Shakespeare e Pasolini? Sono compagni di scuola

La scuola è l'anticamera della letteratura. Può essere salotto o tinello, loft con vista su città di grande, media o piccola bellezza, oppure sala piccolo-borghese di umori e odori stantii, gozzaniani. Ma, in ogni caso, dall'alto o dal basso, introduce, presenta, caldeggia ciò che non è (ciò che ancora non è, né sarà mai). La scuola, è vero, può farci odiare I promessi sposi e l' Iliade per colpa di un prof annoiato che ha tirato i remi in barca e aspetta il Godot della pensione, può lasciarci indifferenti agli Indifferenti di Moravia per colpa della nostra acerba conoscenza della vita, può persino far scivolare sulle nostre impermeabili schiene di adolescenti distratti Il cappotto di Gogol'. Ma quelle cose , quell'arcipelago misterioso e pauroso che mette soggezione composto dagli oggetti-mondo che sono i libri, volenti o nolenti li conosciamo a scuola, fra uno sbadiglio, una parolaccia, una carezza a quella del primo banco.

Nel condominio dell'aula scolastica che la sorte ci ha regalato, possiamo incontrare qualche portiere che para e rilancia, cogliendoci in contropiede, le idee balzane, geniali, scandalose, stortignaccole, sublimi degli scrittori. Quel portiere a volte sa essere custode delle nostre sensazioni, confidente dei nostri timori reverenziali, un piccolo Socrate, pedagogo e levatrice che ci fa nascere uomini e donne. A posteriori capiremo che fuori non è così. Che il lavoro, la famiglia, eventualmente i figli e i nipoti, e la recessione e la cassa integrazione e la pensione si fanno un baffo della Letteratura. Ma conserveremo, ben riposta in un angolo del cuore, la nostalgia di certe letture pubbliche e private, l'artigianale collana di attimi fuggenti che, all'insaputa di noi stessi, ci rendono ciò che siamo.

Fuori non è così (Barbera Editore, pagg. 92, euro 12,50) è il titolo di una confessione-romanzo. L'ha scritta Miriam D'Ambrosio, una prof come se ne trovano ancora, nelle lande desolate della nostra scuola, pubblica o privata. Una prof alle prese con scolaresche multietniche non di aspiranti critici letterari, ma di aspiranti operai, elettricisti, carpentieri. Una prof al confino nella Lombardia pedemontana la quale coniuga il pranzo con la cena, l'albanese con il romeno, il marocchino con il senegalese.

Imbraccia un Leopardi o un Pasolini, usa Shakespeare come machete per farsi largo nella giungla delle incolpevoli resistenze, spara pallottole di Stevenson e di Saba per catturare l'attenzione dei suoi allievi randagi. E li porta sulla buona strada.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica