"L'Illusione del Diavolo": la guerra dello scientismo radicale a Dio

Ne "L'Illusione del Diavolo" David Berlinski parla di come lo scientismo militante applichi un dogmatismo, sul tema del trascendente, paragonabile a quella di una religione oltranzista. E ne analizza le conseguenze per la scienza vera.

"L'Illusione del Diavolo": la guerra dello scientismo radicale a Dio

Lo scientismo minaccia la scienza? Galielo viene dimenticato mentre l'establishment scientifico, su diversi temi, detta linee chiare e veri e propri dogmi di fede su questioni ad oggi insondabili, come la teoria delle stringhe? Soprattutto, come mai un'ampia fetta dell'establishment in questione si occupa di dare fondamenta scientifiche all'ateismo e muove una guerra a Dio degna del più forte razionalismo del XVII e XVIII secolo? Questi temi dibattuti segnano profondamente il dibattito culturale odierno. E portano a lasciar pensare che il dogmatismo scientista sia, in fin dei conti, l'unica pietra miliare su cui interpretare la realtà.

David Berlinski si interroga su questi temi ne L'illusione del Diavolo, incisivo trattato in cui mostra come il dogmatismo scientista sia stato promosso, soprattutto, attraverso la propaganda dell'ateismo militante, spesso compita sdoganando l'appoggio a vero e proprio nichilismo, in quanto il pensiero religioso e spirituale è visto come ontologicamente nemico della scienza. Come se la religione scientista dovesse essere l'unico vero culto al posto della religione vissuta come atto di fede e devozione. Berlinski appare in quest'ottica insospettabile nella sua disamina. Ebreo laico, dichiaratamente agnostico, ha una formazione scientifica e filosofica, si è formato all'Università di Princeton e ha svolto ricerca alla Columbia University, per poi insegnare Filosofia e Matematica in diversi atenei (da Stanford alla Sorbona di Parigi). Pensatore cosmopolita e dinamico, si trova in aperta polemica con chi, nel mondo scientifico, fa della professione d'ateismo e della lotta all'idea di Dio un presupposto per esercitare correttamente le professioni e acquisire visibilità extra-accademica. La polemica è soprattutto col biologo Richard Dawkins, autore di studi che cercano di mostrare, scientificamente, l'inesistenza di Dio.

Quella di Berlinski non è una guerra alla scienza, anzi, è una guerra per la scienza. Per il metodo scientifico e la reale ricerca oltre "l'ipotesi secondo cui non siamo altro che accidenti cosmici", vero e proprio "articolo della Fede" di autori come Dawkins, Jacques Monord, Steven Weinberg. Berlinski riconosce che grandi pensatori del passato, da Kenneth Miller, importante biologo darwiniano, a Francis Collins, direttore del progetto "Genoma Umano", hanno ricordato come l'idea religiosa fosse da loro studiata in forma non unicamente militante. E "Stephen Jay Gould, tra i massimi studiosi dell'evoluzione", ha dichiarato che "scienza e religione costituiscono due magisteri che non si accavallano tra di loro". Per tacere della posizione di Albert Einstein sul tema o dei grandi dubbi ontologici emersi sulla scia dei primi esperimenti atomici nel cuore di chi, come Robert Oppenheimer, direttore del Progetto Manhattan, si trovò turbato dal portato distruttivo della loro ricerca.

L'idea che un altro sistema di pensiero possa confrontarsi con il loro è, per Berlinski, il vero problema di molti scienziati moderni. "L'attacco al pensiero religioso" e la ridicolizzazione della sua visione del mondo teleologica e trascendente "segna l'odierno consolidamento dello scientismo" come l'unico sistema di credenze "in cui gli uomini e le donne razionali potrebbero trovare la loro fede, se non proprio la Fede, perlomeno la devozione". Da qui la tendenza a risolvere i problemi irriducibili (teoria generale, fisica quantistica, studio del cervello umano) in cui ancora ci sarebbe da scoprire, dunque da applicare sano metodo scientifico, con narrative. Perfino la stessa teoria del Big Bang si trova di fronte a un margine di aleatorietà crescente mano a mano che si avvicina al momento-zero dell'evento che avrebbe dato origine al tempo e allo spazio: essa descrive con grande accuratezza l'evoluzione dell'universo da un punto preciso del tempo e dello spazioa doggi, non dà risposte definitive sul tempo e lo spazio. E solo alimentando il dubbio, ovvero lo studio sistemico, si potrà scoprire e capire. Berlinski, da agnostico, invita a non ridicolizzare nessuna ipotesi, nemmeno quella che nella scienza fonda il cosiddetto principio antropico o l'idea del Disegno Intelligente. Invita a seguire la lezione del teologo islamico Al-Ghazali, per il quale è spesso stata messa in dubbio la capacità di "un organo finito e limitato come il cervello umano" di "guardare dentro il cuore profondo della materia e della matematica". Opzione ancor più improbabile quando si fa riferimento a macchine e algoritmi che del cervello umano sono, con vari gradienti, una derivata.

La tesi di fondo del pensiero di Berlinski è che ogni narrativa assolutista vada scartata: tanto una religione oscurantista quanto una scienza abbagliante impediscono all’uomo di vedere con i propri occhi, distogliendolo dalla curiosità e dall'utilizzo dell'ingegno e delle facoltà razionali. Entrambe anelano ad una ricerca della verità che passa attraverso la presunzione di possederla già in partenza. L'importanza sociale della scienza impone oggigiorno di rifiutare il dogmatismo di chi preferisce il dominio dei paradigmi e delle narrazioni e usa l'ateismo militante come forma di propaganda di una nuova religione, quella di una Scienza venduta come monolitica e non aperta ai dubbi della sua stessa comunità. Una scienza è tale se, e solo se, opera secondo un metodo induttivo-deduttivo, che passa per osservazioni dei fenomeni e costruzione di ipotesi. Si parte da una necessaria induzione, tramite osservazioni e costruzione di formule, ma si deduce necessariamente tramite un esperimento. Nel momento in cui tutto questo metodo viene meno, si crea uno sfasamento pericoloso, specie se la modellistica prevale sulla sperimentazione reale.

Vale per tutti un aneddoto raccontato dialogando con l'autore da Valerio Grassi, fisico italiano a lungo nel team del Cern di Ginevra: "ho letto di un ricercatore, che affermava di poter predire un buco nero nel grafene. Lo puoi vedere? No, però le equazioni sono belle e ordinate. Chiaramente queste cose senza senso generano titoli sui giornali, elevano i loro interpreti a sommi sacerdoti, diffondono nel grande pubblico concetti a loro modo affascinanti. Ma la realtà dov’è? Sembra quasi ci sia stato un divorzio col metodo della ricerca tradizionale. Rinnegare il proprio archetipo, nella nostra disciplina, è pericoloso". Quasi come se il mondo fosse un sillogismo, parafrasando Hegel: tutto ciò che è razionalizzabile è reale, tutto ciò che è reale è razionalizzabile. La situazione è evidentemente un po' più complessa e ha a che fare con l'anelito umano a scoprire, esplorare e conoscere. Fatti che non hanno alcuna incoerenza con la volontà di ricercare il senso profondo dell'esistenza e di capire il proprio ruolo nel creato. In cui scienza e religione possono coesistere.

Ne era conscio anche Galileo, per il quale, in fin dei conti, tutto si teneva e "la matematica è l’alfabeto nel quale Dio ha scritto l’universo". Una visione profonda e dinamica spesso negata da chi, con l'arma dell'ateismo militante, vuole sostituire alla scienza lo scientismo.

L'illusione del diavolo

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