Con i classici, si sa, non si sbaglia mai. E dopo un finale d’anno nel segno di Goldoni e Shakespeare, il teatro milanese riapre i battenti con due assi della drammaturgia di casa nostra: Eduardo De Filippo e Pier Paolo Pasolini. Del primo debuttano addirittura due spettacoli in contemporanea: allo Strehler sbarca Luca, unico fedelissimo erede e depositario dell’arte scarpettiana, che porta in scena una delle commedie meon gettonate del padre, Le bugie con le gambe lunghe, amara parodia della menzogna come strumento di lotta e sopraffazione nella società moderna. Eduardo la compose all’indomani della guerra, nel dicembre del ’46, eppure la vicenda pirandelliana del filatelico Libero Incoronato, vittima dell’ipocrisia sociale, pare scritta oggi. Di tutt’altro tenore, qui squisitamente farsesco, l’Uomo e Galantuomo messo in scena al San Babila da Francesco Paolantoni, classica commedia degli equivoci a tratti esilarante, dove a scompigliare i giochi è ancora una volta l’elemento follia, tema caro a De Filippo già in Ditegli sempre di sì (scritta nel ’27), e prima di lui a Pirandello nel Berretto a sonagli. Altra storia quella sperimentata sul palcoscenico del Franco Parenti da Fabrizio Gifuni, reduce da due premi Ubu per L’ingegner Gadda va alla guerra. L’attore romano, noto al grande schermo per La meglio gioventù e La ragazza del Lago, a teatro si rivela brillante ideatore e interprete, in questo caso di un’opera di successo che prende origine, come scrive il regista Giuseppe Bertolucci, «dal desiderio di distillare, nell'alambicco del monologo, sostanze linguistiche dai sapori apparentemente opposti».
’Na specie di cadavere lunghissimo è una chicca all’interno del programma dedicato quest’anno dal teatro della Shammah a Pasolini, brillante distillato della prosa politica e polemica del poeta: dagli Scritti Corsari alle Lettere Luterane, a cui si aggiungono gli endecasillabi inediti del poemetto Il Pecora del poeta Giorgio Somalvico.Due sguardi diversi quelli di De Filippo e Pasolini, uniti da un filo rosso: la consapevolezza il declino culturale del nostro Paese.
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