Castelvecchio (LU) - Il tempo sembra quasi fermarsi in alcuni angoli di quella che io da molti anni ho ribattezzato “l’Italia di provincia”, fatta di tradizioni, campanili, osterie, pievi, dialetti, chiese, case-museo e paesaggi dove è possibile ripercorrere con la mente la bellezza e il gusto di un mondo che non c’è più, se non nei ricordi o nell’immaginazione.
E questa sensazione, questa atmosfera la si rivive camminando sul lungo viale che porta a Casa Pascoli, a Castelvecchio di Barga. I lunghi e snelli cipressi sulla via, l’edera come aggrappata alla piccola torretta della terrazza dove sulla parente vicina si può leggere: “LASCIATE QUELL’EDERA! HA I CAPI FIORITI. FIORISCE, FEDELE, D’OTTOBRE, E VI VENGONO L’API PER L’ULTIMO MIELE”, le piccole finestre e la rigogliosa natura che sta riprendendo forma con la primavera e che circonda l’abitazione fino all’ingresso principale. Un giardino curato, ma allo stesso tempo lasciato un po’ selvatico come piaceva al poeta e che si estende fino alla chiesa del paese. Anche se non tutta la proprietà appartiene ormai alla Bicocca.
Giovanni Pascoli, uno dei più grandi poeti e intellettuali italiani, allievo e amico di Giosuè Carducci, si innamorò fin da subito della casa, più conosciuta come Villa Cardosi-Carrara, (di nobili barghigiani) immersa nella silenziosa campagna di Barga dove poteva trovare oltre la tranquillità necessaria per riposare anche la condivisione dell’amore per la natura e le sue creature, dai gemiti dei buoi e ai nidi ‘canterini’ sugli alberi fino alla rugiada del mattino. Il ronzio delle api e i colpi di accetta dei boscaioli. Un contesto dunque ideale per fare del Pascoli il più grande poeta della natura tanto da scrivere: “Natura, madre dolcissima, che anche nello spengerci sembra che ci culli e addormenti”.
L’incontro con Castelvecchio avvenne casualmente. Essendo insegnante a Livorno, cercava dei luoghi per potersi riposare. Carlo Conti, originario del posto che lavorava nell’amministrazione del Liceo Niccolini di Livorno venne a sapere da amici del Pascoli di questa situazione e lo invitarono a Barga.
Insieme al Professor Giuliani, sindaco di Barga, gli vennero fatti vedere vari luoghi tra cui due case a Filecchio che però non lo convinsero. Allora lo invitarono ad andare a Castelvecchio dove ci poteva essere qualcosa che faceva al caso suo. E infatti qui, tra le vedute delle montagne e le colline circostanti, che forse gli ricordavano la Romagna, decise di prendere l’abitazione. Fu un amore a prima vista, anche perché allora non c’erano le costruzioni che sono sorte negli anni seguenti. Quindi la casa era completamente immersa nella natura, ricca di uliveti, pioppeti, castagneti, vigneti…
Nella Villa Cardosi-Carrara, dove il poeta visse uno dei momenti più sereni della sua pur dolorosa esistenza, con a fianco la sorella Maria, vi abitò dal 1895 al 1912, anno della sua morte. Qui compose Myricae (1903), i Primi Poemetti (1897), i Canti di Castelvecchio (1903), i Poemi Conviviali (1904).
La felicità e la tranquillità di vivere serenamente in un posto desiderato furono a sua volta sommati ai pensieri sul pagamento della consistente cifra che dovette pagare, circa 33 mila lire.
Il contratto d’acquisto, fatto quando si trovava a Messina fu stipulato pagando prima con la vendita dei terreni in eccedenza della Villa, poi fece fondere a Lucca presso la storica gioielleria Carli le medaglie d’oro vinte nel concorso di poesia “Certamen poeticum Hoeufftianum” di Amsterdam e il restante lo pagò a rate con le entrate che gli provenivano dal suo stipendio.
Pascoli si trovava in una situazione economica precaria in quanto aveva un editore che non lo pagava regolarmente e in più doveva adempiere ai debiti di un signore che andava a dire in giro di essere suo fratello e prendeva prestiti…
La casa al suo interno, è stata attentamente curata dalla sorella Maria dopo la scomparsa del poeta, e in molte sue parti è rimasta tale, come il calendario, fermo al 6 aprile (giorno di morte del Pascoli).
All’ingresso dell’abitazione settecentesca si può subito notare appeso al soffitto una bilancia che significava come tutti fossero ospiti graditi.
La struttura presenta un primo piano in cui vi è un ampio ingresso, una cucina che era la zona più calda e dove secondo alcuni studiosi si “seguivano antiche abitudini romagnole. A sedere al tavolo principale era Giovanni Pascoli, mentre la sorella Maria mangiava con il piatto sulle ginocchia seduta sul focolare”.
Una sala da pranzo con al centro del tavolo la bottiglia originale del vino prodotto dal vigneto della terra della Villa e lo studio di Maria. Tutto molto rigorosamente spartano ma accogliente.
