“McLuhan non abita più qui?"

Alberto Contri, pubblicitario e direttore creativo, analizza in un libro come il web e l’interattività stanno cambiando la comunicazione, la pubblicità e l’informazione. Una transizione profonda verso l’era in cui è la gente stessa a farsi messaggio

“McLuhan non abita più qui?"

C’erano una volta espressioni come espressioni come «villaggio globale» e «il medium è il messaggio». Intuizioni firmate Marshall McLuhan mezzo secolo fa. Da allora il pensiero del massmediologo e sociologo canadese che aveva previsto la rivoluzione digitale è rimasto più che attuale, ma con l’avvento dei social network quei meccanismi della comunicazione hanno subito una evoluzione o forse una inversione.Una indagine a tutto tondo sull’irruzione del web nelle nostre vite e sull’evoluzione di questi slogan viene oggi sviluppata da Alberto Contri - una vita nella Comunicazione come pubblicitario ad altissimo livello, una esperienza nel cda Rai e come amministratore delegato di Rai Net, da molti anni presidente di Pubblicità e Progresso – con il suo libro «McLuhan non abita più qui» (Edizioni Bollari Boringhieri, con prefazione di Derrick De Kerckhove). Un volume che analizza «i nuovi scenari della comunicazione nell’era della costante attenzione parziale», ovvero gli effetti che il sovraccarico di compiti a cui l’iper-virtualità e la connessione permanente a smartphone e tablet produce sul nostro cervello, ma anche le difficoltà che i comunicatori e i copywriter pubblicitari mostrano di fronte a una capacità di soffermarsi e farsi intrigare da un messaggio che è sempre più ristretta, veloce e sfuggente.Contri parte, innanzitutto, da un aggiornamento dell’adagio di McLuhan. Se prima lo slogan era «the medium is the message» (il medium è il messaggio) oggi è più corretto modificarlo in «the people is the message», perché il vettore va da «tutti a tutti», grazie all’interattività. Uno spostamento di paradigma che sta cambiando la logica della pubblicità (o almeno dovrebbe farlo visto che Contri denuncia proprio l’arretratezza di tante campagne che si vedono in Italia, incapaci di cogliere lo spirito dei tempi, a fronte di idee creative e «virali» che si trovano in giro per il mondo e che lui ha studiato, «smontato», spiegato e analizzato con grande sagacia). Il problema è che se la tecnologia è un supporto e un’opportunità, senza idee forti arriva il rumore di fondo, non il messaggio. E una buona realizzazione, spiega, non potrà mai salvare una cattiva idea, citando un manifesto dell’Art Directors Club di New York.Contri, grazie al suo eclettismo mentale e culturale e alla velocità mentale del vecchio pubblicitario, attinge al bacino delle sue esperienze e dispensa consigli utili a chi si muove nel campo della comunicazione, ma anche a chi vuole semplicemente comprendere cosa sta accadendo alla nostra percezione. I nostri neuroni, in sostanza, sono iperstimolati e rispondono come possono, con una costante attenzione parziale, deleteria per la concentrazione.

«Si vive per frammenti, incamerando frammenti e restituendo coriandoli. Il paradigma della superficialità. Siamo assediati da oltre un miliardo di siti. Il dovere del comunicatore è ora di rimettere in sesto il tempo, restituendolo alle persone».

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