La poetica di Pino Caminiti tra Virgilio, Orazio e Catullo

Nel libro "Ritorneranno" canti brevi dedicati a persone amate, ricordi, poesie originali e inserzioni saggistiche. Che raccontano l'umanità e il talento di un autore scomparso troppo presto

La poetica di Pino Caminiti tra Virgilio, Orazio e Catullo

Canzoni d’amore o antiche odi latine? Non è più solo appannaggio degli studenti (alle prese con piccole note a fondo pagina) e di critici con rigorosa formazione classica, l’eredità di poeti come Orazio, Virgilio, Catullo e Lucrezio. O meglio, anche qualche palato addestrato e autorevole ha sostenuto che «le traduzioni italiane di Pino Caminiti sono le migliori mai scritte di quei poeti»: lo troviamo già nella quarta di copertina, tra gli altri, un classicista e cattedratico di lungo corso come Raffaele Sirri. Ma le melodie che scorrono in italiano, nel volume Ritorneranno (di Pino Caminiti, Le trame di Circe Edizioni) stanno conquistando anche il pubblico più giovane. Un mondo, quello di Catullo e la sua Lesbia, di Orazio e le sue esortazioni a «cogliere l’attimo» e la vita, emancipandosi dal rimpianto e tornando alla curiosità del profondo e alla coscienza di sé, che sembra quanto mai attuale. Un invito alla fiducia nella bellezza, nella sintesi, nella pace che solo la grande poesia sa dare, quella di Caminiti in questo volume postumo: un libro che ne racchiude tre. Due sono brevi raccolte di poesie originali dello scrittore (1948-2018), pubblicate agli inizi degli anni Novanta: versi sciolti e armoniosi di materia spirituale, intima; canti brevi dedicati a persone amate, ricordi, e perfino un inno tutto personale alla squadra calcistica della sua città, a un «colore amaranto» che, tra il prato e gli spalti, celebra il microcosmo di provincia e l’universalità del cambiamento di anime e strade, persone e cose, nel corso di vent’anni: sotto «un cielo ricolmo d’azzurro» che è il coro sempre uguale dell’amicizia e delle radici affettive. Degli occhi che ci hanno visto vivere quando potevamo essere ancora tutto o nulla: del gioco di squadra come prima applicazione alle strategie e alle gioie dell’esperienza umana. Le radici sono in effetti il filo robusto che compatta le traduzioni autoriali dal latino (l’ultima delle tre plaquette di Caminiti riproposte in Ritorneranno), le poesie originali e le inserzioni saggistiche dell’autore. Già insegnante di lettere antiche, maestro di generazioni e a sua volta erede del professore e studioso Carmelo Restifo (autore di un manuale di lingua greca per Le Monnier), Caminiti compone in prosa il suo invito alla libertà dalle ideologie, se di arte si intende scrivere e vivere: «È da ritenere priva di senso – dice Caminiti - la distinzione fra poesia “impegnata” e poesia della rinuncia. Anzi, pur con qualche doverosa eccezione, bisogna riconoscere che gli esiti più alti sono in genere raggiunti da quegli autori che non si muovono sul terreno dell’impegno ideologico». Una voce coraggiosa, delicata, fuori dal coro.

E, a proposito di impegno, notevole è stato il suo nel riprodurre in lingua italiana la musicalità dei poeti che, in qualità di professore, insegnava ai ragazzi a leggere in metrica severa: adesso simili ad accordi su uno spartito nella nostra lingua di oggi. E densi di messaggi destinati a non cambiare, a non sbiadire mai.

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