Cieli del Libano, ottobre 1986. Un cacciabombardiere Phantom F-4 appartenente al 69° Squadron della Forza Aerea Israeliana taglia il cielo, rapido come una freccia. L'ennesima freccia nell'arco dello Stato Ebraico fabbricata in America e importata per combattere i nemici che montano da tre punti cardinali su quattro, da oltre 30 anni, lasciando sguarnito solo il fronte del mare: dove non si scorge mai battaglia.
La sua missione, come quelle degli altri cacciabombardieri che seguono la stessa rotta, è colpire obiettivi militari dell'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) individuati in territorio libanese: questa volta nell'area di Sidone. A bordo del velivolo biposto con la sua inconfondibile livrea mimetica e le coccarde con la stella di Davide, il pilota Yeshi Aviram e il pilota/ufficiale navigatore Ron Arad.
Quando sono sul loro obiettivo, il munizionamento aria-superficie (forse missili tattici Agm-65 Maverik) da sganciare sui bersagli, a causa di un guasto tecnico provoca un'esplosione in volo che raggiunge e danneggia il velivolo. Sia Arad che Arivam riescono a tirare la leva ed eiettarsi in tempo. Le due piccole calotte - che sul Phantom sono separate - si spalancano e volano via, e i razzi dei due seggiolini eiettabili sparano fuori pilota e navigatore che in breve si ritrovano a dondolare nel vento, appesi ai loro paracadute. Lenti scendono "dietro le linee nemiche" - come in quel film che forse avrete visto, Behind enemy lines. Aviram, il pilota, verrà subito individuato dagli elicotteri decollati per le operazioni di salvataggio. Trattandosi di elicotteri da combattimento AH-1 "Cobra", viene esfiltrato quasi certamente attraverso la pratica del "Buddy Rescue", alias il pilota aggrappato ai pattini del Cobra.
Arad, che al tempo aveva il grado di capitano, atterrerà su un altro versante del territorio nemico. Catturato dalla milizia sciita Amal (Movimento dei diseredati, ndr) che potrà decidere se giustiziarlo, o torturarlo per estorcergli informazioni e poi farne merce di scambio.
Morto e disperso in territorio nemico
Secondo le poche informazioni ottenute dall'intelligence israeliana, Ron Arad avrebbe toccato terra vivo. E dopo essere stato fatto prigioniero dai miliziani sciiti, trasferito a Beirut per essere consegnato nelle mani di Mustafa Dirani, comandante dei "diseredati". Sarà il politico libanese Nabih Berri ad annunciare che il pilota israeliano è stato catturato e rilasciato in cambio della liberazione di prigionieri sciiti e libanesi trattenuti in Israele. Tre lettere scritte di suo pugno e una fotografia che ritrae il giovane pilota, atteso a casa da una moglie e una figlia, sono consegnate al personale della Croce Rossa Internazionale. Alla quale non viene tuttavia concesso di incontrare e visitare il prigioniero.
I negoziati per la liberazione - si parla di 200 prigionieri libanesi e 450 palestinesi, oltre all'esborso da parte di Israele di 3 milioni di dollari - non troveranno alcun accordo. Nel settembre del 1987 ogni contatto con il prigioniero e con la milizia si interrompe. Il pilota passa in mano ad altre milizie sciita, e secondo informazioni ottenute solo in un secondo momento, trasferito in Iran. Del destino di Ron Arad non si sa nulla per anni. Nel 1988 ogni sua traccia viene persa. Ron sembra essere risucchiato dal deserto. Forse è morto (alcuni diranno tra il 1995 e il 1997) in seguito ai traumi riportati durante le sessioni di tortura che vengono spesso riservate ai piloti nemici. Forse è stato nascosto in qualche remota prigione, destinato a trascorrervi la fine dei suoi giorni. Nel frattempo Israele lo ha promosso al grado di tenente colonnello.
