Per due volte è stato riaperto e per due volte richiuso con l'archiviazione. Il «caso Pasolini», però, continua a riservare sorprese. Non dagli atti giudiziari (almeno per il momento), ma dallo spuntare improvviso di testimoni che sono molto desiderosi di parlare ma che non si fanno mai avanti. Chissà perché. Tanti amici affezionati del Pasolini poeta e intellettuale scomodo non hanno mai smesso di indagare. Tra loro illustri principi del foro, intellettuali blasonati, ma anche gente di borgata, a lui affezionata come a un fratello maggiore affettuoso e comprensivo.
E i risultati di queste indagini? Eccoli: innanzitutto una dichiarazione rilasciata alle agenzie di stampa da parte dell'avvocato Stefano Maccioni, assistito in questo dalla crimonologa Simona Ruffini. Dopo aver richiesto la riapertura delle indagini in relazione all'omicidio di Pasolini nel marzo dello scorso anno, Maccioni e Ruffini annunciano di essere stati nuovamente contattati da un testimone che, affermano, «potrà riferire fatti di estrema rilevanza in merito a quanto accaduto il 2 novembre 1975 presso l'Idroscalo di Ostia».
«Siamo stati nuovamente contattati da una persona - spiegano - che afferma di poter aggiungere ulteriori elementi in relazione all'omicidio Pasolini». Alla buon'ora!
Un collega di Maccioni, Guido Calvi, si affretta ad annunciare - sullo stesso argomento - altre novità. Quali? Un filmato girato da Mario Martone nel 2005 dove Sergio Citti racconta il suo sopralluogo all'idroscalo di Ostia una decina di giorni dopo la morte di Pasolini. Nel suo racconto Citti fa sempre riferimento alle confidenze di un testimone - rimasto sempre anonimo - attraverso le quali emerge uno scenario completamente diverso da quello che portò Piero Pelosi in carcere. Pelosi fu condannato per omicidio volontario in concorso con ignoti. Una sentenza che già racchiudeva il germe di un «giallo» che a 35 anni di distanza ha assunto i colori del «mito».
Nel filmato - presentato a soli cinque anni di distanza - Guido Calvi non chiede mai a Sergio Citti il nome del testimone (si sa solo, dalle parole del regista, che era un pescatore che abitava in una delle baracche che circondavano il campetto dove si è consumato l'omicidio di Pasolini). Curiosa leggerezza da parte dello scrupoloso avvocato, visto che tutto l'impianto dell'inchiesta del legale si basa su quella testimonianza. «Non l'ha mai voluto dire - allarga le braccia Calvi -. Quel nome non l'abbiamo mai saputo». Ora Sergio Citti non c'è più e quel nome resterà per sempre un «mistero italiano» (fra i tanti).
Ora il pm Francesco Minisci ha riaperto l'indagine, non perché qualche testimone ha deciso finalmente di uscire allo scoperto dopo 35 anni. Ma a causa di una spiacevole «gaffe filologica». Un nuovo fascicolo giudiziario è stato aperto, infatti, a seguito dell'interrogazione parlamentare firmata da Walter Veltroni e riguardante le affermazioni del senatore Marcello Dell'Utri su un capitolo «sparito», improvvisamente riemerso dal nulla, del romanzo postumo «Petrolio». Dell'Utri ha poi smentito con dei distinguo. Il dattiloscritto lo aveva solo visionato. Chi ne aveva la disponibilità è voluto rimanere nell'anonimato. Ma - in fondo - resta dubbia, secondo lo stesso Dell'Utri, la provenienza e autenticità del testo.
All'interrogazione di Veltroni (che da sindaco nel 2005 fece sì che il Comune si costituisse parte civile dopo la riapertura del caso) è seguita una prima risposta del ministro Sandro Bondi e una seconda del Guardasigilli Angelino Alfano che ha chiesto la riapertura delle indagini. E' la prima volta in 35 anni che due dei più alti rappresentanti della politica italiana chiedono la verità sulla morte di Pasolini. Il pm Minisci ha, quindi, iniziato subito l'analisi scientifica dei reperti rimasti, chiedendo a questo proposito anche l'aiuto del Ris. Ora riceve dall'avvocato Guido Calvi anche la testimonianza di Sergio Citti filmata da Mario Martone.
In buona sostanza nel filmato, che Calvi considera a tutti gli effetti un «atto giudiziario», non si fa altro che sostenere che nel campetto dell'idroscalo le macchine erano due; che Pasolini non è arrivato lì spontaneamente ma in maniera coatta, che dalla seconda auto sono scese quattro o cinque persone che prima hanno picchiato lo scrittore e poi lo hanno investito con la macchina che si è poi data alla fuga.
«Pelosi non avrebbe potuto agire da solo - sostengono Guido Calvi e Gianni Borgna, assessore alla Cultura del Comune di Roma quando nel 2005 il Campidoglio si costituì parte civile -. Troppe le contraddizioni.
«Oggi - aggiunge Borgna - non vogliamo tanto trovare i colpevoli materiali di quell'omicidio, quanto capirne le ragioni. Svelarne il movente».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.