D'Alema faceva i conti con Consorte: "Quanti soldi ti servono?"

Nella telefonata del 7 luglio 2005 il presidente della Quercia s’informò, nei dettagli, della scalata alla Bnl con l’amministratore Unipol

D'Alema faceva i conti con Consorte: "Quanti soldi ti servono?"

Milano - Sono le 23.19 del 7 luglio 2005 quando il senatore ds Nicola Latorre passa il suo telefonino a Massimo D’Alema. All’altro capo del filo c’è il presidente di Unipol. Giovanni Consorte sta tessendo la tela di quello che dovrebbe essere il suo capolavoro: scalare Bnl, battendo sul tempo gli spagnoli di Bbva, utilizzando una grande ammucchiata di amici e alleati: i bresciani di Hopa, la finanziaria di Chicco Gnutti; alcune coop - ma non quelle toscane che evidentemente hanno fiutato qualcosa di storto e si sono tenute alla larga - banche nazionali ed estere. Consorte è euforico: «Sto riunendo i cooperatori perché sono tutti gasati. Gli ho detto: però dovete darmi i soldi, non è che potete solo incoraggiarmi». D’Alema non perde tempo: «Di quanto hai bisogno?» «Di qualche centinaio di milioni di euro», risponde l’interlocutore.

L’operazione, in effetti, vale almeno due miliardi di euro e Consorte i soldi non li ha. Ma ha le coperture politiche, o crede di averle, e poi molti soggetti in quelle ore stanno facendo i loro calcoli e hanno deciso di schierarsi con Consorte. Lui spiega l’idea a D’Alema: il punto chiave è il 27 per cento circa, poi qualcosa meno, in mano al cosiddetto contropatto, gli immobiliaristi come Francesco Gaetano Caltagirone, Stefano Ricucci, Danilo Coppola, Vito Bonsignore, Giuseppe Statuto, i fratelli Lonati. La mossa di Consorte, che dispone solo del 15 per cento delle azioni Bnl, è astuta: convincerli a vendere a quei soggetti amici che si muovono in perfetto accordo con lui.

È il piano illustrato a D’Alema che gli pone una domanda: «Dopo di che, fate da soli?». «Sì - replica Consorte - Unipol, cinque banche, quattro popolari e una svizzera». Gli istituti di credito sono la Popolare Italiana di Gianpiero Fiorani, con l’1,67 per cento delle azioni; la Popolare Vicentina, la Popolare di Reggio Emilia, la Carige, il Crédit Suisse. Consorte, nella fretta, dimentica per strada la Nomura. Poi c’è la Hopa e le quattro coop. In totale, aggiungendo ancora altri soggetti, si arriva al 41,96 per cento. Ma a questo pacchetto va aggiunto un altro 10 per cento diviso a metà fra Deutsche Bank e Bper. È fatta. Consorte gongola: «Andiamo avanti, facciamo tutto noi. Avremo il 70 per cento di Bnl».

D’Alema è telegrafico: «Ho capito». «Secondo te - domanda Consorte - ci possono rompere i c... a quel punto?». D’Alema non ha alcun tipo di imbarazzo a sostenere quella variopinta compagnia imbarcata per conquistare Bnl. L’importante è raggiungere l’obiettivo, far sventolare una bandiera amica su una storica roccaforte del sistema bancario italiano.

Tutto serve, tutto fa parte della trattativa: le telefonate del «compagno Ricucci» al senatore Latorre; la trattativa con uno dei contropattisti, l’Udc Vito Bonsignore, che va a trovare D’Alema e accetta di vendere ma in cambio «pretende una «contropartita politica»; l’aiuto delle coop, quello di Fiorani e dei grandi banchieri. «No, no - risponde D’Alema - sì, qualcuno storcerà il naso, diranno che tu sei amico di Gnutti e Fiorani. Va bene, vai avanti così». Consorte è lanciatissimo: «Massimo, noi ce la mettiamo tutta». Anche D’Alema è ormai sulla rampa di decollo: «Facci sognare. Vai».
Consorte a questo punto attacca gli ideali agli affari: «Anche perché se ce la facciamo abbiamo recuperato un pezzo di storia, Massimo, perché la Bnl era nata come banca per il mondo cooperativo».
Naturalmente Consorte non arriverà mai al 70 per cento. Però il signore di via Stalingrado ha fatto bene i suoi calcoli: il 18 luglio tutti i protagonisti che hanno giocato più o meno sott’acqua escono allo scoperto simultaneamente. I contropattisti vendono alle banche, alle coop e agli alleati, la sera del 18 Consorte dà scacco matto agli spagnoli e annuncia trionfante alla Consob: «Ho la maggioranza assoluta». La grande ammucchiata ha vinto.

In realtà nei mesi successivi l’operazione, sempre più chiacchierata, verrà smontata

dalle autorità e la scalata fallirà. Toccherà alle Procure di Milano e Roma valutare questa storia sul lato penale. Quello politico-affaristico, con l’emersione delle intercettazioni, è di fatto sotto gli occhi di tutti.

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