«State attenti alla Seconda Repubblica, potrebbe essere peggiore della prima» - era l'avvertimento premonitore di Giovanni Sartori al tornante dell'anno 1994, quando cioè eravamo ancora solo agli annunci. Non è facile capire se la sua fosse la previsione ragionata di un consumato studioso delle democrazie o semplicemente la sconsolata aspettativa di chi conosce di che pasta è fatta la politica italiana e di quali delusioni è capace. Certo è che nel paese si respirava tutt'altra aria. C'era la convinzione generalizzata di essere in presenza di una rivoluzione in cammino: dopo la «repubblica dei partiti» sarebbe arrivata finalmente la «repubblica dei cittadini», dopo la «democrazia bloccata» la «democrazia compiuta». Quanto al destino complessivo del Paese, nessuno dubitava che, tolta di mezzo una partitocrazia famelica, avida di tangenti miliardarie, l'Italia avrebbe ripreso di slancio la corsa che tra alti e bassi ci aveva accompagnato dal dopoguerra.
A vent'anni di distanza scopriamo che la democrazia non si è affatto compiuta, che la corruzione non è stata per nulla debellata, che la crescita si è addirittura rivoltata in recessione. Ce n'è abbastanza per indurci a rivolgere il nostro sguardo all'indietro per cercar di capire cosa non ha funzionato. Se fino a ieri pensavamo di vivere in una fase di transizione, visto che la fantomatica Seconda Repubblica tardava ad arrivare, oggi cominciamo a temere che il nostro sia stato solo un tragico abbaglio.
Ci vengono in soccorso ora Simona Colarizi e Marco Gervasoni con uno studio che è la prima Storia della Seconda Repubblica 1989-2011 (Laterza, pagg. 269, euro 18). Per quanto gli autori, da seri studiosi quali sono, non azzardino prematuri giudizi di merito sul senso da attribuire alla tormentata vicenda politica di questo ultimo ventennio e si attengano doverosamente ad un suo accurato esame ravvicinato, almeno nel titolo (La tela di Penelope) una suggestione rischiano di lanciarla. La famosa metafora della moglie di Ulisse, che attende alla tela di giorno e la notte la disfa per non essere costretta ad una scelta che rifiuta, induce a pensare che ci sia stato sì un cantiere aperto, ma che la Seconda Repubblica non abbia mai visto la luce perché c'era qualcuno che di notte disfaceva la tela tessuta di giorno. Non è questa, però, la prospettiva che orienta la narrazione di Colarizi e Gervasoni.
Aderendo alla norma che per fare storia bisogna anzitutto raccontarla, i due storici si sono preoccupati di seguire passo dopo passo la dinamica politica di questa fase, senza cedere alla tentazione di offrire al lettore una risposta esaustiva e definitiva ai tanti interrogativi che solleva la vicenda di questi anni. Questo non significa che la loro narrazione sia asettica o che sfugga al compito di evidenziare comportamenti, scelte e processi che hanno segnato il percorso e alla fine hanno impedito una positiva realizzazione delle attese nutrite. Emergono innanzitutto «la lentezza, le oscillazioni, lo sbandamento e la esasperata conflittualità» della nuova classe politica. Segue l'incertezza del suo progetto, iniziato con una peraltro pasticciata riforma elettorale e mai culminato in una coerente riforma delle istituzioni. Si continua con il calcolo sbagliato delle forze di centrosinistra di «poter continuare a governare sul solco del passato», senza mai uscire da un «limbo confuso di suggestioni laburiste, socialdemocratiche, liberaldemocratiche». Si termina con l'illusione del fronte opposto di fornire coerenza ad un garbuglio di idee, di aspirazioni, di storie diverse e contraddittorie cedendo alla «tentazione del populismo», come se questo potesse «riportare unità» ad una «società atomizzata» solo perché condivideva gli stessi desideri: «ricchezza, consumi, ascesa sociale».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.