Le rivelazioni di Hezbollah e l’oro offerto da Israele
Nel 2006, il leader del gruppo libanese Hezbollah affermò che Ron Arad era scomparso. Probabilmente era morto, sebbene non potesse in alcun modo fornirne prova. Lo "sceicco" Hassan Nasrallah si dichiarò disposto ad intavolare uno scambio di prigionieri con Israele - l'ennesimo - se avesse ottenuto informazioni sul destino dell'aviatore scomparso. Sia nel caso fosse stato ancora in vita, sia nel caso fosse morto. Israele tradizionalmente non permette che un proprio soldato sia distante dalla propria terra anche se caduto, e le spoglie devono tornare in patria. Sempre. Era comunque la prima occasione in cui Hezbollah dichiarava esplicitamente di "non conoscere il destino di Arad".
Secondo il Mossad, Ron Arad è stato catturato e detenuto per un tempo determinato, forse fino al 1988, in territorio libanese. Poi probabilmente è stato trasferito altrove. Forse in Siria o Iran. Secondo Nasrallah invece, Arad poteva aver tentato la fuga nel maggio di quello stesso anno. Ma era finito col perdere la vita tra le scarpate delle montagne a lui sconosciute, che circondavano un non meglio precisato luogo di prigionia. Secondo altre fonti, questa sorte si sarebbe compiuta nella valle della Bekaa, dove era controllato dal clan Shukur in una prigione poco fuori il villaggio di Nabi Shith. Nessuno, in ogni caso, aveva mai trovato o dato notizia del rinvenimento dei suoi resti mortali. Nemmeno i servizi segreti sovietici, che pure potevano trarre profitto da questo genere di informazioni, avevano trovato informazioni a riguardo. Dei frammenti ossei consegnati da un gruppo libanese nel 2004, analizzati dagli scienziati forensi israeliani, non diedero i risultati sperati. La versione dello sceicco, tuttavia, non ha mai convinto gli israeliani. In particolare la famiglia del pilota scomparso, che all'epoca dei fatti appena narrati, avrebbe compiuto 48 anni. Venti dei quali trascorsi in stato di prigionia.
A nulla era valsa l’offerta della lauta ricompensa di dieci milioni di dollari per qualsiasi informazione attendibile sul destino del pilota scomparso. Neanche il tentativo di tirare in ballo la vicenda durante la negoziazione per la liberazione di Samir al-Qantar, un sicario libanese colpevole di un attentato in Galilea, era servita a nulla. Un dossier del Mossad redatto nel 2016 lo supponeva morto già nel 1988.
Il Mossad non si arrende
Come è valso per le spoglie della celebre spia israeliana Eli Cohen, i servizi segreti israeliani non hanno mai interrotto le ricerche per riportare in patria il loro pilota. Vivo o morto. Secondo recenti dichiarazione fatte dal primo ministro Naftali Bennett, sono state compiute “azioni coraggiose” per fare luce una volta per tutte su quello che ormai può essere considerato come uno misteri più longevi nel Paese. Bennett ha affermato che non poteva condividere ulteriori informazioni con la Knesset.
Queste parole non si limitano agli eventi resi noti nel 2003 dall’allora premier Ariel Sharon, che parlò della morte in azione di un agente del Mossad avvenuta durante il tentativo di “portare indietro Arad”. Si parla di informazioni ottenute da alcuni funzionari iraniani "scappati" in occidente, i quali riportarono la notizia che il pilota scomparso fosse ancora vivo, detenuto nelle vicinanze di Teheran. Ma vi sono ulteriori notizie su altri tentativi da parte di spie del Mossad di ottenere informazioni in Iran o nelle zone controllate da Hezbollah. "L'operazione coraggiosa, audace e complessa", confermata dallo stesso capo del servizio d'intelligence israeliano David Barnea, ha avuto luogo. Ma come da lui stesso affermato, si è conclusa in un fallimento. Sebbene le due fonti e diversi funzionari siano in evidente disaccordo sull'esito di quella che è comunque stata definita un'importante operazione di spionaggio.
Messa al corrente dell'ulteriore sforzo da parte degli uomini e delle donne del Mossad nella ricerca del pilota scomparso, la famiglia Arad ha espresso ancora una volta la speranza di conoscere "forse, un giorno, qual è
stato il destino di Ron". In Israele intanto, durante la marcia che si tiene ogni anno in ricordo del pilota, nelle strade risuona la canzone composta da Ehud Manor: "Noi, Ron, non abbandoniamo un amico".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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