Non è pentito di ciò che ha fatto, tantomeno si sente in colpa o gli rimorde la coscienza. Quando un coccodrillo comincia a piangere, lo fa solo perché ha mangiato troppo, e lo sforzo fa sgorgare le sue famose e proverbiali - lacrime. Perché anche gli animali piangono, ma non tutti lo fanno per reagire a un'emozione profonda. Anzi, questa prerogativa appartiene essenzialmente all'uomo. E a poche altre specie. Gli scienziati di mezzo mondo cercano di capire da anni in che modo il pianto sia utilizzato nel regno animale. E così sono riusciti a scoprire che, nella maggior parte dei casi, le lacrime servono a lubrificare o proteggere gli occhi. Succede proprio così nelle tartarughe: questi rettili utilizzano le secrezioni oculari per espellere il sale in eccesso. Mentre i cani, quando sono spaventati e si sentono in pericolo, guaiscono. Ma senza emettere lacrime. Invece il pianto degli elefanti funziona proprio come quello degli esseri umani.
Impossibile dimenticare la storia di Raju. L'anziano pachiderma nel 2014 fu liberato dopo mezzo secolo passato ai lavori forzati. I suoi «proprietari» lo sfruttavano per chiedere l'elemosina in India. Quando i volontari di un'organizzazione per la difesa degli animali lo liberarono dalle catene, sul suo enorme viso sgorgarono le lacrime. L'elefante si era reso conto che l'incubo stava per finire, e cominciò a piangere per l'emozione e la gioia. Solo un caso? Secondo gli scienziati no, perché questi animali reagiscono allo stress proprio come noi. Famoso, per esempio, è anche il caso di Zhuang Zhuang, un elefantino della Shendiaoshan wild animal nature reserve, in Cina. Il cucciolo pianse per cinque ore dopo essere stato aggredito e ripudiato dalla madre. In quel caso le lacrime furono causate dallo stress determinato dalla perdita di contatto fisico con la mamma, proprio come accade nei neonati.
Ma ci sono anche animali decisamente più vicini a noi in grado di dimostrare la sofferenza attraverso il pianto. Alcune mucche lacrimano quando perdono il proprio vitellino. E gli stessi cuccioli a volte possono reagire alla separazione dalla loro mamma proprio attraverso le lacrime. Qualcosa di simile succede anche nei cavalli: alcuni possono reagire piangendo anche quando il loro proprietario va via. Questo perché si tratta di animali molto evoluti dal punto di vista sociale, e per questo in grado di creare un forte rapporto di empatia con l'uomo. La storia racconta che il 4 maggio del 1865 al corteo funebre di Abraham Lincoln c'era anche il suo destriero Old Bob, bardato di nero. Le cronache dell'epoca narrano che il cavallo lacrimava mentre seguiva a capo chino la bara del suo adorato padrone. Anche altre specie sono in grado di piangere, ma devono avere un'anatomia dell'occhio simile a quella umana e una struttura cerebrale capace di elaborare emozioni profonde. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che polli, topi e ratti possono piangere. Mentre i cani, che pure sono vicinissimi all'uomo, non dimostrano le loro emozioni in questo modo. E poi ci sono i primati, che non piangono come l'uomo, ma dimostrano le emozioni in modo molto evoluto. A studiare questo aspetto è Roger Fouts, pioniere delle ricerche sul linguaggio nelle scimmie. Lo scienziato ha studiato fra gli altri Washoe, la femmina di scimpanze morta nel 2007 e diventata famosa in tutto il mondo per la sua capacita di comunicare attraverso linguaggio dei segni. «Ho visto come Washoe ha reagito alla morte di un suo cucciolo racconta Fouts -. Dov'e il bambino?, continuava a chiedermi a gesti.
Morto, finito. Non torna piu, le rispondevo. Quando si rese conto che non l'avrebbe piu visto, cadde in uno stato di depressione e di astenia che duro molte settimane, fino a quando le presentai un cucciolo da adottare».
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