
Il problema non è da sottovalutare. E l’allarme più forte suona soprattutto per la U.S. Navy. La competizione apertasi con la Cina, che sta assumendo tratti sempre più aggressivi, richiede agli Stati Uniti di avere una marina militare in grado di affrontare quella cinese nelle sterminate distese del Pacifico Occidentale. Un compito non facile da assolvere allo stato attuale, in quanto le difficoltà della cantieristica Usa potrebbero influire negativamente sulle capacità generali marina: non solo quelle combat, date dal naviglio da guerra, ma anche quelle non combat ovvero di rifornimento e sostegno delle unità "al fronte”. Negli ultimi cinque anni alcuni progetti della cantieristica americana si sono arenati, come il programma FFG(X).
Nel primo semestre del 2020, la U.S. Navy aveva assegnato a Marinette Marine Corporation, una società cantieristica controllata dal 2009 da Fincantieri Marine Group LLC, il contratto di produzione per le prime dieci unità per le nuove fregate che dovranno entrare in linea nella marina statunitense basate sul progetto italo-francese classe FREMM, o “Bergamini” per la Marina Militare italiana.
Il valore totale complessivo della commessa ammontava, a quel tempo, a 5,58 miliardi di dollari, con la prima unità finanziata con uno stanziamento di fondi per l'anno fiscale 2020 del valore di 3 miliardi di dollari. La marina Usa stimava un costo per la seconda unità pari a 1,05 miliardi e per le successive si parlava di circa 940 milioni ognuna. Secondo i progetti originari, la prima fregata avrebbe dovuto essere completata entro giugno del 2026 mentre la seconda dopo circa tre mesi dalla prima.
Il via libera per l'impostazione della seconda unità di questa classe è arrivato dalla U.S. Navy a maggio 2021, con relativi primi fondi allocati (555 milioni di dollari), ma a 5 anni dall'assegnazione dell'appalto, il programma ha accumulato notevoli ritardi (calcolati in 36 mesi), al punto che si è cominciato a costruire la prima unità quasi tre anni fa, ad agosto del 2022.
Le pretese Usa fermano quasi tutto
Oggi, la nuova fregata, battezzata USS “Constellation” (stesso nome della classe), è completa solo al 10%. Il problema è che la la marina a stelle e strisce ha apportato profonde modifiche al progetto delle FREMM per le sue Constellation, al punto che allo stato attuale, con la seconda unità che attende di trovare un cantiere per la sua impostazione, non esiste ancora un progetto definitivo per le nuove fregate che dovranno colmare una lacuna capacitiva che persiste da quando le classe Oliver Hazard Perry sono state pensionate, e da quando la U.S. Navy ha deciso, sostanzialmente, di abbandonare la continuazione del progetto delle LCS (Littoral Combat Ship).
Le modifiche richieste sono così importanti che oltre ad aver già causato gravi ritardi e aumento dei costi, hanno aperto crescenti interrogativi sul futuro del programma così come lo conosciamo. L'obiettivo originario era quello di adottare un progetto di un'unità già in servizio e di provata efficienza e capacità, che avrebbe richiesto solo modifiche relativamente minori, in modo tale da ottenere una classe di navi praticamente pronte per l'impiego nella U.S. Navy rispettando gli stanziamenti finanziari e diminuendo le tempistiche di costruzione. Ora invece si è verificato l'opposto.
Nel bilancio della marina Usa per il 2025 si prevede l’acquisto di altre sei “Constellation” durante il periodo che va dal 2026 e il 2029 in quantità annuali di 2-1-2-1, ma sarà molto difficile che le tempistiche verranno rispettate.
Cosa c’è dietro ai ritardi
Il progetto della classe Constellation è già cresciuto significativamente in termini di dimensioni fisiche e dislocamento totale rispetto alla configurazione base della FREMM, il che ha suscitato preoccupazioni sulle prestazioni previste. Sono state apportate modifiche sostanziali anche alla configurazione generale, e The War Zone riferisce che attualmente vi sia solo circa il 15% di comunanza tra il progetto per la U.S. Navy (e anche per la Norvegia) e quello delle FREMM italiane e francesi. L'obiettivo iniziale era l'85%. Le modifiche, come accennato, hanno comportato un aumento dei costi: rispetto a una stima iniziale di 1 miliardo di dollari, o potenzialmente anche inferiore come abbiamo visto, ora il prezzo di listino per ciascuna nave è salito a circa 1,4 miliardi di dollari.
Certamente il periodo pandemico ha avuto il suo impatto nei ritardi, ed è altrettanto certo che le note difficoltà della cantieristica statunitense, che fatica a soddisfare le richieste di nuove costruzioni e di manutenzione delle unità già in servizio a causa di scarsità di manodopera e della chiusura dei cantieri navali avvenuta negli anni passati, ma l'aver voluto stravolgere il progetto originale per montare sistemi di combattimento e sensoristici molto diversi, per compiti diversi, ha portato al risultato che ormai è sotto gli occhi di tutti.
Il nodo della produzione
La pressione produttiva si caricherà quindi sui cantieri di Marinette. In passato si è parlato dell'apertura di un secondo cantiere navale per contribuire alla produzione delle fregate, nonché dell'inserimento di alleati e partner nel programma (vedere Norvegia), il che potrebbe contribuire a ridurre ulteriormente i costi unitari grazie alle economie di scala.
Fincantieri, per operare negli Stati Uniti al pari di tutte le società produttrici di armamenti estere, deve affidarsi alla sua filiale con sede negli Usa, ovvero Fincantieri Marine Group LLC, in particolare Marinette Marine è stata acquisita da Fincantieri Marine Group Holdings che gestisce le partecipazioni estere e le società che Fincantieri ha aperto all'estero come Fincantieri Infrastructure USA Inc. e altre società, come appunto Fincantieri Marinette, che hanno sede legale negli Stati Uniti.
La questione della cantieristica navale sarà centrale per la nuova amministrazione americana, come conferma il comunicato congiunto tra Italia e Stati Uniti rilasciato in occasione della visita di Giorgia Meloni negli Stati Uniti nel quale si sottolinea come "l'Italia contribuirà alla rinascita marittima del settore cantieristico statunitense". In questo schema Fincantieri si conferma il perno di tutto il sistema. Il gruppo italiano, infatti, si è detto pronto a supportare i piani per lo sviluppo della cantieristica negli Usa, dove è presente con quattro cantieri, oltre 3 mila persone e soprattutto un'esperienza quindicinale.
Un impegno confermato anche da Mark Vandroff, vicepresidente senior degli Affari Governativi di Fincantieri Marine Group, che ha dichiarato a The War Zone che “con gli ammodernamenti che abbiamo apportato allo stabilimento di Marinette, siamo molto fiduciosi di avere lo spazio giusto, la tecnologia giusta, per costruire due fregate all'anno per la forza lavoro della Marina degli Stati Uniti” aggiungendo però che ritiene ci siano “gli stessi problemi di quasi tutti gli altri operatori dell'industria cantieristica americana. Vorremmo sicuramente più lavoratori. Vorremmo sicuramente più lavoratori nel settore siderurgico.
C'è una carenza a livello nazionale di saldatori, costruttori navali e, in misura minore, di elettricisti”. Ci sono stati dei progressi, riferisce ancora Vandroff, ma si tratta di una sfida che stanno affrontando proprio come qualsiasi altro cantiere navale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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