"Io e Francesco Cossiga, vi racconto l'Italia di K"

Mario Bendetto racconta l'eredità del Picconatore: un viaggio nella prima Repubblica e nella Grande Riforma. L'Italia di K è un libro che insegna molto del nostro Paese

"Io e Francesco Cossiga, vi racconto l'Italia di K"

Francesco Cossiga, la Grande Riforma e l'attualità. Mario Benedetto, giovane giornalista membro dell'Aspen Institute ha conosciuto di persona il presidente tanto da considerarsi un "discepolo" e da confezionare un gustosissimo libro, Francesco Cossiga - L'Italia di K (Aliberti Editore, 13 euro) Nell'anniversario della scomparsa del Picconatore, ecco la sua eredità: un confronto serrato tra l'Italia della prima Repubblica e quella contemporanea, tra la figura di Cossiga e quella di Silvio Berlusconi, tra i problemi che portarono al progetto della Grande Riforma e quelli che ancora oggi affiggono l'Italia

Mario Benedetto, la sua opera prima nasce da un incontro...
"Momento particolarmente emozionante, sia per il personaggio che andavo ad incontrare sia per la mia giovanissima età di allora (poco più che ventenne). L’occasione è stata la tesi di laurea che mi preparavo a discutere col professor Gaetano Quagliariello. Credo di aver scelto prima della materia – storia dei partiti politici e dei gruppi di pressione, molto interessante - il professore, che avevo avuto modo di conoscere in ambito accademico e professionale. A livello d’interesse, stavo già infatti orientando – dopo alcune esperienze di stage in Istituzioni ed aziende - la mia attenzione nei confronti del giornalismo. Questo per far capire come la scelta di discutere un tema e un personaggio apparentemente lontani dagli interessi che stavo sviluppando fosse dettata da un’attrazione reale e profonda. Avevo, infatti, in quella fase idee 'palingenetiche' e di grandi cambiamenti – attualmente non abbandonate ma opportunamente canalizzate – e dunque ero affascinato da quanto fosse connesso ad idee di cambiamento e spirito critico. Per questo la scelta del tema delle “riforme istituzionali”. E per questo, inoltre, la scelta di legarlo alla figura di Francesco Cossiga ed ai vari momenti del suo percorso politico ed istituzionale."

Cosa ricorda di Cossiga?
"È una figura dal fascino particolare, l’ho immediatamente associato a quanto volevo trattare perché, al di là di quello che comunemente si pensa a primo impatto, si tratta di un tema che Cossiga ha affrontato non solo da Picconatore ma anche in altre vesti e con altri toni. Ciò che mi affascinava era il senso di libertà delle parole e le emozioni, di consenso o meno, che era capace di suscitare."

Come è avvenuto il vostro faccia a faccia?
"Ho avuto modo di far giungere al presidente un messaggio relativo al lavoro che volevo svolgere. E sono stato contattato per un incontro. Ciò che pensavo inizialmente di trattare era il tema dello 'sdoganamento del Pds' per il quale lui si era battuto e che non comprendevo e condividevo del tutto (facendo parte, tra l’altro, del mio carattere analizzare e misurarmi con ciò che non condivido). Il presidente ha immediatamente elencato una serie di argomenti da trattare e fonti alle quali attingere ed è stato molto complicato far comprendere banalmente il numero limitato di pagine al quale l’elaborato doveva attenersi. E la risposta è stata che non erano sufficienti a trattare il tema. Il presidente allora mi ha consegnato uno scritto, il messaggio sulla Grande Riforma da lui inviato alle Camere nel giugno del 1991. L’argomento già mi sembrava perfetto. Dopo averlo letto ho compreso che si trattava della tematica giusta, visti i contenuti e la forma di quel messaggio, che suggerisco veramente a tutti di leggere. Un messaggio di fortissima attualità, basato sul principio che la riforma prima che politica ed istituzionale deve essere prima di tutto 'morale e civile'. Entrare nelle teste prima che nei palazzi. La chiave di lettura sta nell''approccio culturale', riflessione che credo sia senza dubbio condivisibile."

Come avete impostato il vostro lavoro?
"Ho iniziato il lavoro di consultazione fonti – spesso quelle indicate dal Presidente erano le 'antagoniste' alla sua visione, quindi per questo da ritenersi ancor più degne d’attenzione – e di stesura vera e propria, proseguendo con gli incontri. In questo devo dire il Prof. Quagliariello ha saputo mettermi a mio agio nel lasciare spazio alla presenza del Presidente, che sosteneva di essere contento di poter esercitare la sua attività di “Professore” (qualifica che in effetti aveva guadagnato già poco più che ventenne). Ricordo la grande emozione ed il grande interesse che mi suscitavano tanto lo studio quanto il privilegio di poter poi incontrare personalmente una persona che in queste occasioni dimostrava un’umanità fuori dal comune."

Leggendo "L'Italia di K" continua a emergere il termine "libertà". Quale valore aveva questa parola per Cossiga?
"Credo avesse una centralità assoluta nel suo operato e nel suo pensiero. Certo, parliamo pur sempre di una persona inserita in logiche che a certi livelli comportano un attenzione alla 'diplomazia' e talvolta probabilmente costringono a comportarsi come non si vorrebbe; ma parliamo, al contempo, di una persona che quando ha potuto, credo, abbia sempre dimostrato di amare e rispettare la libertà, per me primo tra i valori e tra gli 'imperativi morali'."

E per lei?
"La libertà credo sia per i giovani il valore da anteporre a qualsiasi altro, alla base di ogni azione e di ogni pensiero. Rispetto per i 'più grandi' e la loro esperienza, ma mai vivere all’ombra di qualcuno, pensando ed agendo nella libertà più ampia possibile."

