Roma - Marcello Dell'Utri continua a difendersi da ogni accusa, specie dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza dello scorso giugno, che lo ha condannato a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la Corte di appello di palermo il senatore del Pdl avrebbe svolto un'attività di "mediazione" e si sarebbe posto come "specifico canale di collegamento" tra Cosa nostra e Berlusconi". Dell'Utri non ci sta, elLo dice a voce alta. Ma continua ad avere fiducia nella giustizia perché "la sentenza non è definitiva, per fortuna".
Mangano non aveva distintivo da mafioso "Assolutamente no. Quando lo abbiamo assunto non aveva mica in un distintivo". Così il senatore del Pdl in un’intervista al Tg1 nega di essere stato a conoscenza dei legami tra Vittorio Mangano e Cosa Nostra. "Quando è stato assunto - prosegue - non si sapeva la sua vita precedente, non abbiamo chiesto informazioni".
"Nessun incontro coi boss" In merito ai presunti incontri nel 1975 negli uffici di Berlusconi fra lo stesso Dell’Utri e alcuni boss, tra cui Stefano Bontade, il senatore ribadisce che si tratta solo di illazioni: "Incontri mai provati, frutto di fantasie di pentiti. Un certo Di Carlo che si è inventato questa storia, mai provato. Hanno detto pure dove erano gli uffici, non hanno descritto neanche come erano anzi li hanno descritti in maniera diversa. Quindi è tutto un frutto di illazioni".
"La sentenza non è definitiva"
Dell'Utri puntualizza: "È una favola che si è continuamente sviluppata fino ad arrivare a questa sentenza che per fortuna non è definitiva e io con tutta serenità mi aspetto che ci sia una sentenza finale diversa poi vedremo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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