Lautore prima o poi si trova da solo davanti al suo eroe. È il momento peggiore, quando cala il sipario. È qui che si decide la sorte delluno o dellaltro. Listinto ti dice che devi uccidere il tuo personaggio, lasciarlo morire, senza pietà, per salvare il tuo futuro. È come liberarsi della propria ombra o di un figlio, di qualcuno che hai tirato fuori dal nulla, che hai accarezzato, modellato, seguito, con cui spesso hai litigato, di cui sei stato schiavo, al punto da non controllare più la penna. Hai finito per odiarlo e lomicidio non ti sembra più qualcosa di immorale. Tu sei lassassino e lui è la vittima. Non hai scampo. Sai che la giuria dei lettori ti condannerà. Fra te e la tua creatura non cè sfida. I lettori brinderanno alla tua morte e alla sua resurrezione. Ma se vuoi salvarti è il modo più onesto per uscire di scena. Laltra soluzione è il silenzio, o il suicidio.
La signora J.K. Rowling si è lasciata alle spalle la sesta fatica. Harry Potter è a terra che piange. Il vecchio è unanima morta. È stato colpito alle spalle, tradito, con la più terribile delle maledizioni imperdonabili. «Avadra Kevadra», sei sillabe scagliate con urlo feroce. Harry ha sedici anni e ha capito che il suo destino è lontano da Hogwart, la scuola di magia, il suo rifugio dalla mediocrità babbana e dalla malvagità dei maghi. Harry Potter si avvia verso il duello finale con lOscuro Signore. La sfida con Voldemort è lultimo atto: il settimo sigillo.
La Rowling comincerà a scrivere lultimo episodio tra poco: «Sono in preda alleccitazione e alla paura». È questo il momento in cui lei si troverà sola davanti a Harry Potter, proprio come Voldemort. È lì che si deciderà il destino. Si accettano scommesse. Una leggenda narra che lei abbia già scritto la fine e lultima parola dellultimo capitolo sia: «Scar». Cicatrice. Qualcuno ha già sussurrato che Harry Potter dovrà morire. Jim Dale, la voce degli audiolibri della saga, ha confessato che la Rowling «ha vissuto così a lungo con il mago dalla cicatrice in fronte che vuole davvero eliminarlo dalla sua vita». È un vecchio copione.
William Shakespeare non ha avuto problemi a sbarazzarsi del buon Mercuzio, il suo personaggio più estroverso e vitale, ma il nobile veronese era solo una spalla e il suo omicidio aveva una ratio. Mercuzio era diventato troppo ingombrante, la sua lingua irriverente e disillusa oscurava lamore melenso e disgraziato del cugino Romeo e della bella Giulietta. Mercuzio muore, mormorando: «La peste su tutte e due le vostre famiglie». Lassassino sorride, come ogni volta. Shakespeare è un autore che non ha paura di far morire i suoi eroi. Muore anche Achille nellIliade, epopea di un popolo, epica corale, dove la morte non è morte, ma eternità. È la morte che fa gli eroi della stessa schiatta degli dèi. Ma Omero non riesce a liquidare con il sangue Odisseo. Lodiato Ulisse, così egocentrico da lasciar morire tutti i compagni che lo circondano, che il fato ha voluto punire con ventanni lontano dalle pietre di Itaca, sempre vicino allultimo viaggio, non trova riposo sulla nuda terra, ma naviga in un mare senza fine, oltre i limiti dellumano. E forse quella di Omero è una condanna ancora peggiore. È stato più misericordioso Bram Stoker con il conte Vlad III di Valacchia. Dracula diventa polvere e un sorriso di sollievo appare sulle sue labbra. Maledetta eternità.
Il suicidio di lui, del personaggio, è a volte lunico espediente per rinunciare al proprio onore, e ai propri amori, e salvarsi la vita. È la ricetta per sopravvivere al romanzo di formazione. La morte del giovane Werther è il salvacondotto che permette a Goethe di invecchiare. Jacopo Ortis fa lo stesso con Foscolo. Troppo buono e disperato, invece, Emilio Salgari. Che cosa resta di Sandokan quando il suo regno ha conquistato la libertà? Lo racconta lui stesso a Yanez. Non ci sono più battaglie in Malesia e i suoi tigrotti ingrassano sempre di più. È questo il finale di La rivincita di Yanez. È il 1913. Lultimo romanzo è uscito postumo, due anni prima un signore saliva in collina, a Torino, verso il bosco di Villa Rey, aveva 49 anni, alle spalle unottantina di avventure, mai vissute, ma tutte scritte e raccontate. Prima di andare via, aveva scritto e spedito una lettera ai suoi editori, amara, cruda, cattiva: «A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria, od anche di più, chiedo solo che in compenso dei guadagni che vi ho dato pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna». Era un addio. Prese il coltello e si squarciò ventre e gola. Al tramonto una lavandaia troverà il suo cadavere. Era il 25 aprile 1911. E lui si chiamava Emilio Salgari.
Qualche anno prima un altro maestro, mister Conan Doyle, aveva provato a sbarazzarsi per sempre della sua ombra. Linvestigatore Sherlock Holmes precipita nelle cascate svizzere di Reichenbach avvinghiato al professor James Moriarty, il suo nemico. Lultima avventura doveva rappresentare per Doyle la parola fine sullodiato Sherlock. Ma lautore non ha fatto i conti con la follia dei suoi lettori, che piangono, scrivono, maledicono, inveiscono, ripudiano. Doyle è costretto a un umiliante dietrofront. Ed è una fortuna. Nasce così Il mastino dei Baskerville, ambientato prima della morte di Holmes. È un capolavoro. Linvestigatore torna poi sulle scene con Lavventura della casa vuota. Holmes non è morto, ma - salvo per miracolo - per tre anni è rimasto nascosto e ha aiutato in segreto il governo inglese. Lepilogo di Holmes è una fattoria nella campagna del Sussex, a cinque miglia da Eastbourne. Si occuperà di apicoltura.
La campagna inglese è come la Contea del Signore degli Anelli. È qui che torna Frodo dopo aver distrutto lanello. Quando lhobbit si mette in viaggio sa che nulla sarà più come prima. Loscurità non è solo una parentesi, non permette il ritorno a casa. Loscurità ruba ai sopravvissuti e ai posteri i loro sogni, strappa il velo di Maja, frantuma le illusioni, cancella i ricordi idilliaci che ogni civiltà conserva in qualche cassetto della sua storia.
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