Nel 1991 Cossiga parlava di una Grande Riforma. Anche oggi si parla di riforme costituzionali. Qualcosa è cambiato?
"Senza dubbio viviamo un’altra realtà, ma a ben vendere – purtroppo – molte esigenze di allora restano esigenze e necessità dei nostri tempi. Cossiga aveva intuito con ampio anticipo quali sarebbero state le criticità che il sistema oggi ci ripropone. Ma soprattutto, come dicevo, aveva individuato l’approccio 'culturale' corretto: prima che politica ed istituzionale, la riforma deve essere civile e morale. Quindi per me riforma e rinnovamento sono identificabili più in un modo di agire e pensare che in un singolo provvedimento."

Quali i punti di contatto tra Cossiga e Berlusconi?
"Due personalità di grandissimo carisma. Credo gli ultimi due veri leader 'carismatici' nell’accezione weberiana del termine."

Cossiga stesso definiva Berlusconi come appartenente al "club dei K" per alcune affinità di pensiero...
"Gli stili ed i contesti di riferimento sono ovviamente molto distanti, ma quello che a mio avviso li accomuna è proprio il carisma. E poi - al di la delle vedute 'di parte' - una naturale simpatia. Sono persone che, pur circondate da una particolare 'aura', sono in grado di porsi con grande spontaneità, mostrando il lato più umano di chi rappresenta un'autorità. Che, a ben vedere, non è del tutto un difetto. Ne parlo, infatti, abbastanza ampiamente nel capitolo dedicato, facendo riferimento alle occasioni d’incontro avute con l’uno e con l’altro. Con Cossiga ho avuto però la possibilità di un dialogo più approfondito e prolungato. Se poi dovessero chiedermi con chi mi piacerebbe dialogare, tra i personaggi contemporanei non solo politici, Berlusconi senza dubbio è tra quelle persone che più mi affascinano ed incuriosiscono. Lascerei però la politica al di fuori del dibattito."

Entrambi grandi comunicatori...
"Due grandi comunicatori, certo, a livello tanto interpersonale quanto 'di massa'. Persone dotate di profondità ed ampiezza di vedute. E di un'(auto)ironia che è senza dubbio indice d’intelligenza. Sbagliando o meno, qualsiasi ruolo si ricopra con la dovuta dedizione, credo sia d’aiuto non prendersi eccessivamente sul serio."

E le differenze?
"Berlusconi poliedrico, Cossiga del tutto uomo di Stato. Cossiga aveva poi dentro di sé “l’omino bianco” (che costruiva) e 'l’omino nero' (che distruggeva), Berlusconi invece credo sia del tutto 'omino bianco'. Che possa questo aiutare o meno, senza dubbio caratterizza una personalità concreta, con doti di ideatore e realizzatore di successi negli ambiti più disparati, di cui i fatti ci parlano. Una personalità, inoltre, ottimista e volitiva, rispetto alla quale vedo 'l’omino nero' (la pars destruens) proiettato al di fuori di sé. Non necessariamente tra i soli 'avversari'."

Durante il suo settennato Cossiga fu soprannominato il "Picconatore": come e cosa cambiò tra gli anni di presidenza "notarile" e quelli successivi?
"Il cambio credo sia tato dettato da una presa di coscienza, descritta da Cossiga stesso, di un sistema che aveva urgente bisogno di una 'scossa'. Cossiga sicuramente lo ha comunicato ed 'esternato'. Nei fatti è stato più complesso realizzarlo, per ragioni non del tutto imputabili alla sua persona ma allo spirito di autoconservazione del sistema stesso. Di cui, a mio parere, ancora oggi restano delle tracce. Quanto oggi sta accadendo affonda le radici proprio in quel tipo di passato.

Alla fine degli anni Settanta sui muri si leggeva il nome di Cossiga con la "k", alla fine degli anni Novanta - grazie all'appoggio di Cossiga - un ex Pci divenne premier: che evoluzione c'è stata in questi vent'anni?
"Cossiga era un convinto democratico, che non disdegnava il decisionismo. E poi portava avanti le idee in cui credeva. La mia prima ipotesi sul tema della tesi riguardava proprio questo aspetto, dato che – come detto – non ne condividevo del tutto le ragioni. Credo che Cossiga non sia mai stato un repressore, ma abbia dovuto prendere delle posizioni nette e difficili nei confronti di certi fenomeni. Credo abbia avuto coraggio a rischiare di essere definito repressore prendendo certe decisioni piuttosto che rinunciare ad agire secondo il suo credo, che tra l’altro ha uno spirito innegabilmente liberale."

Quali sono i suoi progetti futuri?
"Scrivere è per me tanto 'l’abc' del giornalista quanto e soprattutto un’ottima palestra per l’anima. Quindi sicuramente coltivare la scrittura, con rubriche ed un nuovo libro a cui sto pensando, continuando poi ad occuparmi di media ed audiovisivo. A tal proposito, mi fa piacere condividere con voi per primi che il 6 luglio su Radio Uno Rai partirà “Generazione Nova”, programma da me ideato e condotto, dedicato ai giovani ed al dialogo tra generazioni. Dunque, coerente con ciò di cui amo occuparmi."

Di cosa si tratta?
"Sarà un settimanale in diretta tutti i venerdì dalle 12.

35 in cui vorrò dare voce a giovani promesse, giovani che stanno costruendo il loro percorso ed anche a personalità ed ospiti famosi che possano raccontare loro esperienze, raccontandoci il loro impegno a favore dei giovani. Un programma di infotainment, genere che mi appassiona ed è molto nelle mie corde. Che vuole dunque intrattenere, informando con leggerezza."

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