Estate 1992. Tangentopoli impazza, ma a noi interessano le canzoni, la musica disco e gli 883. Noi ragazzini un po’ annoiati nella calura delle colline della Valle Caudina, a una manciata di chilometri da Benevento. Si parla un po’ di tutto e venne fuori l’amico più grande che ha comprato su una bancarella un fumetto mai sentito prima. Il nome all’inizio mi suona strano, quasi buffo: Dylan Dog. E subito mi capita quest’albo tra le mani. Stesso concept grafico di Tex, Martin Mystère, Mister No, Zagor e degli altri eroi della casa editrice Sergio Bonelli. La copertina è tutto un programma: “Inferni”, questo il titolo, domina la scena il mitico indagatore dell’incubo impegnato in una seduta spiritica. Ma gli spiriti maligni che ne agitano la psiche sono rappresentati da un pallone da calcio, da un televisore, da un telefono, da una sveglia, da un asciugacapelli. Intuizione fulminante di Tiziano Sclavi, il papà di Dylan Dog: l’orrore è dentro di noi, nelle cose quotidiane, nella normalità di tutti i giorni, nelle ossessioni del consumismo contemporaneo. I mostri siamo noi.
Fu amore a prima vista. Ho comprato subito “Gli uccisori” numero 5, “Horror Paradise” numero 48 e poi via via tutti gli altri. Ieri è tornato in edicola l’albo numero 1, “L’alba dei morti viventi”, l’incontro tra il nostro e suo padre, il perfido e magnetico Xabaras. Per il 35° compleanno di Dylan Dog (arrivato in edicola il 26 settembre 1986) un’edizione tutta a colori. Grazie alla Sergio Bonelli. Perché tutti abbiamo riso alle battute di Groucho, perché tutti abbiamo desiderato almeno una delle innumerevoli donne conquistate da Dylan, perché tutti abbiamo sognato il campanello di casa urlante come quello del numero 7 di Craven Road, tutti abbiamo pianto con Johnny Freak, tutti ci siamo fatti una capatina al pub con un nostro ispettore Bloch. E non solo. Siamo cresciuti culturalmente perché le continue citazioni letterarie e cinematografiche di ogni albo, le ispirazioni storiche e ambientali hanno infiammato la nostra curiosità di adolescenti e ci hanno fatto conoscere altri mondi, altre epoche, altre dimensioni.
Dylan Dog ha creato un straordinaria condivisione intergenerazionale quando nemmeno il computer era un bene di massa, figurarsi i social network. Ha raccontato ai giovanissimi e ai giovani dell’epoca Londra ben prima che la capitale inglese diventasse il mito pop degli Oasis e di Trainspotting, delle nuove economie e delle tendenze più di grido. Ha formato quei giovanissimi e giovani a una lettura diversa del mondo contemporaneo, della politica, della religione, dell'economia, della comunicazione di massa, dei grandi temi della società.
Per almeno un decennio Dylan Dog è stato fenomeno editoriale (circa 500mila copie vendute), di moda, letterario, grafico. Ha rivoluzionato l’idea di fumetto preparando il terreno, almeno sul versante dei contenuti, alle graphic novel che avrebbero conosciuto nel nuovo millennio un rinnovato entusiasmo del pubblico. Infinite discussioni sulle classifiche degli albi preferite, sulle storie più belle, sui cattivi più sinistramente fascinosi, sulle regine di cuori di Dylan, sul maggiolone, sull’abbinamento tra numero e titolo dell’albo.
Tiziano Sclavi è stato il geniale creatore delle storie e soprattutto del mondo di Dylan Dog, del suo orizzonte morale, dei suoi tic, delle sue paure. Claudio Villa firmò i disegni dei primi numeri da vero fuoriclasse della matita, il curatore editoriale Mauro Marcheselli completò il dream team della prima fantastica stagione dell’indagatore dell’incubo.
Dylan Dog ha creato un immaginario collettivo talmente forte che hanno sostanzialmente fallito le trasposizioni cinematografiche del suo mondo, a parte forse “Dellamorte Dellamore” del 1994, regia di Michele Soavi con Rupert Everett nei panni del nostro (gli somigliava anche perché era ispirato a lui) e Anna Falchi. I film su DyD sono destinati a fallire perché ognuno popola il mondo dell’incubo anche con il proprio immaginario.
Ci permettiamo di riportare in questa sede l’incipit di quel mitico numero 1 “L’alba dei morti viventi”, con uno scritto di Tiziano Sclavi prima delle tavole della storia: "Tritate e mischiate questi ingredienti: un paio di lucertole uccise da poco, un “Bufo marinus” (grosso rospo tropicale), una manciata di ossa umane, un “Puffer fish” (specie di pesce palla), vermi marini e tarantole a piacere… creerete così uno “zombi”…"
Iniziava così, con i più classici dei mostri da incubo, i morti viventi, un’epica a fumetti che avrebbe rovesciato qualsiasi
preconcetto sul genere horror, avrebbe abbattuto gli steccati, avrebbe unito un popolo di giovani e giovanissimi.Che oggi, sfogliando il numero 1 a colori, si guardano indietro e si dicono: sono passati 35 anni, Giuda ballerino!
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