Diario di una follia così lucida da illuminarci

"Operatori e Cose" racconta l'inquietante mondo di una schizofrenica. Simile a quello normale...

Barbara O'Brien è un oggetto misterioso. Adelphi ora pubblica la sua unica opera nota, Operatori e Cose. Come recita il sottotitolo sono Confessioni di una schizofrenica pubblicate nel 1958 e ristampate nel 1976 con l'aggiunta di un capitolo nuovo. Della protagonista di questo memoriale autobiografico non possiamo che ripetere le scarne informazioni da lei stessa fornite: è guarita (quasi senza aiuto) dalla schizofrenia, caso rarissimo; viveva in California; dopo un passato in una azienda, si è dedicata alla scrittura, anche su commissione. È autrice di un romanzo ma non sappiamo se sia mai stato pubblicato. Barbara O'Brien, come si sarà capito, è uno pseudonimo non ancora decifrato. Operatori e Cose è stato scambiato per un lavoro di fiction ma non lo è, come testimonia la postfazione di Michael Maccoby, psicanalista e antropologo di fama internazionale.

Il mondo, visto dalla mente di una folle, si divide in Operatori e Cose. Le Cose sono gli esseri umani normali. Gli Operatori sono essere umani speciali. Capaci di proiettare un'immagine di sé nella mente altrui, si divertono a prendere il controllo delle Cose. La testa delle Cose è piena delle voci degli Operatori, che danno ordini, discutono e talvolta litigano tra loro. Le Cose sono impotenti e nei casi estremi possono essere ridotte a «fantoccio» ovvero a gusci vuoti, semplici automi senza personalità.

Un giorno Barbara inizia a notare le strategie «disinvolte» di colleghi votati alla carriera attraverso la distruzione dei possibili rivali. Dopo qualche tempo, si sveglia e si trova nella stanza da letto con tre Operatori. È l'inizio di un attacco di schizofrenia la cui fase acuta durerà sei mesi. Barbara non è sconvolta. Accetta gli Operatori come un dato di fatto. C'è l'Operatore conservatore, quello un po' poeta maledetto, il timido, lo scontroso... Tutti quanti sono agli ordini di un misterioso capo che sta conducendo esperimenti sulle Cose. Barbara è stata scelta come cavia. Non tutti gli Operatori però sono d'accordo su come regolarsi con le Cose. Inizia una contesa che ha come oggetto la vita della protagonista.

La follia, a quanto pare, ha un suo linguaggio: «Operatori», «Cose», «Reticolato», «Blocco», «Copertura» sono alcune delle parole usate dagli Operatori. Barbara le ha dovute imparare e ha compilato un piccolo dizionario pubblicato in appendice a Operatori e Cose. Questo linguaggio «folle» è certamente uno dei motivi di fascino del libro.

Le pagine di O'Brien sono scioccanti, anche quando dimostrano uno spiccato senso dell'umorismo (accade frequentemente di ridere di fatti che, se dovessimo vivere in prima persona, ci terrorizzerebbero). Il brivido comincia quando il lettore inizia a capire che i moventi degli Operatori sono uguali a quelli delle Cose: denaro, potere, smania di controllo. Il mondo bizzarro messo in scena dal cervello malato, almeno nel caso di O'Brien, non è diverso dal nostro, se non per alcune caratteristiche in fondo secondarie. La differenza tra un uomo sano e un folle risiede soprattutto nel fatto che il secondo crede reale ciò che reale non è ma potrebbe benissimo esserlo. Una sfumatura sottile quanto la nostra sicurezza di far parte delle Cose e di non essere schiavi degli Operatori.

Ma è poi così? Oppure il campo da gioco del libero arbitrio è meno ampio di quello che crediamo? Non siamo noi stessi Operatori nei confronti di qualcuno e Cose nel rapporto con altri? Siamo sempre manipolati e manipolatori o esiste qualcosa di pulito, qualcosa libero da inganni e autoinganni, da sfruttamento esistenziale, da vampirismo emotivo? Qualcuno deve per forza soffrire perché un altro possa gioire? Il desiderio (o ansia) di controllo, su se stessi e sugli altri, è davvero il motore principale di molte nostre azioni?

Nel libro non ci sono risposte, per questo è così perturbante (e bello). Però O'Brien offre una credibile interpretazione della propria follia. Noi tutti ci sforziamo di adattarci all'ambiente in cui ci troviamo a vivere. Potremmo dire che crescere o se volete maturare consista nel trovare il miglior compromesso possibile tra noi stessi e il mondo. Ma cosa succede se il sacrificio di una parte di sé diventa troppo oneroso? Cosa succede se l'ambiente, al quale con fatica ci siamo adattati, improvvisamente cambia, e non in una direzione prevedibile?

Si produce uno stress che sfocia in una crisi, e anche la follia, almeno nel caso citato, è una crisi. Gli Operatori però non sono la malattia ma la reazione alla malattia. Sono il mezzo che consente di fuggire da una situazione pericolosa (per la psiche) e iniziare un cambiamento che porterà altrove. Forse la psichiatria, dice O'Brien, avrebbe cercato di riportarla a essere quella che era sempre stata nella sua vita adulta; e forse non ci sarebbe riuscita perché l'inconscio sapeva benissimo dove condurla, sebbene avesse scelto quel modo drastico.

Barbara cambia città e lavoro. Scopre un lato creativo nella propria personalità. Diventa scrittrice (anche se non conosciamo esattamente cosa scriva). Non solo, la follia, piuttosto lucida, la conduce a vivere la trasformazione lontano da occhiate inopportune, affinché possa ricominciare senza lo stigma che tocca al «folle». L'inconscio è salito in cattedra, quando ha visto che la mente razionale era esaurita: e ha guidato bene le operazioni.

Ogni caso è diverso dall'altro, Barbara lo sa bene, e infatti non invita nessuno a prendere il suo percorso come

universale. Non dobbiamo credere che guarire così sia frequente. Però le sue osservazioni colpiscono a fondo. Ecco un libro che vi farà pensare, e molto. Anche a cose (e a Cose) alle quali, forse, sarebbe meglio non pensare mai.

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