Per la prima volta un gruppo di antropologi e archeologi delle Università di Pisa e di Oxford ha identificato i segnali genetici derivanti dalla colonizzazione greca del Sud Italia e della Sicilia (Magna Graecia) in età arcaica (VIII-V secolo avanti Cristo).
Lo studio, appena pubblicato sulla rivista internazionale del gruppo Nature «European Journal of Human Genetics», ha individuato nella popolazione attuale della Sicilia orientale una chiara «impronta genetica» compatibile con una migrazione dall'isola greca di Eubea.
L'analisi del Dna ha inoltre permesso di quantificare l'impatto demografico di questa «impronta» in qualche migliaio di maschi e in poche centinaia di femmine, a sostegno dell'ipotesi che il processo di formazione delle colonie primarie fosse sbilanciato per sesso e che non abbia mai assunto i connotati di un vero e proprio fenomeno di massa.
Eubea, chiamata nel Medioevo Negroponte dai veneziani, è la lunga e stretta isola adiacente alla costa sud-orientale della Grecia continentale. Nell'antichità era famosa per l'allevamento dei bovini tanto che proprio da questo deve il suo nome.
Abbiamo la prova scientifica, dunque, che a partire dall'ottavo secolo avanti Cristo i suoi abitanti fondarono colonie nella Sicilia orientale, in particolare sulla costa che va da Lentini (Siracusa) a Messina, oltre che sulla costa nordorientale. Prova scientifica che conferma quanto avevano scoperto i linguisti che avevano studiato i dialetti delle colonie greche in Italia e le avevano divise, proprio sulla base della parlata, in ionie (cioè di Eubea), doriche (come Siracusa e Agrigento), achee (come Crotone e Metaponto) e greco-nordoccidentali (come Locri).
La ricerca ha preso in esame il cromosoma Y e il Dna mitocondriale che si ereditano, rispettivamente, attraverso la linea paterna e materna. Questi due sistemi genetici si differenziano nel tempo solo attraverso la migrazione e la mutazione e sono quindi degli strumenti ideali per riconoscere e datare le stratificazioni demografiche che hanno formato il paesaggio genetico attuale.
«Come Università di Pisa - ha spiegato Sergio Tofanelli, antropologo molecolare del Dipartimento di Biologia - abbiamo contribuito allo studio nella fase di disegno sperimentale e nell'elaborazione dei dati ma soprattutto nella verifica delle ipotesi storico-demografiche, avvenuta con un software di simulazione realizzato in proprio».
L'originalità e l'importanza del lavoro derivano, ha concluso Tofanelli, «dalla feconda integrazione di competenze tra esperti di settori umanistici e scientifici tra cui il professore Cristian Capelli, antropologo presso l'Università di Oxford e il dottor Antonino Facella, archeologo di formazione pisana».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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