma non verrà rieletto. Tornerà all’Europarlamento nel 2009 sotto la bandiera dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Nel 2014 faranno scalpore le sue dichiarazioni in cui esprimeva il desiderio di “armare Hamas contro i nazisti israeliani” e la sua volontà di iscriversi al Movimento Cinque Stelle per potersi ricandidare di nuovo ma Grillo in persona stopperà il suo ingresso nel M5S.
Nel 2018 viene onorato da una telefonata di Papa Francesco che lo chiama per discutere dell’ultimo libro scritto dal filosofo intitolato "Essere e dintorni". "Questo Papa mi toglie la 'vergogna' di dichiararmi cattolico", dichiara poco dopo Vattimo che in tempi non sospetti aveva prefigurato per Bergoglio un ruolo politico: "Premesso che mi sono sempre definito un catto-comunista, io in Papa Francesco credo. E arrivo a dire che il Papa dovrebbe fondare un’Internazionale comunista, anche se non sono sicuro che oggi avrebbe molto senso. La gente, in fondo, non ci crede più.
Ma Papa Francesco ha dato segni chiari e tangibili di un cambiamento vero e per questo io voglio credergli", dichiarerà in un'intervista rilasciata alla Gazzetta di Reggio. Recentemente era stato giudicato incapace di intendere e il suo compagno Simone Caminada di 38 anni era stato condannato in primo grado per circonvenzione di incapace.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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