María Zambrano tra amicizie, profezie e inquisitori

María Zambrano è una grande figura intellettuale del Novecento per la modernità di opere come L'agonia dell'Europa (1945), Spagna, sogno e verità (1965), La tomba di Antigone (1967) e delle raccolte postume I sogni e il tempo e Chiari del bosco, frutto di un'indagine tesa alla conquista della parola primigenia, primo embrione della comunicazione capace di trascendere ogni scienza. Una riflessione durata un'intera vita, in gran parte trascorsa in solitudine, poiché la scrittrice, nata nel 1904, a causa dell'opposizione al regime franchista abbandona la Spagna alla fine della guerra civile e vi rientra nell'84, dopo quasi cinquant'anni di esilio, di cui dieci trascorsi a Roma.
In questo periodo sono nati incontri con figure quali Albert Camus, René Char, Octavio Paz che hanno lasciato ricche testimonianze e numerosi carteggi. L'editore Moretti&Vitali ha riservato alla corrispondenza della scrittrice una collana di testi, di cui ora esce il terzo volume: María Zambrano, Edison Simons. La nostra patria segreta (pagg. 257, euro 16). Simons è un giovane poeta, traduttore e pittore il quale nel '77 entra in contatto con María e le chiede aiuto per pubblicare il testo dei sogni profetici di Lucrecia de León (una fanciulla di umili origini e analfabeta vissuta alla corte di Filippo II) e commentare le carte del processo inquisitoriale cui la giovane fu sottoposta. Il tema del sogno e del sognare (di cui il libro offre nell'Appendice un saggio inedito della Zambrano), oltre alla vicenda di Lucrecia, giustifica l'attenzione della filosofa. E la lettura dell'epistolario lascia intravedere un legame spirituale che va oltre la guida letteraria offerta dall'anziana scrittrice. Accanto alla presenza del poeta Ángel Valente, troviamo ricordi di amici lontani; oppure, come nell'esordio della lettera del 31 marzo-1 aprile '80, leggiamo quest'amara confessione di María: «Caro Edi, di me rimane, sí, qualcosa: un voluminoso fagotto di fatica e, quasi separato da esso, un pensiero soggetto a quel peso, invece di essere sostenuto da esso».


Il carteggio è intriso di pensieri e giudizi letterari che riguardano testi in preparazione, autori, riviste, ma su tutto aleggia la presenza della morte. María dialoga con la sua immagine senza mai invocarla. Poiché, scrive, è lei che sceglie di venire, sciogliendo «quel nodo che non ci lascia vivere veramente».

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