Meglio un Duran Duran dei soliti bestselleristi

Niente sociologia ma tanta società anni Ottanta: nel libro di John Taylor, bassista del celebre gruppo, ascesa e declino di un sogno. E di un mondo

Meglio un Duran Duran dei soliti bestselleristi

Senza nulla togliere all'editore Arcana, anzi sia detto a sua maggior gloria: se la autobiografia di John Taylor, bassista dei Duran Duran, fosse stata pubblicata da una collana per fighetti tipo Einaudi Stile Libero, sarebbe già in classifica osannata dalla critica e paragonata a Open del tennista Andre Agassi. Infatti Nel ritmo del piacere (pagg. 334, euro 18,50; con la collaborazione di Tom Sykes) non è solo come promette (e mantiene) il sottotitolo Amore, morte e Duran Duran, ma anche un minitrattato di sociologia sugli anni Ottanta, col doppio vantaggio di essere appunto «mini» e di non essere stato scritto da un sociologo, e quindi di essere divertente. Sarebbe già moltissimo ma non è neanche tutto qui: infatti se cercate una descrizione toccante ma priva di retorica della classe operaia inglese, non avete che da leggere i primi capitoli di questo volume. Francamente, lo scrivo da fan di Loach, sono molto meglio degli ultimi film di Ken il rosso; al Film Festival di Torino potevano invitare direttamente John Taylor, mostrare il kitschissimo video di Wild Boys ispirato a William Burroughs e risparmiarsi (forse) una valanga di polemiche.
In poche ma consapevoli e lucide pagine, l'ex punk John Taylor, cresciuto a pane e Sex Pistols in quel di Birmingham, fotografa il passaggio da un'epoca all'altra. L'individualismo nichilista proposto da Johnny Rotten e compagnia borchiata è giunto su un binario morto. A fine anni Settanta è diventato ripetitivo e borioso. Ai concerti non c'è più ribellione ma violenza fine a se stessa. I ragazzi cominciano a guardarsi intorno in cerca di qualcosa di nuovo. Quelli di provincia e provenienti dalla working class, come John, non capiscono poi cosa ci sia di male nel guadagnare una montagna di soldi e salire qualche gradino della scala sociale. L'individualismo assume un valore tutto positivo: «Non più “no future”. Il futuro era stato ripristinato. Il messaggio dei Sex Pistols era già antico. (...) Il nichilismo, che stava alla base del punk-rock, era stato sostituito da qualcosa di altrettanto forte, se non più stimolante: la voglia di vincere, di avere successo e trionfare. Una donna (Margaret Thatcher, ndr) fu eletta Primo ministro del Regno Unito». Sono gli albori degli anni Ottanta. I primi segni del cambiamento? Il glamour, la fine del machismo punk, nelle Midlands inglesi arrivano Gucci e Fiorucci, i caratteri tipografici Kidnapper e Ink Splatters cedono il passo a font come Avant Garde e Helvetica. Anche la musica cambia, via i chitarroni, dentro i sintetizzatori, via i ritmi marziali, dentro il groove della disco.
I Duran Duran colgono le novità e in pochi mesi le assecondano, diventando all'istante, o quasi, i simboli di un'epoca. Il primo singolo, Planet Earth, è un inno alla gioventù e alla voglia di vivere. Botto immediato. Accanto a legioni di fan che vogliono sposare Simon Le Bon, i Duran conquistano anche una legione di giornalisti «duri e puri» che li disprezzano. John, colpito e offeso, reagisce con una zampata: in fondo quella è gente da scuola d'arte (vedi alla voce snobboni radical chic). Lui invece viene da un quartiere povero di una città operaia e non finge di disprezzare i soldi. Ha potuto fare il musicista grazie ai salti mortali dei genitori a cui sono dedicate le pagine iniziali del libro. Uno degli episodi chiave è il matrimonio dei signori Taylor: «Nelle loro comunità, la loro relazione era il simbolo della sopravvivenza, in risposta alla guerra. Due famiglie della classe operaia che concedevano i loro figli più giovani, per un matrimonio che avrebbe reso orgogliose molte persone. I 42 invitati al matrimonio vivevano tutti a poche miglia di distanza l'uno dall'altro. Quando avevo dieci anni, quasi tutti loro erano parte della mia vita. Erano il tessuto sociale che mi stava formando. Persone buone, oneste e amabili. Crebbi nel loro amore, dando loro in cambio il mio. Un amore incondizionato e privo di giudizi. In qualche modo, il matrimonio dei miei genitori rappresenta l'apice della vita famigliare nella classe operaia inglese».
Naturalmente, essere il simbolo di un'epoca ha anche il suo lato negativo. Taylor lega il declino della band al Live Aid, un evento che fece invecchiare di colpo i gruppi che non cantavano per l'Amazzonia (e la pecunia). Nel 1984 i Duran Duran erano il centro del mondo. Nel 1985 non se li filava nessuno. Qui inizia una serie quasi incredibile di resurrezioni e ricadute nell'anonimato. A un certo punto, i Duran Duran, ex milionari, vengono pagati a mese dalla casa discografica che vorrebbe tanto scaricarli. E John si trova a fare tournée soliste sulla West Coast suonando davanti a otto spettatori. In mezzo c'è anche una storia di pesanti abusi di droghe varie con contorno di drammatiche conseguenze sul piano umano: le modelle vanno e vengono, la cocaina e l'alcol invece restano, prima di essere sostituite dall'ecstasy in anni in cui nessuno ancora sapeva cosa fosse. La vita di John si trasforma in un capitolo di Paura e delirio a Las Vegas di Hunter S.

Thompson, fino a quando il bassista non dice basta e si rifugia in un rehab, mostrandosi un precursore dei tempi anche in questo.
Dopo Open di Agassi (Einaudi Stile libero) e Io, Ibra (Rizzoli) di Ibrahimovic, la romanzeria media si fa umiliare anche da questa autobiografia.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica