Quell'agosto caldo che cambiò il mondo

Agosto 1980. Mentre il mondo è distratto da altri eventi - in Italia è l'estate del tragico attentato alla stazione di Bologna, in Cina l'assemblea del popolo decreterà la fine dell'era maoista... - nei una serie di scioperi. Non si tratta di una normale dinamica sindacale.

Quell'agosto caldo che cambiò il mondo

Agosto 1980. Mentre il mondo è distratto da altri eventi - in Italia è l'estate del tragico attentato alla stazione di Bologna, in Cina l'assemblea del popolo decreterà la fine dell'era maoista... - nei una serie di scioperi. Non si tratta di una normale dinamica sindacale. In Polonia, dove i sindacati sono gestiti dallo Stato e sono soltanto un'altra delle numerose estensioni del regime comunista spalleggiato da Mosca, sciopero fa immediatamente rima con rivolta.
Quelli di Danzica non sono i primi scioperi dell'estate calda polacca di quarant'anni fa. L'1 luglio avevano iniziato le officine Ursus di Varsavia, seguite a ruota dalle fabbriche di Tczew. Poi le proteste operaie si erano diffuse in tutto il Paese. Perché? L'economia polacca oscilla fra stagnazione ed esportazione di prodotti fatte senza alcun riguardo per gli effetti sul mercato interno. Così il prezzo della carne è schizzato alle stelle e gli operai non riescono più a mantenere le loro famiglie.
Il regime ha già avuto a che fare con due movimenti di rivolta, quello del 1956 a sostegno del tentativo riformista ungherese, stroncato brutalmente, e quello prettamente operaio del 1970, represso al prezzo di una quarantina di operai uccisi. Ecco che allora si prova a riportare tutto nei binari, cercando di giocare tutto sul piano degli aumenti salariali e di qualche concessione per quanto riguarda un miglior approvvigionamento alimentare. Ma è proprio a Danzica a metà agosto che questa strategia si rivela perdente. Come spiega bene un libro appena uscito e corredato di uno spettacolare apparato fotografico: Il tamburo di lotta. Polonia, la parabola di Solidarnosc di Giovanni Giovannetti (Effigie, pagg. 278, euro 15).
Gli operai si rifiutano di abbandonare i cantieri. Non era affatto scontato. Lo stesso Lech Walesa che diventerà leader del sindacato rivelatosi poi la spina nel fianco del regime, il 16 agosto, firmato un accordo ai cantieri Lenin di Danzica (revoca dei licenziamenti, aumento del salario e più libertà di sciopero) sembra essere incline al tutti a casa. Ma molti a casa non ci vanno e il Kor, il Comitato (clandestino) di difesa degli operai, capisce che questa volta possiede carte migliori da giocare. E così, come racconta nel dettaglio Giovannetti, il quale seguì tutta la vicenda da fotoreporter, gli scioperi continuano. Viene elaborata una bozza in 21 punti, sottoposta al governo, e contemporaneamente si prepara il bollettino Solidarnosc, il cui primo numero lascia il ciclostile il 23 agosto e continuerà a fare controinformazione per tutta la rivolta.
Il Partito è costretto a trattare anche perché, per la prima volta, il popolo polacco non è solo, può contare su un nuovo e potente alleato, che non è costretto ad attenersi strettamente alla logica dei blocchi della Guerra fredda. Il 16 ottobre 1978 è salito al soglio pontificio Karol Wojtyla (1920-2005) che si impegna, come nessun altro pontefice avrebbe saputo fare, in difesa dei diritti calpestati del suo popolo. Il governo è costretto a spedire i suoi emissari ai cantieri Lenin per firmare un accordo. È il 31 agosto. Sembra che nel Paese si stia facendo strada un percorso di libertà. Nei mesi a seguire il sindacato, fondato il 17 settembre e chiamato proprio Solidarnosc, raggiunge i 10 milioni di iscritti: quasi un quarto della popolazione.
Il percorso di libertà si interrompe, però, brutalmente nel dicembre del 1981. Il generale Wojciech Jaruzelski prende il potere, ponendosi a capo del Consiglio Militare di Salvezza Nazionale. Solidarnosc fu ufficialmente sciolto e Walesa arrestato, il Paese fu oggetto di una brutale repressione, che Jaruzelski ha sempre motivato con il rischio di una imminente invasione sovietica che avrebbe fatto ben di peggio.
Ma ormai il processo di caduta della cortina di ferro era diventato irresistibile. E un grosso colpo al sistema di potere sovietico era arrivato proprio dalla Polonia. La cui storia poi, va ricordato, non è stata politicamente facile.

E un altro pregio del libro di Giovannetti consiste nel fatto che, raccogliendo le testimonianze di molti di coloro che portarono avanti le lotte del 1980 - Zenon Kwoka, Anna Walentynowicz e Jerzy Michalski tra gli altri - le affianca al loro giudizio, spesso amaro, anche sul dopo. Facendo capire quanto la libertà sia bellissima, ma mai facile e mai definitiva.

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