Salendo le scale, al secondo piano è possibile notare subito lo spazioso e luminoso studio del poeta: la foto grande del Pascoli, che domina sulle altre figure familiari, dal padre alla madre fino ai fratelli.
Dislocati nella stanza vi sono tre tavoli in cui erano stesi la critica di Dante, la poesia latina e i Canti di Castelvecchio. Tale disposizione è così fatta in quanto lui in contemporanea ci lavorava e si muoveva da una parte all’altra. Nei vari mobili sono presenti le sue opere in varie edizioni.
Sulla scrivania, principale, alle spalle delle finestre, c’è una copia de La cavalla storna, portacandele, fermacarte, le varie penne, tra cui quella con il pennino fine che usava per scrivere e l’altra per l’intestazione delle lettere e relativa firma e una lampada a petrolio. Sempre al centro dello scrittoio un regalo di Gabriele D’Annunzio alla sorella, la meridiana solare da tavola con la scritta “A Mariù”, in avorio ma senza stecca e una piccola rosa. Giovanni Pascoli era solito stare al centro del divanetto con ai lati i libri e vocabolari per non alzarsi spesso.
Alle pareti tra le varie foto e quadri possiamo citare un’immagine del Carducci autografata, l’attestato di cittadinanza della Repubblica di San Marino e diversi dipinti del pittore Nomellini.
Tutto il secondo piano ruotava attorno allo studio, infatti in prossimità vi erano le camere da letto. La prima che incontriamo è quella del Pascoli, con la foto dei genitori e un fucile nella custodia. A fianco la camera di Maria con la foto di lui morto, sul comodino un messale per le preghiere e un quadro della Madonna con bambino. Alla parete un disegno relativo alla poetica del fanciullino di Adolfo Tommasi, pittore macchiaiolo contemporaneo a Pascoli. Maria, donna molto religiosa, era una maestra educata in convento ma non ha mai esercitato, in compenso ha sempre badato alla casa con cura, ha gestito l’eredità del fratello con parsimonia e attenzione, e ha scritto con Augusto Vicinelli Lungo la vita di Giovanni Pascoli (Mondadori 1961).
I due letti, di Maria e Giovanni hanno le testate contigue e ciò ha prodotto ulteriori scritti su eventuali rapporti amorosi tra i due fratelli tanto da far parlare di “vita coniugale” all’interno del “nido” pascoliano. Se da una parte c’è chi sostiene anche basandosi su documenti e lettere che vi fosse una passione per le sorelle Ida e Maria (soprattutto) tanto da chiamarle “anime adorate”, “angioline mie belle”, dall’altro secondo attenti conoscitori di Casa Pascoli e studiosi “pur avendo le stanze una attaccata all’altra, avevano talmente pudore l’uno dell’altro che non osavano presentarsi nelle rispettive camicie da notte”.
Dopo la morte di Giovanni la sorella fece alcuni cambiamenti, aggiungendo una terza camera, quella in cui morì il fratello a Bologna con relativa biblioteca dove si possono vedere opere di Machiavelli e Galileo, un tavolino rivestito di verde con una primissima macchina da scrivere che il poeta usò raramente e il Diploma di Benemerenza della Società Dante Alighieri davanti ad un piccolo tavolincino dove sono esposte le varie carte intestate.
Un altro luogo della casa era curato personalmente da Maria, il suo salottino, dove è possibile vedere una macchina da cucire, un tombolo, una raffigurazione di Adolfo Tommasi in cui ci sono Ida e Maria che cuciono insieme e Il giornalino della Domenica del Nomellini. Sul camino tra le varie foto, c’è quella di un contadino della zona, Bartolomeo Caproni che la gente del posto chiamava “Meo”, “Zì Meo”, che insegnava il dialetto locale ai due fratelli. Prima di giungere sulla splendida terrazza una foto inedita di Pascoli (in ombra) con Puccini e un suo librettista.
Giunti finalmente sulla terrazza di Villa Cardosi-Carrara, è possibile vedere alla destra le Alpi Apuane mentre alla sinistra l’esteso borgo di Barga su cui domina il Duomo di San Cristoforo con relativo campanile.
La casa è inoltre stata poi dotata di una cappella dove è sepolto il poeta. La sorella quando morì il fratello chiese l’autorizzazione a Roma che venne concessa da Giovanni Giolitti, ma non fu seppellito subito perché i lavori non erano ancora terminati. Dunque venne tumulato momentaneamente nel cimitero urbano di Barga. La tomba è stata realizzata da Leonardo Bistolfi di Casale Monferrato, molto amico del Pascoli. Inizialmente però la cappella non poteva essere consacrata, la sorella poteva pregarvici ma non poteva farci dire la messa, così il cardinale Maffi concesse l’autorizzazione.
Sotto la tomba
del poeta è stata poi seppellita anche la sorella Maria (morta il 5 dicembre 1953), la vera regina di Casa Pascoli, in modo da poter condividere insieme anche l’altro percorso, quello che dalla morte porta alla vita eterna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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